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Accesso ai fondi europei dei Comuni. Il problema del co-finanziamento

Già nel precedente post del 25 gennaio scorso avevo segnalato alcune criticità che, obiettivamente, sono sistematicamente registrate dai Comuni nell’accesso ai fondi dell’UE.
Avevo tralasciato la questione più problematica in tutti i sensi, ossia la difficoltà nel cofinanziare i progetti. [1]

Questo è un problema oggettivo, dato che è certamente vero che le opportunità dischiuse dai fondi dell’UE rischiano di restare lettera morta per le difficoltà dei Comuni di garantire la quota di cofinanziamento dei progetti, a causa dei continui tagli ai trasferimenti di finanza statale e regionale. [2]

Tuttavia, è parimenti vero che da un lato ci sono degli strumenti varati recentemente per cercare di fare fronte, in parte, a questa criticità e, dall’altro, si impone la necessità, per gli amministratori locali, di sperimentare nuove forme di Partenariato Pubblico Privato per sostenere investimenti infrastrutturali e servizi di welfare.
Con riferimento al primo aspetto, si rammenta che nel 2017 l’Istituto Nazionale di Promozione Cassa Depositi e Prestiti (CDP) ha lanciato l’iniziativa “Prestito Investimenti Fondi Europei” che, come si legge sulla sezione dedicata del portale della CDP, è “uno strumento finalizzato ad agevolare la realizzazione di investimenti eleggibili all’utilizzo di fondi dei PO finanziati dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR), in relazione ai quali gli enti beneficiari del prestito CDP abbiano fatto richiesta o siano già assegnatari alla data di richiesta del prestito medesimo (contributo)”. In altri termini, questo strumento, che si rivolge a Comuni, Province e Città Metropolitane ai sensi della Circolare CDP n. 1280/2013, è volto, appunto, a mettere a disposizione degli Enti territoriali finanziamenti della CDP, a condizioni agevolate, per sopperire alle difficoltà di questi nel cofinanziare i progetti ammessi a beneficio dei POR FESR e dei PSR regionali e/o per poter realizzare in modo celere certi investimenti di pubblica utilità senza dover attendere l’effettivo incasso del contributo del FESR e/o del FEASR.

Immagine ex Pixabay

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Con riguardo al secondo aspetto, è certamente tempo che i Sindaci sappiano passare da un ruolo passivo di mera reazione all’emanazione di avvisi pubblici di finanziamento di enti sovra-ordinati, a un ruolo propositivo di progetti innovativi – sia nei contenuti sia nelle modalità di attuazione – e migliorare nella capacità di finalizzare correttamente i progetti sugli strumenti di finanziamento più adatti.
E’ ormai tempo, pertanto, che i Sindaci prendano definitivamente atto che, a prescindere dalla discutibile attuazione in Italia dei principi di un corretto sistema di “federalismo fiscale”, essi debbono farsi parte attiva nella ricerca di fondi aggiuntivi, siano essi riconducibili a:
• finanza pubblica europea e/o a finanza pubblica nazionale (fondi nazionali per politiche settoriali che poi, in genere, vengono attuate sui territori soprattutto attraverso lo strumento giuridico degli Accordi di Programma Quadro);
• contributi delle Fondazioni di erogazione e/o di comunità che, in misura crescente, distribuiscono i finanziamenti sulla base di “chiamate” e selezione dei progetti su base competitiva, analoghe a quelle delle Autorità Pubbliche (modello “call for proposal” della Commissione Europea).

Inoltre, nell’ambito di una riflessione più ampia sulle strategie di accesso a forme aggiuntive di finanziamenti per la realizzazione di interventi di pubblica utilità, gli amministratori locali dovrebbero fare anche un ragionamento su:
• il rilancio delle operazioni di project financing per ovviare al continuo declino degli investimenti infrastrutturali pubblici;
• la sperimentazione di nuovi strumenti di finanziamento volti a sostenere le politiche pubbliche attraverso meccanismi di esternalizzazione dei servizi pubblici, informati alla clausola contrattuale “payment-by-results (si fa riferimento in particolare ai Social Impact Bonds, già presentati in diversi post in questo blog). A tale riguardo, si ricorda che la Legge di Stabilità 2018 ha introdotto il Fondo per l’Innovazione Sociale che ha, appunto, la finalità di promuovere meccanismi contrattuali payment-by-resultse strumenti di finanziamento “di impatto” (“impact investing”) [3];
• l’applicazione di strategie di fundraising e di crowdfunding al finanziamento di beni comuni e di beni e servizi pubblici. [4]

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[1] Per una più ampia trattazione dei problemi di accesso dei Comuni ai fondi dell’UE, mi sia consentito rinviare a: Bonetti A. (2018), Le difficoltà di accesso dei piccoli Comuni del Lazio ai finanziamenti dell’UE, Centro Studi Funds for Reforms Lab, Policy Brief N. 1/2018.
[2] Per un quadro aggiornato sulla forte flessione negli ultimi anni degli investimenti pubblici e sulle crescenti difficoltà finanziaria degli Enti Locali si vedano: Cassa Depositi Prestiti, Rapporto sulla finanza locale n. 3/2017, Roma, 2017; IFEL, La dimensione comunale del Partenariato Pubblico Privato, Edizione 2017, Roma, 2017.
[3] I SIBs sono uno strumento particolare, il cui uso per sostenere gli investimenti sociali è in forte espansione, come ricorda la recente nota breve Social Impact Bonds reach global mass: 108 projects launched in 24 countries (30.01.2018) di Social Finance UK, promotrice del I SIB sperimentato nel Regno Unito nel 2010.
Parlerò dell’importanza dei SIBs per finanziare certi interventi nel sociale al corso del CEIDAFinanziamenti dell’UE e strumenti di “impact investing” per le Smart Cities (Roma, 20 e 21 marzo 2018), in cui terrò circa 13 ore di docenza sui fondi UE per l’agenda urbana e l’attuazione del paradigma “smart cities”.

[4] Infatti, per gli EE.LL. si pone anche la esigenza di sperimentare nuove forme di finanziamento di alcuni tipi di interventi che, per vari motivi, possano prestarsi a tradurre il senso civico degli individui in donazioni o in lavoro volontario al servizio della collettività. Esempi virtuosi di donazioni liberali e di crowdfunding “civico” per opere di pubblica utilità, per la ricerca pubblica, per certi servizi socio-assistenziali e per la tutela della cultura, infatti, si vanno fortunatamente moltiplicando anche nel nostro Paese. E anche aziende importanti contribuiscono ormai alla valorizzazione del patrimonio paesaggistico e culturale, come nel caso del progetto “Borghi Italiani”, avviato nel 2017, che ha visto Airbnb affiancare MIBACT e ANCI per la valorizzazione di oltre 40 borghi in tutta Italia.

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