Il post presenta gli obiettivi del «Regolamento STEP» sulla Piattaforma delle Tecnologie Strategiche per l’Europa (Strategic Technologies for Europe Platform – «STEP») e propone un’analisi dei possibili effetti sulla struttura dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali delle proposte di revisione dei Regolamenti sui “fondi per la coesione” varate dal Regolamento sulle tecnologie strategiche critiche.
Tali effetti potrebbero essere particolarmente rilevanti per i Programmi Regionali FESR.
Questo per le seguenti ragioni: (i) è prevista la possibilità di inserire due nuovi Obiettivi Specifici (un OS 1.6 “Investimenti in tutte le tecnologie strategiche critiche che contribuiscono agli obiettivi della “piattaforma STEP” e un OS 2.9 “Investimenti che contribuiscono allo sviluppo o alla fabbricazione di tecnologie pulite ed efficienti sotto il profilo delle risorse); (ii) è prevista la possibilità di dare corso a ben sei nuovi campi di intervento (con codici di identificazione che vanno da 188 a 193) per il FESR al fine di coprire le tre diverse categorie di tecnologie strategiche critiche; (iii) ai nuovi Obiettivi Specifici 1.6 e 2.9, ovviamente, sono associati sia nuovi Indicatori di Output pertinenti, sia nuovi Indicatori di Risultato; (iv) potranno essere finanziate anche le Grandi Imprese che, in generale, sono escluse dai contributi del FESR; (v) per le azioni intese a sostenere i due nuovi Obiettivi Specifici 1.6 e 2.9 si applicherà un tasso di cofinanziamento del 100%.
Inoltre, l’art. 13 del «Regolamento STEP» prevede una radicale rivisitazione del c.d. “riesame intermedio” di cui all’art. 18 del Reg. (UE) 2021/1060 e, di riflesso, delle condizioni di assegnazione del c.d. “importo di flessibilità” per le ultime due annualità di programmazione di cui all’art. 86 del Reg. (UE) 2021/1060.
Nei prossimi mesi vi sarà molto lavoro da fare per le Autorità di Gestione dei Programmi Regionali FESR.
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Principali elementi di incertezza delle politiche pubbliche deliberate e valutazione
Il post evidenzia che, in genere, l’analisi dei processi decisionali non è debitamente considerata nell’approccio alla valutazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali tradizionalmente suggerito dalla Commissione Europea.
Se si tiene in debita considerazione la rilevanza dell’analisi dei processi decisionali, alla valutazione si possono legare tre grandi focus di analisi: (i) perché è stato deliberato un certo intervento di politica economica? (analisi dei processi decisionali che hanno portato a deliberare un certo intervento e a stanziare dei soldi pubblici per attuarlo); (ii) come è stato attuato? (analisi dei processi di implementazione e dell’efficienza amministrativa); (iii) l’intervento ha prodotto gli effetti sperati? (analisi di efficacia e di impatto).
In estrema sintesi, monitoraggio e audit consentono di rispondere alla domanda “come sono spesi i soldi pubblici?”; la valutazione risponde alla domanda “sono soldi ben spesi?”.
Processi decisionali pubblici e “ciclo della valutazione”
Il post rimarca l’importanza di considerare parte del “ciclo di valutazione” delle politiche pubbliche anche l’analisi dei processi di policy making (generalmente un pò trascurati). Questo per due motivi principali: (i) ‹‹la valutazione è normalmente parte di un processo politico›› e (ii) la stessa validità dell’analisi di efficacia, di efficienza e di impatto delle politiche verrebbe ampiamente menomata dalla mancata analisi di come si è giunti a definire certe priorità e certe azioni di policy. Inoltre, esaminare in profondità i processi decisionali, in genere, è di grande aiuto anche per capire le criticità attuative che si possono registrare in corso d’opera.
Il post, inoltre, sottolinea che inquadrando la valutazione come strumento di supporto al miglioramento dei processi decisionali e dell’intero “ciclo di policy making”, bisogna tenere parimenti conto del passaggio dalla fase dell’offerta di politiche pubbliche dichiarate (in Inglese, policy finctions) a quella dell’offerta effettiva di politiche pubbliche (in Inglese, policy facts).
Queste considerazioni sull’approccio valutativo informano lo stesso “ciclo della valutazione”.
Analisi della leadership nella PA e gestione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali
Il presente articolo rimarca nuovamente come l’impostazione di fondo delle attività di capacitazione amministrativa per le organizzazioni pubbliche impegnate nella gestione di Programmi (Nazionali e Regionali) cofinanziati dai Fondi Strutturali e, più specificamente, dei Piani di Rigenerazione Amministrativa (PRigA) previsti dall’Accordo di Partenariato 2021-2027, sia alquanto discutibile, essendo basata su delle Linee Guida della Commissione – Roadmap for Administrative Capacity Building. Practical toolkit – abbastanza deboli.
In primo luogo queste Linee Guida si riferiscono, di fatto, solo alle Autorità di Gestione dei Programmi e le esaminano quasi fossero dei monoliti.
Inoltre, sia le Linee Guida preliminari dell’OCSE – Analytical framework used in the context of the pilot action on frontloading administrative capacity building to prepare for the post-2020 programming period – sia quelle successive dalla Commissione, appena citate, hanno il pregio di delineare un approccio alla capacity building ampiamente informato alla natura specifica degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali e ai numerosi vincoli legislativi che ne condizionano i processi di programmazione e attuativi, ma di converso perdono completamente di vista alcuni tratti ineludibili dell’analisi strategica convenzionale.
Uno di questi è l’importanza della leadership all’interno di ciascuna delle unità organizzative coinvolte nell’attuazione dei Programmi.
Se, in generale, si ragiona su una Amministrazione Regionale divisa in Dipartimenti (suddivisi a loro volta in uno o più unità organizzative interne), con più Dipartimenti coinvolti nella realizzazione degli interventi finanziati, è presumibile che i vari Dipartimenti potrebbero avere diverse impostazioni della leadership e anche diversi “stili organizzativi”.
Di conseguenza, si ribadiscono i suggerimenti già espressi in dei precedenti post di rivalutare l’utilità del modello Common Assessment Framework (CAF) di EUPAN ed EIPA e di prestare maggiore attenzione alla promozione della leadership per migliorare la gestione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali e le stesse azioni di capacity building.
Appunti su formulazione di Programmi e interventi cofinanziati dai Fondi “per la coesione” e ciclo di policy making
Il post è inteso a illustrare un elemento basilare dell’analisi delle politiche pubbliche, ossia il c.d. “ciclo di policy making”. Esso, di fatto, si configura come l’applicazione ai processi decisionali pubblici della c.d. teoria del “ciclo del progetto”, per cui i processi di scelta pubblica possono essere articolati in più fasi concatenate, vista la natura di per sé iterativa e circolare del ciclo di policy making (traducibile come “ciclo di formulazione delle politiche pubbliche”). Nel post cerco di spiegare che per definire in modo pertinente il ciclo di policy making – strumento da adattare poi a seconda delle peculiarità legislativo-istituzionali e operative delle materie oggetto di scelte pubbliche – è molto utile fare riferimento a uno dei più importanti strumenti di project management, ossia il Ciclo “Plan Do Check Act”, (PDCA) proposto nel secolo scorso da Walter Shewhart e poi perfezionato da Edward Deming.
Strategie di capacity building per la gestione dei Fondi Strutturali: i limiti della nota metodologica della Commissione “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”
Il post illustra i principali limiti operativi della Guida del 2020 della Commissione sulle strategie di rafforzamento amministrativo per la gestione dei Fondi Strutturali (la c.d. “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”).
Muovendo dall’impostazione seguita dal Development Programme delle Nazioni Unite (UNDP) che definisce le strategie di capacity building sulla scorta di tre “domande guida” (1. Capacity for why?; 2. Capacity for whom?; 3. Capacity for what?), il breve articolo sottolinea in primo luogo che un siffatto approccio – ampiamente desiderabile in generale – non si rintraccia minimamente nel contributo metodologico della Commissione. Inoltre, nella “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative” viene ampiamente trascurata l’importanza di differenziare la strategia di capacity building a seconda di: (i) macro-fasi e fasi operative dei processi di gestione in senso lato degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali; (ii) macro-tipologia e tipologia degli interventi (regimi di aiuto, realizzazione di opere pubbliche, acquisti di forniture e servizi da parte della PA, interventi di sviluppo delle risorse umane); (iii) tipo di modalità attuativa (un conto è valutare la “capacità amministrativa” per gli interventi “a titolarità regionale” ed un conto è farlo per quelli “a regia regionale”, in relazione ai quali è strettamente necessario capire come incide sulla “capacità amministrativa” generale anche quella specifica dei soggetti attuatori degli interventi ammessi a beneficio, che agiranno da stazioni appaltanti)
La valutazione delle azioni di capacity building della PA: l’approccio di UNDP
Il post illustra le dimensioni (i pilastri) dell’approccio del Development Programme delle Nazioni Unite (UNDP) alla formulazione e alla valutazione delle strategie di capacity building. Tali dimensioni sono: (i) una puntuale definizione delle capacità da sviluppare; (ii) i drivers del cambiamento amministrativo (assetto istituzionale, leadership, competenze e accountability), e (iii) livelli di analisi della capacità amministrativa (individui, organizzazioni e contesto). Nell’ambito dell’approccio di UNDP, tuttavia, sono soprattutto le seguenti tre domande guida a informare le azioni di rafforzamento amministrativo: (i) Capacity for why? (domanda che serve per definire in modo circostanziato quali sono le ragioni alla base e gli obiettivi specifici delle attività di capacitazione amministrativa); (ii) Capacity for whom? (domanda intesa a individuare puntualmente quale gruppo target specifico del personale della PA neccesita delle azioni di rafforzamento di capacità generali e competenze specifiche); (iii) Capacity for what? (serve per individuare in modo coerente con le scelte fatte in relazione alle domande precedenti le azioni di capacitazione amministrativa da implementare).
La valutazione delle politiche pubbliche: appunti sul Focus Group
Il post illustra alcune caratteristiche distintive del Focus Group, una tecnica di indagine ampiamente usata anche per la valutazione dell’efficacia dei progetti di sviluppo socio-economico e dei Programmi complessi di politica economica, quali ad esempio i Programmi Regionali o i Programmi Nazionali cofinanziati dai Fondi Strutturali. Le due caratteristiche realmente distintive del Focus Group sono riassunte nel nome: (i) esso è focalizzato su un argomento preciso, ben circoscritto (“focus”); (ii) esso è inteso a valorizzare l’interazione e il confronto aperto di più soggetti (“group”). Si tratta di una tecnica, infatti, fortemente volta a valorizzare le interazioni fra i partecipanti per far emergere più informazioni rilevanti e più idee (questo richiede di gestire bene le interazioni, di dare spazio a tutti, e di osservare anche le forme di comunicazione non verbale dei partecipanti).
La valutazione delle azioni di capacity building della PA tramite il modello di Kirkpatrick: cosa si può apprendere dalle esperienze internazionali?
Il post propone un esempio di applicazione del modello di valutazione della formazione di Kirkpatrick alla misurazione degli effetti delle azioni di capacity building. Tale esempio è tratto, con degli adattamenti, dalla manualistica dell’agenzia per la cooperazione internazionale australiana (AusAID).
Così come ha dei limiti il modello di Kirkpatrick, lo stesso si puàò dire per il suo adattamento alla misurazione degli effetti delle azioni di capacity building proposto e implementato da AusAID.
Ciò detto, l’approccio di AusAID è certamente molto interessante – e da replicare – con riferimento ai seguenti aspetti: (i) l’idea di fondo di applicare la logica valutativa non solo ai singoli individui, ma anche alle stesse unità organizzative che beneficiano di attività di capacity building (idea abbracciata anche da UNDP e da altre agenzie nazionali di cooperazione allo sviluppo); (ii) l’idea, ampiamente condivisibile, di non misurare gli effetti delle azioni di capacity building solo con riferimento ai risultati “interni”, ma anche e soprattutto a quelli “esterni”. In altri termini, bisognerebbe stimare la capacità delle azioni di capacitazione di migliorare non solo la performance in senso stretto delle unità organizzative, ma anche la loro capacità di produrre un impatto positivo sui beneficiari/destinatari finali delle azioni di politica economica e dei progetti. In sostanza, il termine di riferimento fondamentale dell’efficacia delle azioni di capacity building dovrebbe sempre essere l’impatto sui beneficiari/destinatari finali.
Capacità amministrativa e valutazione delle azioni di capacity building della PA: si può applicare il modello di Kirkpatrick?
Il post propone una breve riflessione sulla possibile applicazione alla misurazione dell’efficacia delle azioni di capacity building della PA del modello di valutazione della formazione di Donald Kirkpatrick, che è il principale modello applicato, a livello internazionale, per misurare gli effetti sulla performance delle organizzazioni delle attività di formazione e di re-training del personale.
Questo modello di valutazione della formazione presenta certamente dei limiti. Ciò nonostante, continua ad essere il modello più usato per questo tipo di valutazione e, soprattutto, già negli anni Novanta è stato applicato anche alla valutazione delle azioni di capacity buidling della PA dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS) sia nell’ambito del Development Program delle Nazioni Unite (UNDP), sia da parte di alcune agenzie di Cooperazione internazionale (segnatamente quella australiana). UNDP e agenzie di cooperazione internazionale hanno finanche elaborato dei modelli operativi di capacity building proprio a partire dal modello imperniato sui quattro livelli valutativi di Kirkpatrick.
Mutatis mutandis si potrebbe provare ad applicarlo alle azioni di capacity building previste sia dal Programma Nazionale Capacità per la coesione, sia dai PRigA regionali (Piani di Rigenerazione Amministrativa).