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Fondi Strutturali, Next Generation EU e Recovery Plan. Intervista all’esperto senior Vito Vacca

Premessa

Immagine ex Pixabay

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Giovedì 18 Febbraio è stato finalmente pubblicato sulla GUUE (Serie L 57 del 18.02.2021) il Regolamento che disciplina il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (Reg. (UE) 2021/241).
Si tratta del principale dispositivo di spesa di Next Generation EU che finanzierà i Recovery Plan, ossia i Piani nazionali coordinati per affrontare gli effetti recessivi della pandemia e per delineare un nuovo modello di sviluppo per il vecchio continente.
Il Dispositivo ha molti elementi in comune con i Fondi Strutturali, ma ha anche molti elementi di diversità che, a mio modesto parere, sono trascutati nel dibattito italiano.
Per capire meglio alcuni aspetti non chiarissimi o un po’ contradditori del Reg. (UE) 2021/241 mi è sembrato opportuno invitare ad esprimere dei pareri qualificati sul blog l’esperto di lungo corso Vito Vacca, libero professionista con una vastissima esperienza (anche in ambito internazionale) in materia di gestione, controllo e rendicontazione di Programmi e progetti cofinanziati dai Fondi Strutturali.
Vito, che ringrazio per aver accettato di rilasciare questa intervista, negli ultimi mesi ha pubblicato su vari siti web degli articoli molto interessanti su Next generation EU e sulla gestione dei Fondi Strutturali. [1]

Intervista a Vito Vacca

Vito Vacca

Vito Vacca

Domanda 1 – L’art. 7 prevede che gli Stati possano riallocare fondi “a gestione concorrente” (i più rilevanti e noti sono i Fondi Strutturali) sul Dispositivo (e anche dei fondi a loro disposizione del programma InvestEU gestito dalla Banca Europea per gli Investimenti). Per cortesia due chiarimenti: (i) questo significa che quegli interventi saranno disciplinati poi dalla normativa e dalle procedure di controllo e rendicontazione proprie dei Fondi Strutturali? (ii) fino a che punto questo potrebbe comportare una ulteriore complicazione della gestione complessiva del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – che è lo strumento per l’attuazione del Dispositivo – dal momento che, a me così pare, Dispositivo e Fondi Strutturali hanno sistemi di erogazione dei finanziamenti e di rendicontazione alquanto diversi?

E’ corretto che PNRR e Fondi Strutturali abbiano sistemi di erogazione e di controllo diversi, in quanto le finalità sono diverse. Il PNRR interviene in una situazione di emergenza e deve avere tempi e procedure straordinarie; mentre i Fondi Strutturali, dai regolamenti del 1988 ed a partire con la programmazione 1989-1993 (e periodi successivi fino ad oggi) sono deputati in via ordinaria a colmare il divario socio-economico strutturale tra le regioni europee.
La riallocazione prevista dell’articolo 7 mi sembra possa creare più problemi che benefici, suggerisco di non utilizzare questa possibilità, lasciando i due percorsi distinti.

Domanda 2 – Quant’è forte il rischio che l’art. 7 del Reg. (UE) 2021/241, che parla di “trasferimento di risorse”, più avanti, a fronte di eventuali (ma probabili) ritardi di spesa, di fatto diventi un trasferimento di fondi a progetti già finanziati da risorse nazionali?

Il rischio è concreto, ma bisogna essere chiari: i tempi attualmente previsti non sono realistici da 3 a 6 anni per un ammontare di risorse (tra sovvenzioni e prestiti) che con molta probabilità non si riuscirà ad utilizzare in un decennio, anche usando tutto l’impegno e la diligenza possibile.
Ad un certo punto, come già avvenuto sui Fondi Strutturali, potrebbe subentrare un meccanismo di recupero di “progetti coerenti” con le priorità previste nel Dispositivo e nel relativo PNRR.
Peraltro, l’attuale versione del PNRR approvata il 12 Gennaio 2021 prevede che un terzo dei progetti inseriti siano già in fase di realizzazione.

Domanda 3 – Usando un linguaggio tanto aulico, quanto poco chiaro nella sostanza, il Regolamento parla di “traguardi e obiettivi” per misurare avanzamento e attuazione dei PNRR e, attenzione, indica chiaramente che l’erogazione è condizionata al raggiungimento di traguardi e obiettivi” (si veda l’art. 24 “Regole concernenti i pagamenti”).
Questo a me pare che ponga in capo ad Enti gestori e beneficiari finali (in merito ai quali il Regolamento avrebbe dovuto fornire indicazioni più puntuali) rischi non da poco.
L’impressione è che questo aspetto non sia ben chiaro e fra qualche mese i beneficiari finali intraprenderanno la formulazione e l’attuazione di progetti di spesa – anche consistenti – non avendo ben chiaro che il meccanismo di rimborso non è quello convenzionale, ossia che non verranno rimborsati a fronte di spese sostenute, bensì se e solo se quei progetti determineranno impatti socio-economici significativi. Se non si conseguiranno traguardi e obiettivi il “circuito finanziario” si interromperà, per cui la Commissione non rimborserà delle spese già sostenute agli Stati e, alla fine della fiera, non verranno rimborsati neanche i beneficiari finali.
Qual è il tuo parere in merito a questo rischio? Non credi sarebbe necessaria una campagna di sensibilizzazione, a tutti i livelli, su questo particolare meccanismo di erogazione dei finanziamenti?

Sono sicuramente d’accordo sul rischio; tutte le volte che si lasciano nel vago “traguardi e obiettivi” senza ancorarli alle spese realmente sostenute, il rischio di future valutazioni arbitrarie è presente.
Ritengo che coloro che hanno approvato il Regolamento lo abbiano fatto (con finalità positive) a fronte della situazione straordinaria in atto per semplificare il più possibile rispetto alla rendicontazione, focalizzandosi soprattutto sui risultati da raggiungere, ossia sugli impatti significativi.
Ma nel concreto chi si assumerà la responsabilità di convalidare quelle spese, non ancorate a giustificativi, ma a fronte di una valutazione socio-economica a forte valenza discrezionale.

Domanda 4 – La parte finale Reg. (UE) 2021/241 sul c.d. “quadro di valutazione della ripresa e della resilienza” mi pare un po’ contraddittorio. Si parla di “traguardi e obiettivi” per valutare efficacia ed impatti dei PNRR, ma poi la Commissione si prende tempo fino al termine dell’anno per (i) individuare una batteria di indicatori comuni di riferimento e definire una metodologia per la rendicontazione delle spese (art. 29); (ii) definire gli elementi di dettaglio del “quadro di valutazione”. Questo significa che, di fatto, per il sistema di monitoraggio e valutazione del Dispositivo e dei PNRR, si farà ricorso al sistema già rodato per il monitoraggio dei Fondi Strutturali? Fino a che punto è possibile e fino a che punto no?

La Commissione già in passato ha richiesto precisione da parte degli Stati membri, salvo essere la prima a ritardare i tempi di emanazione delle regole del gioco, creando non pochi problemi di operatività nella concretezza degli interventi da realizzare.

Domanda 5 – Nel periodo di programmazione 2014-2020 i Fondi Strutturali sono stati interessati da un’ampia diffusione di “forme di sostegno” alternative e più semplici rispetto al tradizionale rimborso dei “costi reali” (rimborso dei costi effettivamente sostenuti). Le c.d. Opzioni di Costo Semplificate (tabelle standard di costi unitari, somme forfettarie e finanziamenti a tasso forfettario) sono diventate una “opzione” molto praticata da Autorità di Gestione e beneficiari finali per facilitare la gestione e la rendicontazione dei progetti cofinanziati dai Fondi Strutturali. A me pare sorprendente che nel Regolamento non vi siano riferimenti espliciti. Pensi che su questo aspetto la Commissione interverrà con regolamenti di esecuzione successivi (vedi quanto previsto dall’art. 29), almeno con riferimento a quelle tipologie di spese per l’istruzione e la formazione per le quali è più vasto il ricorso alle Opzioni di Costo Semplificate?

Le Opzioni di Costo Semplificate (OCS) nascono da una serie di constatazioni della Corte dei Conti Europea, che faceva presente il costo (di tempo e personale) spropositato dei controlli (di primo e secondo livello) soprattutto rispetto a somme relativamente contenute per alcune tipologie di spese.
Nel caso del Dispositivo mi sembra corretto non avere richiamato le OCS, in quanto si dovrebbe puntare su progetti grandi ed organici, senza cadere nell’approccio molto utilizzato in Italia della ripartizione e distribuzione delle risorse su molti rivoli diversi.
In questa situazione come questa di tempi contingentati si deve applicare uno dei principi cardine dell’utilizzo dei fondi europei: il principio di concentrazione delle risorse.

Domanda 6 – Un anno fa, per far fronte ai primi effetti recessivi della pandemia, la Commissione varò dei provvedimenti emergenziali per semplificare e velocizzare la spesa dei Fondi Strutturali. In quella fase, prese anche l’impegno di avanzare delle proposte per semplificare le complesse procedure su appalti dei lavori e dei servizi. Su questo punto a me pare che la Commissione non abbia fatto molto. In Italia sanno tutti molto bene che la questione delle questioni è la complessità del “codice dei contratti pubblici” del 2016. A fronte della mancanza di una spinta semplificatrice decisa da parte dell’UE, a tuo parere, cosa ragionevolmente si può fare per ovviare agli elementi più critici del “codice dei contratti pubblici”?

Questa è sicuramente una questione chiave, provo ad avanzare tre proposte.
La prima evitare il “gold plating” ossia il sovraccarico della normativa contenuta nelle Direttive europee in materia con tutta una serie di norme nazionali, che complicano ulteriormente il quadro di riferimento già non semplice per sé stesso.
La seconda procedere sulla strada della concentrazione delle stazioni appaltanti, avendo chiaro che senza un forte volontà politica nell’attuazione del disegno, permangono forti resistenze a vari livelli rispetto al percorso intrapreso ormai da lustri in questa direzione (che è corretta e va sostenuta).
La terza proposta, essendo il PNRR la risposta ad una emergenza assoluta, determinata da fattori esogeni rispetto alle normali dinamiche economiche, vedo con favore per i grandi progetti contenuti al suo interno l’applicazione delle misure straordinarie sperimentate in modo positivo con il Ponte di Genova.

Grazie Vito. Spero che vi siano altre occasioni per condividere delle riflessioni su questo blog. Sarebbe certamente utile e interessante confrontarsi di nuovo fra qualche mese per capire l’attualità e la pertinenza, a quel punto, di queste riflessioni sviluppate oggi. E, quindi, arrivederci.

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[1] Vito Vacca è Consulente e Formatore Manageriale con 30 anni di esperienza professionale (www.studio-vacca.it).
Ha vissuto all’Estero per oltre quattro anni, collaborando in qualità di Team Leader e Key Expert in Programmi europei di assistenza tecnica. Vice Presidente della Associazione Italiana Formatori (AIF) dal 2001 al 2003, è stato Consigliere Nazionale AIF dal 1997 al 2006.
In Italia ha svolto attività di consulenza e di formazione per le maggiori Agenzie Nazionali (Formez PA, Sviluppo Italia, Europrogetti & Finanza), per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, per Regioni (8), per Provincie (7), per Città (12), per Patti Territoriali (6), per Parchi Scientifici e Tecnologici (3), per Camere di Commercio (15), per Associazioni degli Industriali (5). Ha collaborato con Università in Italia (Bari, Bologna, Lecce) ed all’Estero (Bucarest), e con Business School (CUOA, LUISS Management, NIBI-Promos, Spegea, Aforisma).
Ha scritto e pubblicato per Italia Oggi, Franco Angeli, IPSOA Editore, Libri Scheiwiller (Gruppo Il Sole 24 Ore), Franco Maria Ricci, Gazzetta del Mezzogiorno. Ha partecipato in qualità di esperto a programmi televisivi di RAI 1, RAI 3, The Money Channel Romania, Radio France Internationale.

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