“Lazio Idee”: una best practice della Regione Lazio per valorizzare realmente il partenariato nella programmazione 2014-2020

“Change has to come from the interaction
of the top-down work of states,
the horizontal competition of businesses and markets,
and bottom-up push and pull of citizens”

Geoff  MULGAN, British economist
The Locust and the Bee (2013)

La rilevanza del principio di partenariato nella programmazione 2014-2020 dei Fondi Strutturali

Il principio di partenariato è uno dei quattro principi fondamentali dei Fondi Strutturali fin dalla riforma della politica di coesione (politica regionale europea) del 1988 (si vedano: Bonetti, 2007; Bagarani, Bonetti 2005).

Tale principio va in primo luogo inquadrato correttamente nella sua dimensione “verticale”. Essa, in conformità al principio di sussidiarietà alla base del framework istituzionale dell’UE, prevede una suddivisione multi livello delle responsabilità di programmazione e spesa dei Fondi Strutturali, fra vari livelli giurisdizionali, secondo lo schema semplificato di relazioni riportato nella Figura 1.
Come si evince dalla Figura 1, tale principio si concretizza in processi di cooperazione e concertazione tra i vari livelli di giurisdizione nella fase di definizione del quadro legislativo e in quella di programmazione, ma anche nella fase (eventuale) di revisione di medio termine dei programmi di spesa, di attuazione e di rendicontazione finale delle spese (si vedano: Bagarani, Bonetti 2005, 2012).

Fig. 1 – Partenariato “verticale”: lo schema semplificato delle relazioni istituzionali nel sistema di governo multi livello dei Fondi Strutturali

Multi Level Governance

Fonte: Bagarani, Bonetti (2005), p. 76

Nel corso del tempo, tuttavia, ha acquisito crescente rilevanza anche la dimensione “orizzontale” del principio di partenariato. La dimensione “orizzontale” del principio, in sostanza, si traduce in un forte coinvolgimento dei portatori di interesse (associazioni di categoria, sindacati e altri gruppi di pressione organizzati) nel processo di programmazione.

L’UE ha inteso rafforzare ulteriormente il principio di partenariato in sede di formulazione della base giuridica della politica di coesione 2014-2020 e dei nuovi Programmi di spesa (Commissione Europea 2012a). In particolare, le proposte legislative (generali e verticali) inerenti i Fondi Strutturali, prevedono alcune novità di grande interesse:

  • l’implementazione di un approccio citizen driven nella definizione delle politiche (esprimibile, in Italiano, con il concetto di “cittadinanza attiva”). Tale scelta è parte di una più ambiziosa strategia della Commissione, volta ad ampliare il novero delle politiche elaborate secondo approcci realmente partecipativi (e non tramite semplici consultazioni pubbliche);
  • un maggiore coinvolgimento delle organizzazioni del terzo settore (gli organismi che rappresentano la società civile, inclusi gli organismi di promozione della parità e della non discriminazione);
  • l’applicazione del principio di partenariato non solo nella fase di formulazione degli interventi (prima i Programmi regionali e, poi, i piani e i progetti di spesa), ma anche in quella di implementazione, attraverso consultazioni ad hoc prima dell’emanazione di avvisi pubblici di finanziamento particolarmente rilevanti.

Indirettamente, spinge in una direzione del rafforzamento del principio di partenariato anche l’opzione strategica di rilanciare i processi di sviluppo locale improntati a un approccio bottom-up e partecipativo. Gli strumenti di sostegno alla sviluppo locale proposti per la nuova programmazione sono: (i) i Community Led Local Development (CLLD), previsti dagli artt. 28-31 della proposta di regolamento generale sulle politiche strutturali di sviluppo dell’UE; (ii) gli Integrated Territorial Investments (ITIs), ex art. 99 della proposta di regolamento generale. Lo strumento Community Led Local Development ricalca fedelmente il metodo LEADER – perfezionato per oltre venti anni nell’ambito della politica di sviluppo rurale della UE –  che, inter alia, si fonda sulla promozione della partecipazione dal basso di cittadini ed Enti Locali.
La scelta di rafforzare ulteriormente il ruolo del partenariato economico e sociale nella programmazione degli interventi è assolutamente condivisibile. Un coinvolgimento ampio ed effettivo dei portatori di interesse, infatti, consolida la trasparenza e la pubblicness delle Istituzioni e del processo di decision making e, di riflesso, il senso di fiducia nelle Istituzioni dei cittadini. Inoltre, le esperienze concrete di “democrazia partecipativa” possono anche potenziare l’efficacia degli interventi, in quanto:

  • garantiscono la creazione di un maggior senso di ownership delle politiche di sviluppo e dei progetti da parte di cittadini e comunità locali. La maggiore ownership percepita implica, di riflesso un maggior commitment di tutti i portatori di interesse rispetto agli impegni assunti in sede di formulazione delle strategie;
  • favoriscono la maturazione di un maggior spirito civico dei cittadini e delle comunità locali, in quanto, una volta coinvolti nel processo di formulazione delle politiche, si sentiranno anche maggiormente responsabilizzati nella veste di co-produttori dei servizi di pubblica utilità di cui necessitano (su questi temi, si veda Eggers, O’Leary 2009). Il rafforzato senso civico dei cittadini si potrebbe anche semplicemente manifestare con la segnalazione di problemi di manutenzione urbana o di tutela del verde attraverso le nuove piattaforme web 2.0 e apps per smartphones, attraverso i quali segnalare, quasi in tempo reale, problemi di comunità ristrette, quali un quartiere cittadino, come chiaramente evidenziato dal progetto finanziato dall’UE Periphèria, sulla cui base è stato stilato lo Human Smart Cities Manifesto (reperibile sul sito web del progetto www.peripheria.eu).

Il progetto “Lazio Idee” della Regione Lazio: proposte e progetti per migliorare la vita delle persone, valorizzando il partenariato

L’aspetto più problematico dei processi di formulazione “partecipativa” di programmi e progetti  risiede nella circostanza che, sovente, la fase iniziale di definizione delle strategie di sviluppo si caratterizza come processo partecipativo solo sulla carta. Spesso, infatti, appare debole la capacità (se non la volontà) di valorizzare le istanze e le proposte di tutti i portatori di interesse e di creare quel senso di fiducia fra gli stakeholders che solo degli esercizi di democrazia “partecipativa” realmente aperti e inclusivi possono generare.
La Regione Lazio, invece, attraverso il progetto (o, forse, sarebbe più corretto definirlo percorso) “Lazio Idee: proposte e progetti per migliorare la vita delle persone” sta seguendo un autentico approccio partecipativo per formulare il nuovo programma regionale 2014-2020 cofinanziato dal Fondo Sociale Europeo (FSE).
Gli elementi cardine di questo approccio sono tre:

  • il portale Lazio Idee  che supporta l’intero processo. Il portale, infatti, funge sia da strumento di informazione sugli eventi partecipativi e sullo stato di avanzamento del processo di negoziazione del nuovo programma con la Commissione, sia da piattaforma per raccogliere tutti i contributi strutturati di cittadini e portatori di interesse organizzati (la Regione ha richiesto la compilazione, a scelta, di due questionari di raccolta di pareri e suggerimenti, uno più semplice e uno più ampio e articolato),
  • il processo di consultazione pubblica, concretizzatosi nella compilazione on line di uno dei due questionari semi-strutturati caricati sul portale;
  • un ampio processo di ascolto di cittadini e parti economiche e sociali (nel corso di eventi pubblici ampiamente pubblicizzati con congruo anticipo), avviato nel giugno 2013 e tuttora in corso.

All’incontro iniziale di presentazione del progetto, che si è tenuto il 25 giugno presso l’Auditorium di Roma, sono seguiti tre incontri nel mese di luglio presso la sede della Regione Lazio.

Si potrebbe dire che nella fase iniziale esperita nel mese di luglio, la Regione ha attivato un percorso di  ascolto e formulazione condivisa del programma “su base tematica”, dal momento che i tre eventi di luglio erano dedicati alle tre aree tematiche cardine della programmazione 2014-2020 del FSE:

  • Occupazione e sostegno alla mobilità del lavoro (area tematica 8 del Quadro Strategico Comune 2014-2020);
  • Inclusione sociale e lotta alla povertà (area tematica 9 del Quadro Strategico Comune 2014-2020);
  • Educazione, competenze e life-long learning (area tematica 10 del Quadro Strategico Comune 2014-2020).

Nel mese di novembre la Regione ha riavviato il percorso di ascolto e di formulazione del nuovo programma FSE secondo un approccio people centred “su base territoriale”, in quanto sono stati organizzati cinque incontri nelle città capoluogo di provincia, secondo il calendario riportato sul portale.

Nel mezzo, cittadini e portatori di interesse hanno avuto a disposizione quasi due mesi di tempo per esprimere i loro suggerimenti, compilando uno dei due questionari semi-strutturati di cui sopra, in cui si chiedevano pareri e indicazioni sulle priorità da perseguire riguardo le aree tematiche “dirette” di cui sopra e sull’area “orizzontale” Rafforzamento della capacità istituzionale e di una amministrazione pubblica efficace (area tematica 11).

Il giudizio complessivo su questo percorso di programmazione “partecipativa”, al momento attuale, non può che essere positivo, in quanto l’Amministrazione regionale:

  • ha sensibilizzato ampiamente i portatori di interesse e i cittadini sulle opportunità offerte dal FSE nel periodo di programmazione 2014-2020, ma ha anche, opportunamente; esplicitato gli stringenti vincoli regolamentari alla strategia e alla scelta delle singole azioni,
  • ha realmente favorito la partecipazione di tutti gli interessati e, soprattutto, non ha utilizzato gli eventi pubblici come “passerella” per i decisori pubblici, ma bensì come momento di ascolto delle istanze e dei suggerimenti della cittadinanza;
  • ha affiancato al tradizionale questionario di consultazione pubblica, degli incontri pubblici di condivisione di idee e di linee strategiche a cui dare priorità in sede di negoziazione del nuovo Programma FSE con la Commissione Europea;
  • ha elaborato l’outline del nuovo Programma FSE tenendo ampiamente conto dei risultati rilevati dai questionari semi-strutturati, disponibili sul portale;
  • ha affidato ai Comuni (il livello istituzionale più vicino ai cittadini nel sistema di governo multi livello) la funzione di “catalizzare” il processo nei territori, in quanto dovranno sensibilizzare gli altri attori locali e raccogliere da questi istanze di sviluppo e prime proposte progettuali.

La sfida più ostica: ampliare e consolidare l’approccio partecipativo su scala locale

Quanto fatto finora dalla Regione dovrebbe essere uno stimolo per tutti gli  Amministratori locali sul territorio, in primis i Sindaci.
Il rischio più grande, infatti, è che il percorso fin qui tracciato si possa arenare una volta che sia stato approvato il Programma FSE 2014-2020.
Questo approccio alla formulazione delle politiche, invece, va assolutamente mantenuto come filo conduttore dell’intera programmazione anche con riferimento a piani sub-territoriali  e progetti di attuazione dei programmi regionali principali (considerando, quindi, anche il nuovo Programma cofinanziato dal FESR e il nuovo Programma di Sviluppo Rurale). Anche semplicemente per il fatto che è la stessa UE a richiederlo (si è già fatto cenno, poc’anzi, al fatto che l’UE richiede addirittura di formulare secondo un approccio partecipativo anche i principali bandi e avvisi pubblici di attuazione dei Programmi) e che le proposte di regolamento favoriscono vivamente la valorizzazione di alcuni strumenti fondati sul coinvolgimento nel processo decisionale dei portatori di interesse locali (i già citati CLLDs e ITIs).
In questa luce, tre passi sembrano davvero importanti e innovativi:

1. la Regione dovrebbe, in accordo con il partenariato, valorizzare quanto più possibile l’obiettivo trasversale social innovation.

Negli anni recenti, infatti, la Commissione ha posto una definizione ampia di innovazione al centro dell’ambiziosa strategia di rilancio dell’UE Europe 2020.
Come ben evidenziato nel Rapporto BEPA  del 2010 e poi nella Guide to Social Innovation del 2013, l’UE nei prossimi anni deve puntare contestualmente su ricerca e innovazione tecnologica e su innovazione sociale. La perdita di competività dell’industria europea e gli effetti nefasti della drammatica crisi economica che flagella l’Europa da diversi anni, infatti, evidenziano come un approccio fortemente centrato sull’innovazione tecnologica quale “motore” della crescita economica e sociale, in realtà, non contribuisce a risolvere tutti i problemi sociali e, anzi, può creare finanche rilevanti fratture territoriali e sociali nei processi di sviluppo economico.

Inoltre, la crescente attenzione alla Social Innovation ha rilanciato il dibattito sugli effetti positivi – anche in termini di efficacia – del coinvolgimento dei cittadini-utenti alle scelte collettive.

A tal fine, la Regione potrebbe, in una prospettiva di benchmarking, fare tesoro dell’interessante percorso di capacity building e di programmazione partecipativa che, su questo tema, sta portando avanti la Regione Sicilia, ampiamente presentato sul sito http://www.euroinfosicilia.it/innovazione-sociale/;

2. la Regione e gli Enti Locali, in sede di formulazione dei piani per le iniziative CLLDs e ITIs,  dovrebbero favorire effettivamente una partecipazione incisiva al processo decisionale dei cittadini-utenti, visti non solo come beneficiari degli interventi (e, più in generale, dei servizi pubblici), ma anche come potenziali portatori di soluzioni innovative.
Nella fase attuale di perdurante profonda crisi economica e di disfacimento di vecchie reti sociali, appare più che mai cruciale ricercare soluzioni innovative a problemi sedimentati (questa è una delle ragioni di fondo dell’attenzione crescente per la Social Innovation), valorizzando, su qualsiasi scala territoriale, i comportamenti cooperativi, la valorizzazione delle competenze tacite di tutti i cittadini e la creatività. In altri termini, più che mai, come scriveva magistralmente alcuni anni fa Camagni, ‹‹la competitività locale è intesa come fiducia e senso di appartenenza più che come pura disponibilità di capitale; come creatività più che come pura presenza di lavoro qualificato; come connettività e relazionalità più che come pura accessibilità; come identità locale al di là di elementi pure importanti come efficienza del sistema locale e qualità della vita›› (Camagni, 2009, p. 69).

La volontà di “aprire” i processi decisionali ai cittadini-utenti va oltre la questione “open government” (trasparenza della Pubblica Amministrazione) e implica un forte ripensamento della logica lineare della formulazione delle politiche che vede, nei modelli di democrazia rappresentativa, i cittadini-utenti come soggetti che delegano i processi decisionali e poi ricevono i servizi pubblici.
Implica anche la definizione di nuove forme di Public-Private Partnership, orientate a una più forte e dinamica interazione fra operatori pubblici e privati per favorire l’innovazione nella PA e nella società in generale, secondo il modello Public-Private Innovation già in corso di sperimentazione in Danimarca (si veda Christiansen, Blunt, 2012).
Infine, implica l’adozione anche nella PA di nuovi approcci strategici basati sul contributo di creativi alla formulazione dei processi gestionali e di quelli innovativi (approccio “design driven innovation”) e sulla co-produzione delle strategie (con il coinvolgimento dei lavoratori nel settore privato e dei cittadini in quello pubblico).

A tale riguardo, si segnala come autentica esperienza pilota la European Design Innovation Initiative  lanciata nel 2011 dall DG Industria e Imprese della Commissione, che ha condotto fin qui alla formulazione di un pregevole vademecum (Commissione Europea, 2012b) e  alla stesura della prima bozza del Piano di Azione per la Design Driven Innovation , in cui una delle sei azioni strategiche è volta, specificamente, a favorire l’applicazione di pratiche di “design driven innovation” nella PA e di co-produzione dei servizi pubblici (coinvolgimento attivo dei cittadini-utenti);

3. Regione ed Enti Locali dovrebbe adottare un approccio allo sviluppo economico “citizen driven” su ampia scala. In altri termini, dovrebbero guardare ai nuovi piani di sviluppo locale – attuativi dell’approccio LEADER, delle iniziative CLLDs e ITIs o anche di esperienze di progettazione integrata territoriale già in essere – come autentici “sistemi di relazioni”, siano esse orizzontali (fra le parti economiche e sociali e fra queste e le Istituzioni), o “verticali” (fra livelli di governo), in cui il nodo centrale sono realmente i cittadini-utenti. Già in precedenza, infatti, si è evidenziato come fin qui, sovente, il processo partecipativo sia stato attuato in modo blando, quasi come semplice assolvimento di un obbligo regolamentare.
Come dimostrano diverse esperienze pilota attuate negli anni recenti, di cui è paradigmatico il progetto Periphèria, solo se si pongono realmente i cittadini-utenti al centro di questi sistemi (“reti”) e dei processi decisionali, gli operatori pubblici possono delineare delle politiche pubbliche (in altri termini, possono elaborare soluzioni a problemi collettivi) socialmente accettabili, più efficaci (in quanto il cittadino-utente sarà animato anche da maggiore senso civico) e, sovente, anche meno dispendiose.

Bibliografia

Bagarani M., Bonetti A. (2005), Politiche regionali e Fondi Strutturali. Programmare nel sistema di governo della UE, Ed. Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ)
Bagarani M., Bonetti A. (2012), Evoluzione del sistema di governo delle politiche comunitarie e cambiamenti nella politica regionale nazionale; in Bagarani M. (a cura di), Il governo delle Regioni e lo sviluppo economico. Limiti e rischi del processo di decentramento comunitario; Edizioni dell’Orso, Alessandria
Bonetti  A. (2007); La politica di coesione economica, sociale e territoriale nel ciclo 2007-2013, in:  Bonetti A. et al., Le politiche della Unione Europea, La Sapienza Ed.; Roma, pp. 55-85
Camagni R. (2009), Per un concetto di capitale territoriale, in Borri D., Ferlaino F. (a cura di), Crescita e sviluppo regionale: strumenti, sistemi, azioni, F. Angeli, Milano, pp. 66-90
Christiansen J., Blunt L. (2012), Innovation in policy: allowing for creativity, social complexity and uncertainty in public governance, NESTA – Mind Lab
Commissione Europea (2012a), Il principio di partenariato nell’attuazione dei fondi del Quadro Strategico Comune. Elementi per un codice di condotta europeo sul partenariato, SWD (2012) 106 final, 24.04.2012
Commissione Europea (2012b), Design for Growth and Prosperity. Report and Recommendations of the European Design Leadership Board
Commissione Europea (2013), Guide to Social Innovation, Luxembourg
Eggers W.D., O’Leary J. (2009), If we can put a man on the moon: getting big things done in government, Harvard Business School Press, Boston
Hubert A. (2010), Empowering People, Driving Change: Social innovation in the European Union, Bureau of Policy Advisors – BEPA, Brussels
Mulgan G. (2013), The locust and the bee. Predators and creators in the capitalism’s future, Princeton U.P., Princeton

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