I fondi europei 2014-2020 e la programmazione italiana 2016-2020

Ci troviamo a un crocevia decisivo. Ciò che accadrà nei prossimi mesi condizionerà un ciclo lungo.Ci sono ancora egoismi e difese corporative che frenano le nostre potenzialità, e aggravano le iniquità. Non possiamo accettare che una parte dell’Italia sia tagliata fuori, abbandonata, considerata, ormai, ai margini dei progetti di sviluppo.

Sergio Mattarella [1]

La programmazione 2016-2020 delle risorse FESR in Italia

 «adesso non voglio discutere se
ciò che si è fatto è stato male o bene […]
non importa far bene o far male […]
il peccato è semplicemente quello di ‘fare’»
Don Fabrizio, principe di Salina (tratto da ‘Il Gattopardo’)

L’Accordo di Partenariato dell’Italia è stato approvato dalla Commissione il 29 Ottobre 2014.
A distanza di quasi 7 mesi sono stati approvati solo 11 Programmi FESR e 3 Programmi Operativi Nazionali (si consulti l’Atlante implementato sul suo portale web dalla DG Regio della Commissione).
Ad oggi il negoziato sui Programmi FESR è ancora in corso per le 5 regioni italiane “in ritardo di sviluppo” (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).

Il rischio qui paventato che in Italia – specialmente nella sua area più debole – la programmazione dell’ingente ammontare di risorse del FESR si riduca a una programmazione 2016-2020 – già avanzato con ironia sul suo blog dall’esperto Mauro Vanni il 5 marzo scorso – sempre meno si profila come una provocazione. Se si considera che tra pochi giorni gli elettori saranno chiamati alle urne per rinnovare alcuni Consigli regionali – con conseguente rallentamento delle decisioni politiche e della macchina amministrativa – e che, fino al termine dell’anno, decisori pubblici e funzionari della PA saranno concentrati più sulla spesa delle risorse 2007-2013 già stanziate (risorse che si rischia di dover restituire all’UE) che non sul perfezionamento e l’avvio dei nuovi Programmi nazionali e regionali previsti dall’Accordo di Partenariato, tale rischio appare anzi sempre più plausibile. E questo rischio è particolarmente forte nel Mezzogiorno.
Fa sorridere con amarezza ricordare che, in un passo de “Il Gattopardo”, don Fabrizio di Salina, commentando le riforme ai tempi dell’Unità d’Italia, chiosa: «L’intenzione è buona, ma tardiva». [2] Evidentemente, in Italia, c’è sempre qualche intenzione apprezzabile, ma “tardiva”.

Presidenza del Consiglio

Roma – Presidenza del Consiglio

Questa amara considerazione vale, a maggior ragione, per i nuovi Programmi di Sviluppo Rurale regionali cofinanziati dal FEASR, in relazione ai quali il negoziato con la Commissione procede a rilento e si potrebbe chiudere solo dopo la prossima estate. L’avvio di tali Programmi, pertanto, si registrerebbe solo in pieno autunno o oltre.

Alcune considerazioni critiche sulla nuova programmazione in Italia, che meritano qualche breve commento in quanto entrano maggiormente nel merito delle scelte strategiche, sono già state avanzate, nei primi mesi dell’anno, dalle voci ben più autorevoli del professor Viesti e del professor Giannola (presidente, quest’ultimo, della Svimez).

Il professor Viesti, in un articolo pubblicato all’inizio dell’anno sulla rivista ItalianiEuropei, ha avanzato diverse riserve su come il governo in carica abbia gestito l’eredità del prezioso lavoro di analisi e di programmazione che è stata lasciata da Fabrizio Barca e da Carlo Trigilia (Ministri della Coesione Territoriale rispettivamente nei governi Monti e Letta), ravvisando una scarsa lungimiranza del nuovo esecutivo sia sul piano politico (vengono criticati sia l’abolizione del Ministero della Coesione, sia il taglio dei contributi per il Mezzogiorno nella nuova Legge di Stabilità), sia sul piano delle scelte in materia di politica industriale. In merito, Viesti ha posto con autorevolezza anche la questione politica che “proprio nel momento in cui il Mezzogiorno, colpito dalla crisi assai duramente e in misura maggiore rispetto al resto del paese, avrebbe bisogno di una riflessione culturale e di un’azione politica di straordinaria incisività sembra mancare da parte del governo una strategia all’altezza delle difficoltà del presente. Alcune recenti scelte di politica economica segnano peraltro un arretramento rispetto a quanto fatto dai due esecutivi precedenti. È necessario ripartire dai principi di progresso sociale e di uguaglianza tra i cittadini”.

Il professor Giannola, nel corso di un convegno tenutosi a gennaio ad Avellino, commemorativo di Antonio Maccanico – eminente uomo politico di origine meridionale che, fra l’altro, è stato sottosegretario della Presidenza del Consiglio del governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi, il padre politico e tecnico della c.d. “nuova programmazione” – ha con lucidità sollevato una ulteriore questione ampiamente trascurata nel dibattito pubblico attuale. La programmazione italiana dei nuovi Fondi Strutturali non solo parte in ritardo, ma parte anche, come già accaduto in passato, con una preoccupante carenza generalizzata di progetti rapidamente cantierabili e/o di nuove idee innovative (si veda l’articolo de “Il Quotidiano del Sud” del 22 gennaio 2015, disponibile sul portale della Svimez) .
La questione era stata già sollevata chiaramente nel Rapporto Svimez 2014 sull’Economia del Mezzogiorno nei seguenti termini: “per una maggiore efficienza ed efficacia del nuovo ciclo 2014-2020, sarebbe cruciale un impegno straordinario per la costruzione, da subito, di un parco di progetti efficaci rispetto agli obiettivi strategici e ai risultati che si intendono perseguire. Queste attività tuttavia richiedono tempi lunghi, pragmatismo, capacità progettuale, spirito manageriale e reale innovazione da parte di chi ha responsabilità di programmazione e di gestione” (Svimez 2014, 537).

La questione, più di recente, è stata enfatizzata anche in un breve articolo di Virno – pubblicato su lavoce.info lo scorso 21 aprile – molto critico sull’Allegato 6 al Documento di Economia e Finanza 2015 “Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate”. Tale Allegato al DEF 2015, infatti, appare molto debole proprio in merito alle proposte per migliorare la programmazione dei Fondi Strutturali rispetto al precedente ciclo e la qualità del parco progetti.

Il nodo della formulazione e dell’attuazione di progetti di qualità

«Poche idee, ma confuse»

Ennio Flaiano

Nelle righe finali vorrei formulare qualche amara considerazione aggiuntiva rispetto alle lucide considerazioni di cui sopra sulla modesta qualità dei progetti finanziati in Italia. [3]

Coloro che sono abituati a ragionare di programmazione dell’azione pubblica sanno bene quanto gli investimenti pluriennali (pubblici e privati) richiedono certamente uno scenario di politica economica stabile e certo (conditio sine qua non per la stabilizzazione delle aspettative). Richiedono parimenti, tuttavia, un adeguato “sistema degli incentivi” (sistema degli incentivi in senso lato).

Anche gli esperti della Svimez dovrebbero interrogarsi su quali siano i nessi – passati e attuali – fra il “sistema degli incentivi” in Italia e la dimensione (irrisoria) e la qualità (sfortunatamente non eccelsa) del parco progetti per dare concreta attuazione al nuovo periodo di programmazione (accorciato, ma comunque di un certo respiro).

Nel giugno dello scorso anno, su questo blog, avanzavo in merito alcune riflessioni pessimistiche che vorrei richiamare.
In Italia, sovente, investimenti e pubblici e privati sono legati a, per usare le parole del professor Viesti, “processi decisionali (come dimostrato dalle vicende milanesi, veneziane, romane) spesso infestati da commistioni viziose pubblico-privato”.
E questo, come umilmente scrivevo nel giugno scorso, produce non solo malaffare, ma anche il deleterio effetto che, in troppi casi, il “sistema degli incentivi” in senso lato premia non operatori e idee innovative, ma bensì, per usare una felice immagine di Geoff Mulgan, le “locuste” (Albert Hirschman li avrebbe chiamati “parassiti”), ossia i capitalisti “corrosivi” (per usare le parole di William Baumol), i faccendieri e i rent seekers.

Il problema della modesta ampiezza del parco progetti per il nuovo ciclo di programmazione è certamente sostanziale. Ma bisogna anche sensibilizzare l’opinione pubblica sulla necessità ormai ineludibile di rivedere ampiamente il “sistema degli incentivi” in senso lato.
Si tratterebbe di riscrivere, nel Mezzogiorno storico e non solo, un nuovo “patto sociale” in forza del quale vengano premiati il merito degli individui, la trasparenza e, usando di nuovo le indicazioni del Rapporto Svimez, “capacità progettuale, spirito manageriale e reale innovazione” di tanti operatori italiani onesti. Urge un “social compact” che affianchi e bilanci il discutibile “fiscal compact”.
In altri termini, per usare categorie interpretative introdotte nella letteratura da Acemoglu e Robinson nel loro fortunatissimo saggio “Why Nations Fail”, bisognerebbe avviare una profonda stagione di riforme – riforme che vadano al cuore dei processi sociali – che si incardini sullo sviluppo di istituzioni “inclusive” [4].

Ape

Una laboriosa e feconda ape

Nel caso in cui si continuassero a premiare le “locuste” e non le “api”, a mio modesto avviso, sarebbe un po’ sterile continuare a dibattere sulla modesta dimensione del parco progetti. Come già scrivevo nel giugno scorso, non si capisce per quale motivo gli operatori onesti dovrebbero faticare come “api” a formulare progetti tecnicamente validi e innovativi, quando poi dovessero essere ancora premiati, per chissà quali motivi, i progetti di qualità discutibile delle “locuste” che, sia nel Corano sia nella Bibbia, sono presentate come creature che distruggono e saccheggiano.

In estrema sintesi, se in Italia si continuerà a scoraggiare le “api” – laboriose, feconde e capaci di produrre conoscenza condivisa – nei prossimi anni si dovrà continuare parimenti a ragionare su un parco progetti asfittico e di modesta qualità media.
Prendendo a prestito le parole del famoso aforisma di Flaiano, si può dire che avremo sempre “pochi progetti, ma confusi”.
E quel che è peggio, come suggeriva sconsolato il cavaliere Chevalley – “il Piemontese” – al principe di Salina, a fronte del suo rifiuto di sedere nel nuovo Senato, «se gli uomini onesti si ritireranno, la strada rimarrà libera alla gente senza scrupoli e senza prospettive […] E tutto sarà di nuovo come prima, per altri secoli». [5]

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[1] Intervento del Presidente Mattarella in occasione della Celebrazione della Festa del Lavoro – Palazzo del Quirinale, 1° maggio 2015
[2] Tomasi di Lampedusa G., Il Gattopardo, Edizioni Feltrinelli, Roma, 1986, p. 121
[3] Alcuni anni fa, gli effetti negativi sulla tempistica di attuazione e sugli impatti dei progetti finanziati di una modesta qualità dei processi di progettazione erano stati rimarcati autorevolmente da G. Viesti in “Mezzogiorno a tradimento” (2009)
[4] Il rischio che comportamenti non cooperativi e forme di collusione “estrattiva” fra operatori pubblici e privati conduca a un arretramento delle dinamiche di sviluppo e delle condizioni civili è stato autorevolmente rimarcato in diversi contributi dall’ex Ministro Trigilia. In un saggio del 2005 – “Sviluppo locale. Un progetto per l’Italia” – egli rimarcava che “In un quadro di questo tipo, anche risorse crescenti provenienti dall’esterno, per sostenere sviluppo, finiscono per avere effetti perversi; il loro uso non migliora il contesto locale e spinge a comportamenti non favorevoli all’imprenditorialità economica e al mercato” (Trigilia 2005, 37).
Considerazioni analoghe – pochi anni prima – le avanzavano Cersosimo e Perri (2002), ragionando sulla esperienza dei Patti Territoriali e dei Progetti Integrati Territoriali e sull’impatto negativo delle “coalizioni collusive”, nelle quali “i soggetti locali stanno insieme con il solo scopo di intercettare le risorse finanziarie o immateriali legate al Patto”.
[5] Tomasi di Lampedusa G., Il Gattopardo, Edizioni Feltrinelli, Roma, 1986, p. 125

Alcuni riferimenti bibliografici

ACEMOGLU D., ROBINSON J., Why Nations Fail. The Origin of Power, Prosperity, and Poverty, Crown Business, New York, 2012
CAFFE’ F., Lezioni di Politica Economica, Bollati Boringhieri, Torino, V edizione 1990
CERSOSIMO D., PERRI A., Azione collettiva e sviluppo locale: l’esperienza dei Patti Territoriali, in CREMASCHI M. (a cura di), Politiche territoriali e Patti Europei, Franco Angeli, Milano, 2002
DANIELE V., PETRAGLIA C., Ripensare le politiche per il Mezzogiorno, Rivista online Economia e Politica, 18.03.2015
GIANNOLA A., Sud d’Italia. Una risorsa per la ripresa, Salerno Editrice, Roma 2015
HIRSCHMAN A.O., Development Projects Observed, The Brookings Institution, Washington D.C., 1967
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, Documento di Economia e Finanza 2015. Allegato 6 “Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate”, aprile 2015
MULGAN G., The Locust and the Bee. Predators and Creators in Capitalism’s Future, Princeton UP, Princeton, 2013
SVIMEZ, Rapporto Svimez 2014 sull’economia del Mezzogiorno, il Mulino, Bologna 2014
TRIGILIA C., Sviluppo locale. Un progetto per l’Italia, Laterza, Roma-Bari, 2005
VIESTI G., Mezzogiorno a tradimento. Il Nord, il Sud e la politica che non c’è, Laterza, Roma-Bari 2015
VIESTI G., La riscoperta della politica industriale: per tornare a crescere, in “Economia Italiana”, 3/2013
VIESTI G., I fondi strutturali europei: otto lezioni dall’esperienza italiana, in “StrumentiRes”, 1/2014
VIESTI G.,  Il Sud dimenticato dalla politica, in “Italiani Europei”, 1/2015
VIRNO C., Aree sottoutilizzate: siamo ancora all’anno zero, lavoce.info, 21.04.2015
VITA C., Il dualismo insuperato dell’economia italiana, Rivista online Economia e Politica, 11.06.2013

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