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Le recenti critiche della Corte dei Conti Europea all’approccio LEADER

«Sciagurati quei tempi
in cui i matti guidano i ciechi!»
William Shakespeare – Re Lear (1606)

Introduzione all’approccio LEADER

La Corte dei Conti Europea ha rilasciato il 6 Luglio 2022 la Relazione Speciale N. 10 “LEADER e lo sviluppo locale di tipo partecipativo facilitano l’impegno a livello locale, ma i benefici supplementari apportati non sono ancora dimostrati a sufficienza” (datata 4 Maggio 2022) in cui critica l’applicazione del c.d. approccio LEADER ed evidenzia che i costi e i rischi aggiuntivi di questo approccio sopravanzano i vantaggi. [1]
Prima di entrare nel merito delle critiche della Corte, è opportuno ricordare che gli strumenti di sostegno della progettazione integrata territoriale utilizzati nella programmazione 2014-2020 (per lo sviluppo rurale prolungata fino al 2022) si possono raggruppare in due blocchi:
• gli Integrated Territorial Investments (ITIs), ex art. 36 del Regolamento generale sui Fondi Strutturali e di Investimento Europeo (Fondi SIE);
• il Community Led Local Development (CLLD) – in Italiano “Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo” – che, di fatto, scaturisce direttamente dall’approccio LEADER, anche se valorizza anche le “lezioni dell’esperienza” di altri progetti integrati per lo sviluppo locale, quali i Patti Territoriali varati nella seconda metà degli anni Novanta, i Progetti Integrati Territoriali della programmazione 2000-2006 ed anche i Programmi di Recupero Urbano e i Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territorio (PRUSST).
L’approccio LEADER, ampiamente consolidatosi nell’ambito del II Pilastro della Politica Agricola Comune (PAC) per sostenere lo sviluppo locale nelle aree rurali dopo il suo avvio sperimentale nel 1991 (come è noto era stato varato come Programma di Iniziativa Comunitaria appunto su base sperimentale), è stato applicato, a partire dalla programmazione 20027-2013, anche nell’ambito della politica comune della pesca.
Nel periodo 2014-2020 il legislatore europeo ha deciso di estenderlo a tutti i Fondi SIE (eccezion fatta per il Fondo di Coesione) ribattezzandolo in termini più ampi Community Led Local Development (Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo). Preme evidenziare che:
• quanto sopra significa che fino al periodo 2007-2013 era corretto parlare di approccio LEADER che si applicava sia nelle aree rurali, sia nelle zone costiere di pesca;
• a partire dalla programmazione 2014-2020 è corretto parlare di un approccio CLLD che si applica a tutte le zone potenzialmente interessate (urbane, rurali e zone costiere) e che, in linea di principio, si applica a tutti i Fondi SIE;
• l’applicazione dell’approccio CLLD è, tuttavia, solo facoltativo per FESR, FSE (FSE Plus nel periodo 2021-2027) e FEAMP (FEAMPA nel periodo 2021-2027). Invece, è obbligatorio – e non poteva essere altrimenti – per l’attuazione degli interventi tradizionalmente rientranti nella sfera dell’approccio LEADER (Misura 19 dei Programmi di Sviluppo Rurale regionali). Questo significa che, di fatto, nel periodo 2014-2020 l’approccio LEADER è stato attuato quale forma specifica di CLLD da applicare solo nelle aree rurali attraverso i Programmi di Sviluppo Rurale regionali (si veda la Figura 1). [2]
Lo strumento CLLD/LEADER per il periodo 2014-2020 – poi esteso al 2022 – è stato disciplinato dagli artt. 32-35 del Regolamento (UE) N. 1303/2013 (il Regolamento generale Fondi SIE) e dagli art. 42-44 del Reg. (UE) N. 1305/2013 sulle politiche di sviluppo rurale, cofinanziate dal Fondo Europeo Agricolo per lo sviluppo Rurale (FEASR). [3]

Figura 1 – Lo Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo nella programmazione 2014-2020

L’approccio Community Led Local Development ricalca fedelmente i sette principi di quello LEADER (strategie di sviluppo place-based che interessano territori contigui caratterizzati da elevati livelli di omogeneità fisica e socio-economica, approccio bottom up, partenariati pubblici privati, azioni integrate, innovazione, cooperazione, networking). [4] Il LEADER, pertanto, continua ad essere il “metodo” di riferimento per la formulazione di strategie di sviluppo locale integrate informate a principi di democrazia partecipativa (approccio partecipativo “bottom up”).
Tutte le strategie di “sviluppo locale di tipo partecipativo” (in genere indicate più genericamente come Piani di Sviluppo Locale – PSL), infatti, quale che sia la loro fonte di finanziamento, negli ultimi due decenni sono state condizionate in misura crescente dai sette principi del metodo LEADER.
Questi sette principi conferiscono all’approccio CLLD/LEADER il crisma non solo di un metodo di formulazione di strategie di sviluppo territorialmente integrate, ma anche di autentico strumento di capacity building finalizzato a rafforzare i sistemi di governance locale, i processi decisionali pubblici e a favorire un migliore coinvolgimento nella definizione delle politiche pubbliche di tutti gli stakeholder locali.
La Commissione Europea, non a caso, ha sempre associato proprio a questi sette principi LEADER i tre principali effetti di questo approccio che possono contribuire a rivitalizzare le dinamiche di sviluppo nelle aree rurali:
• il miglioramento dei processi di governance locale;
• il rafforzamento del capitale sociale delle aree geografiche interessate dai PSL;
• una maggiore qualità dei progetti di quanto potrebbero garantire forme di sostegno tradizionali nelle zone rurali (la Corte richiama questo aspetto in termini di “ottimizzazione dei risultati derivanti dai progetti”). [5]

Le critiche della Corte dei Conti Europea all’approccio LEADER

L’analisi della Corte muove dalla considerazione che l’approccio CLLD/LEADER può comportare certamente degli effetti positivi, soprattutto in termini di maggiore articolazione e maggiore efficacia dei processi di governance a livello locale, ma questi vanno rapportati ai costi e ai rischi aggiuntivi.
Fra i costi aggiuntivi la Corte pone in luce:
• i costi per la costituzione dei GAL, per la loro gestione e per l’amministrazione degli interventi di loro pertinenza ed anche per le attività di animazione;
• i costi aggiuntivi per le Amministrazioni regionali (Autorità di Gestione dei PSR) per selezionare le strategie di sviluppo dal basso e le “coalizioni locali” che si daranno la forma giuridica dei GAL una volta ammesse a beneficio e, poi, per controllare in senso lato dei PSL che, di fatto, sono “piani all’interno di un piano più ampio” (il PSR). [6]

Fra i rischi vengono menzionati:
• le procedure attuative in più fasi alquanto lunghe;
• i requisiti amministrativi supplementari in capo ai responsabili di progetto e i rischi di conflitti di interesse che possono interessare la compagine dirigenziale dei GAL (aspetti questi già ampiamente rimarcato dalla Corte nella Relazione Speciale N. 5/2010);
• la scarsa capacità degli organi decisionali dei GAL di rappresentare la componente femminile delle comunità locali e i giovani.

Le critiche della Corte si concentrano soprattutto sui seguenti aspetti:
• la modesta attenzione della Commissione e delle Autorità di Gestione dei PSR per la valutazione dell’approccio CLLD/LEADER (e, più specificamente, per quella dei costi aggiuntivi e dei rischi da questo comportati e per quella del suo contributo al rafforzamento del capitale sociale delle aree interessate);
• le difficoltà a dare corso ad alcune delle Raccomandazioni formulate nella Relazione Speciale N. 5/2010;
• i progetti non vengono sempre selezionati sulla scorta di pertinenti criteri merito e, soprattutto, sono generalmente dei progetti che si potrebbero sostenere con la spesa pubblica ordinaria di Stati Membri e/o Regioni, oppure con altri interventi dei PSR regionali.

Il nodo della questione è che le critiche della Corte dei Conti Europea, a dire il vero, non appaiono particolarmente solide per i seguenti motivi:
• l’analisi non sembra sorretta da un robusto approccio valutativo;
• l’analisi, di conseguenza, fornisce delle giustificazioni un po’ vaghe in merito al limitato valore aggiunto dell’approccio CLLD/LEADER.

Sulla mancanza di un solido approccio valutativo alla base della disamina delle criticità del metodo LEADER rimarcate dalla Corte vorrei ritornare nel prossimo post del 20 Ottobre, in quanto:
• la valutazione dell’approccio CLLD/LEADER è alquanto complessa per molteplici motivi, fra i quali spiccano  la sua complessità (si tratta di un approccio che interessa aree territoriali delimitate, oggetto di strategie di sviluppo integrate e che tende a privilegiare meccanismi decisionali bottom up aperti teoricamente a tutti i portatori di interesse locali) e il fatto che l’efficacia degli interventi implementati seguendo tale approccio viene a dipendere dal comportamento di molteplici attori. L’analisi della Corte non sembra tenere sufficientemente conto di questo aspetto;
• l’approccio alla valutazione del LEADER suggerito dalla Commissione e da altri Enti istituzionali di ricerca non è sufficientemente ancorato a una solida e circostanziata “theory of change” (“teoria del cambiamento”), che spieghi compiutamente come i sette principi chiave si traducano nei tre grandi benefici del LEADER discussi sopra. [7]

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Immagine ex Pixabay

Immagine ex Pixabay

[1] L’acronimo LEADER sta per “Liasons Entre Actions de Developpement de l’Economie Rurale”.
Il LEADER viene attuato su scala locale nell’ambito del II Pilastro della PAC e viene gestito da particolari forme di Partenariato Pubblico Privato – formalmente costituite sul piano giuridico – denominate Gruppi di Azione Locale (GAL).
L’audit della Corte ha riguardato:
• 10 Stati Membri (Svezia, Estonia, Germania, Repubblica Ceca, Irlanda, Slovacchia, Grecia, Austria, Portogallo e Romania);
• 20 GAL (due GAL per ciascuno dei dieci Stati appena richiamati);
• 95 progetti attuati dai GAL a valere di Strategie di Sviluppo Locale di Tipo Partecipativo (SSLTP);
• le attività della Commissione per l’attuazione dell’approccio CLLD/LEADER.
Preme evidenziare che già nel 2010 la Corte aveva svolto un audit molto significativo che aveva condotto a conclusioni molto critiche su approccio LEADER e operatività dei GAL (si veda: Relazione Speciale N. 5/2010 “Attuazione dell’approccio LEADER per lo sviluppo rurale”).
[2] Come si può osservare nella figura 2, la struttura dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) è informata ad una particolare versione dell’Approccio di Quadro Logico. Essi, considerando quali obiettivi sovra-ordinati i tre grandi obiettivi della PAC 2014-2020, sono articolati in:
• Priorità dello sviluppo rurale (6);
• Focus Area (18);
• Misure, SottoMisure e Operazioni.

Figura 2 – Il quadro logico dei Programmi di Sviluppo Rurale regionali

[3] Nella figura 3 vengono richiamati i fondi per la coesione economica, sociale e territoriale per il periodo 2014-2020 e per quello 2021-2027. Non è stato inserito, a causa della sua natura particolare, il Just Transition Fund (JTF) che, di fatto, è considerato strumento della politica di coesione dalle Istituzioni europee.
Preme evidenziare che:
• nella programmazione 2014-2020 degli interventi a favore dello sviluppo rurale, che nel corso del 2020 è stata prolungata fino al 31.12.2022 per tenere conto delle drammatiche conseguenze della pandemia, l’approccio LEADER è stato attuato tramite la Misura 19 dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) e sostiene direttamente gli obiettivi di coesione territoriale indicati dalla Priorità 6 dei PSR e, più specificamente, dalla Focus Area 6B “Stimolare lo sviluppo locale nelle zone rurali”;
• nel nuovo periodo di programmazione – per la PAC limitato al quinquennio 2023-2027 – gli interventi per lo sviluppo rurale finanziati dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) sono stati integralmente riportati nell’alveo della PAC, per la quale è stato radicalmente rivisto l’approccio alla programmazione (la PAC verrà attuata tramite dei Piani Strategici nazionali per la PAC – PSP – che indirizzeranno l’attuazione sia degli interventi del I Pilastro, sia quelli del II sullo sviluppo rurale).

Figura 3 – I fondi dell’UE “per la coesione” e l’attuazione di interventi “place-based
nel periodo 2014-2020 e in quello 2021-2027

[4] Gli elementi caratterizzanti dell’approccio LEADER (sette principi del LEADER, confermati anche per il CLLD) sono:

• la delimitazione territoriale (identificazione di aree funzionali – e non amministrative – sub-regionali) delle strategie di sviluppo (approccio place-based);
• il partenariato fra operatori pubblici e privati. Il metodo LEADER prevede che la gestione delle strategie sia delegata a dei Gruppi di Azione Locale (GAL), a cui possono aderire soggetti privati e pubblici (empowering su base paritaria di tutti i portatori di interesse);
• approccio bottom up. Sono elementi costitutivi la promozione della partecipazione dal basso dei cittadini (il che incrementa il senso di ownership delle strategie di sviluppo) e di una maggiore accountability delle politiche pubbliche (i cittadini, localmente, potranno monitorare più facilmente attuazione e risultati degli interventi finanziati);
• una strategia multisettoriale integrata volta a valorizzare asset territoriali (dotazioni specifiche materiali e immateriali dei territori interessati) e competenze locali;
• la promozione dell’innovazione a livello locale (innovazione intesa come capacità di individuare soluzioni innovative per le problematiche delle aree servite);
networking (sperimentazione di interventi volti a rafforzare la rete fra gli attori locali e il consolidamento di filiere produttive);
• la cooperazione fra diversi territori (fra diversi GAL) che attuano strategie di sviluppo bottom up.

La letteratura sull’approccio LEADER è davvero molto vasta. Fra i tanti contributi, mi sia consentito rimandare a uno elaborato dallo scrivente nel 2017: Bonetti A.; Lo sviluppo locale di tipo partecipativo nella programmazione 2014-2020: dall’approccio bottom up allo sviluppo locale condiviso, Centro Studi FUNDS FOR REFORMS LAB; Working Paper 1/2017, Agosto 2017.
[5] Si veda, in particolare: EEH – EC, Guidelines. Evaluation of LEADER/CLLD, August 2017. (EEH sta per European Evaluation Helpdesk for Rural Areas).
[6] La Misura 19 LEADER dei PSR si articola in quattro SottoMisure:
19.1 Sostegno all’animazione dei territori e alla preparazione della strategia di SLTP;
19.2 Sostegno all’attuazione delle azioni previste dalla strategia di SLTP;
19.3 Sostegno alla preparazione e alla realizzazione delle azioni di cooperazione LEADER;
19.4 Sostegno alla gestione e all’animazione territoriale.
Indicativamente (e semplificando molto), il processo prevede che con la SottoMisura 19.1 vengano inizialmente selezionate le strategie di sviluppo locale e i soggetti proponenti (“coalizioni locali”).
Successivamente, entro un certo periodo di tempo, i soggetti proponenti si danno un inquadramento giuridico stabile – qualificandosi come soggetto giuridico denominato GAL – e perfezionano la strategia (dalla strategia si passa ad un vero e proprio piano di azione, in genere indicato come Piano di Sviluppo Locale, o anche Piano di Azione Locale, che in termini concreti verrà attuato a valere della SottoMisura 19.2). La SottoMisura 19.4 sostiene i costi di gestione e i costi di animazione dei GAL.
A tale riguardo va ricordato che l’art. 35 paragrafo 2 del Reg. (UE) 1303/2013 dispone che il sostegno per i costi di esercizio e di animazione dei PSL non possa eccedere il massimale del 25% del costo complessivo pubblico dei PSL (le Autorità di Gestione dei PSR, peraltro, possono disporre di ridurre ulteriormente tale massimale).
[7] Questo contributo è un “work in progress” elaborato nell’ambito del progetto di ricerca del Centro Studi Funds for Reforms Lab “Politica di sviluppo locale e Strategia Nazionale per le Aree Interne”.

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