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La politica di coesione in Italia: sono i vincoli europei a spingere la spesa dei Fondi Strutturali?

‘The truth is rarely pure and never simple’
Oscar Wilde (‘The importance of being Earnest’)

La politica di coesione dell’UE (politica regionale europea), sin dalla riforma del bilancio dell’UE (allora CEE) e dei Fondi Strutturali del 1988, ha contribuito in termini rilevanti a sostenere la politica di riequilibrio territoriale interna (a livello finanziario e anche a livello di miglioramento delle procedure amministrative). [1]

Le politiche strutturali in Italia si fondano, pertanto, su un pilastro “europeo” sorretto dai Fondi Strutturali e di Investimento Europeo (Fondi SIE), in primis i Fondi Strutturali, e su un pilastro nazionale, sorretto dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc).
Nel recente articolo “Politiche di coesione: i vincoli europei spingono la spesa di Fondi Strutturali mentre i fondi nazionali restano al palo” (IlSole24Ore, 21 dicembre 2018), Carmine Fotina, citando lo studio della Fondazione IFEL La dimensione territoriale nelle politiche di coesione.  Stato d’attuazione e ruolo dei Comuni nella programmazione 2014-2020. Ottava edizione – 2018, rimarca che sui ritardi di spesa per il Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) incide “il disimpegno automatico delle risorse in caso di ritardata spesa, un vincolo che esiste per i fondi Ue ma non per l’Fsc”. A mio modesto avviso, la questione è alquanto più complessa, anche se va riconosciuto che non è facile trattare un tema del genere in un articolo di giornale. Tuttavia, andrebbe considerata con molta più attenzione la “divisione del lavoro”, ormai consolidata da qualche anno, fra Fondi Strutturali e Fsc, per cui, anche per ovviare al rischio di disimpegno automatico dei fondi non spesa, i primi sono stati “alleggeriti” dei più impegnativi interventi infrastrutturali. Nell’ambito della politica di coesione latu sensu (considerando anche quella nazionale ex art. 119 della Costituzione) questi ultimi, infatti, sono sempre più dirottati sul Fsc. Anche e soprattutto per questo motivo l’Fsc ha tempi di spesa più ampi, in linea coi tempi biblici di realizzazione delle opere infrastrutturali in Italia.

Immagine ex Pixabay

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Ciò detto, è innegabile che anche per l’Fsc sarebbe opportuno implementare un sistema di monitoraggio e sorveglianza molto più in linea con quello che viene usato per il monitoraggio e la valutazione della spesa dei Fondi Strutturali. [2]

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[1] Questo breve articolo è stato elaborato nell’ambito del progetto di ricerca del Centro Studi Funds for Reforms Lab “La politica regionale dell’UE post 2020”.
[2] Queste considerazioni sulla necessità di omogeneizzare le procedure di sorveglianza dei Fondi Strutturali e dello strumento nazionale per la politica di coesione territoriale, che inizialmente era stato battezzato Fondo per le Aree Sottoutilizzate (Fas), le avevo già sviluppate nel 2004, insieme al professor Massimo Bagarani, in sede di stesura prima di un contributo di ricerca per l’OCSE e poi del libro: Politiche di coesione e Fondi Strutturali, edito da Rubbettino nel 2005.

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