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Le riforme del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e le condizioni abilitanti dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali

«Tutto quello che vi era scritto era irripetibile da sempre e per sempre,
perché le stirpi condannate a cent’anni di solitudine
non avevano una seconda opportunità sulla terra»
Gabriel García Márquez – Cent’anni di solitudine (1967)

La centralità delle riforme nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza

Il 26 e il 27 Aprile il Governo Draghi, dopo una lunga attesa, ha finalmente illustrato ai due rami del Parlamento il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che verrà finanziato dai due principali dispositivi di spesa che l’UE ha introdotto nel 2020, in via eccezionale, con Next Generation EU (NGEU), ossia:
• il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (in Inglese Recovery and Resilience Facility);
• l’Iniziativa REACT-EU, che costituisce un autentico ponte fra la programmazione 2014-2020 dei Fondi Strutturali e la nuova programmazione. [1]

Come ha scritto lo stesso Presidente del Consiglio nella Premessa, «per l’Italia il NGEU rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme. L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. Il NGEU può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni». Il PNRR, per un Paese che da metà degli anni Novanta registra una autentica stagnazione della produttività, sembra davvero una “opportunità imperdibile” per non incorrere nel terribile anatema di Cent’anni di solitudine.

Il Piano, come richiesto dal Reg. (UE) 2021/241 e dalle Guidelines della Commissione sulla formulazione dei PNRR, fondamentalmente verte su due grandi azioni di politica economica:
• le riforme;
• gli investimenti.

Il piano di investimenti, coerentemente con l’art. 3 del Reg. (UE) 2021/241 che delinea i 6 “pilastri” (aree di intervento di competenza europea) su cui concentrare le risorse, è articolato in 6 Missioni, a loro volta articolate in 16 “componenti” totali.
Il piano di investimenti, inoltre, individua tre obiettivi orizzontali di coesione – inter-generazionale (giovani), di genere (donne) e territoriale (Sud) – e prevede una riserva di contributi finanziari di almeno il 40% per gli investimenti nel Mezzogiorno. [2]

Per certi versi è ancora più importante il quadro delle riforme tratteggiato dal PNRR, sintetizzato nella Figura 1 che segue.

In merito preme evidenziare che, se da un lato è vero che il quadro strategico degli investimenti delineato dal PNRR del Governo in carica non si discosta molto da quello del precedente Governo (e non si sarebbe potuto fare diversamente, alla luce della congerie di vincoli alla formulazione dei PNRR inseriti nel Reg. (UE) 2021/241), dall’altro è evidente nel PNRR del Governo Draghi una maggiore attenzione per la valenza fondamentale delle riforme per la stessa riuscita del PNRR. [3]
A pagina 45 del PNRR si sottolinea che «le linee di investimento devono essere accompagnate da una strategia di riforme orientata a migliorare le condizioni regolatorie e ordinamentali di contesto e a incrementare stabilmente l’equità, l’efficienza e la competitività del Paese. In questo senso le riforme devono considerarsi, allo stesso tempo, parte integrante dei piani nazionali e catalizzatori della loro attuazione».
Mutatis mutandis lo stesso si potrebbe dire anche per i Programmi Operativi cofinanziati dai Fondi Strutturali. È ben noto, infatti, che sin dalla loro riforma del 1988, essi non sono stati concepiti dalle Istituzioni dell’UE solo per sostenere gli investimenti delle regioni in maggiore ritardo di sviluppo, ma anche per:
• facilitare il consolidamento di condizioni normative e di policy funzionali alla catalizzazione degli impatti socio-economici;
• migliorare la capacità di gestione degli interventi e le prassi amministrative a tutti i livelli di governo (anche e soprattutto nelle regioni con sistemi amministrativi meno performanti). [4]

Le condizioni abilitanti dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali

Anche per il periodo di programmazione 2021-2027 la normativa sui Fondi Strutturali conferma l’importanza delle clausole condizionali per la good governance e l’efficacia dei nuovi Programmi Operativi.
La proposta di regolamento sulle disposizioni comuni approvata il 3 Marzo scorso (la cui base di partenza è la Comunicazione della Commissione COM(2018) 375) le ha ridenominate “condizioni abilitanti” (erano denominate “condizionalità ex ante” nel Reg. (UE) 2013/1303 recante le “disposizioni comuni” per il periodo 2014-2020). [5]
Le condizioni abilitanti sono state ridotte di numero, ma per il resto vengono confermate:
• la loro suddivisione in condizioni abilitanti “orizzontali” (disposizioni normative e regolatorie che valgono per un intero Programma Operativo, ossia per tutti gli Obiettivi di Policy) e in condizioni abilitanti “verticali”, che si applicano a livello di Obiettivi di Policy e Obiettivi Specifici (si vedano l’art. 11 della proposta di regolamento generale sulle “disposizioni comuni” e l’Allegato III e l’Allegato IV alla proposta stessa); [6]
• la possibilità che la Commissione, qualora non si assicuri il rispetto delle condizionalità per l’intero periodo, possa decidere di sospendere del tutto o in parte i pagamenti intermedi.

Le clausole condizionali dei Fondi Strutturali, pertanto, sono ampiamente coerenti con le riforme previste dal PNRR del Governo Draghi e, soprattutto, sono molto più dettagliate e cogenti (questo vale, in particolare, per quelle “verticali”). Infatti,
• gli Stati devono dimostrare il rispetto criteri di adempimento delle condizioni abilitanti al momento dell’approvazione dei Programmi Operativi o, in tempi ragionevoli, dare contezza dell’avvenuto rispetto dei criteri, pena il blocco dei pagamenti;
• il rispetto dei criteri di adempimento deve essere assicurato per l’intero periodo di programmazione.

Desta una certa sorpresa, pertanto, l’enfasi di molti osservatori sui vincoli eccessivi che gravano sul PNRR e sull’importanza rivestita al suo interno dalle riforme.
La centralità delle riforme nell’ambito del PNRR, come spiegato brevemente nel paragrafo precedente, è innegabile. Tuttavia, nell’attesa che le Istituzioni dell’UE chiariscano meglio i nessi fra attuazione delle riforme e pagamenti (se del caso con degli Atti delegati della Commissione), al momento va tenuto ben presente che vincoli normativi e clausole condizionali nell’ambito dei Fondi Strutturali hanno un peso ancor più elevato.

Si chiude il post con due altre considerazioni inerente all’opportunità di lavorare in parallelo al quadro di dettaglio delle riforme del PNRR e all’assolvimento dei criteri di adempimento delle condizioni abilitanti dei Fondi Strutturali:
• ampia parte delle condizioni abilitanti “orizzontali” dei Fondi sono assolutamente compatibili con quelle del PNRR (il caso più eclatante è quello inerente alla necessità di semplificare la normativa sugli appalti pubblici, in primo luogo estendendo a tutto il 2023 i principali provvedimenti di semplificazione introdotti con il DL. 76/2020 – “decreto semplificazioni” – convertito con L. 120/2020, per ora validi in via temporanea fino al 31.12.2021);
• i criteri di adempimento delle condizioni abilitanti “verticali” (che si applicano a livello di Obiettivi di Policy e di Obiettivi Specifici) possono assolutamente fornire una base operativa per le riforme settoriali da portare avanti con il PNRR.
In merito a quest’ultimo punto, già nel post del 20.12.2020 si era rimarcato che le condizioni abilitanti per l’Obiettivo Specifico 4 dei Fondi “per la coesione” 2021-2027 – Obiettivo Specifico su cui interviene direttamente FSE Plus ed indirettamente il FESR – prevedono l’esistenza e/o il rafforzamento di:
• un Quadro politico strategico per le politiche attive del mercato del lavoro;
• un Quadro strategico nazionale in materia di parità di genere;
• un Quadro politico strategico per il sistema d’istruzione e formazione a tutti i livelli;
• un Quadro politico strategico nazionale per l’inclusione sociale e la riduzione della povertà;
• una Strategia nazionale per l’integrazione dei rom;
• un Quadro politico strategico per la sanità.

Come si pone in evidenza nella Figura 2, la validità di piani di azione inerenti agli ambiti di intervento di cui sopra è estremamente importante anche per l’efficiente implementazione e l’efficacia della Missione 4 “Istruzione e ricerca” del PNRR, della Missione 5 “Inclusione sociale” (con particolare riguardo alle “componenti” M5C1 Politiche per il lavoro e M5C2 Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore) e della Missione 6 “Salute”.

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Immagine ex Pixabay

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[1] Le considerazioni sviluppate in questo post si basano sull’analisi della versione del PNRR trasmessa ai due rami del Parlamento il 25 Aprile.
Sulla genesi di NGEU e del Recovery and Resilience Facility si rimanda a: BONETTI A. (2021), Next Generation EU e i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza, Centro Studi FUNDS FOR REFORMS LAB, Policy Brief 1/2021, 2.02.2021; SERVIZIO STUDI DEL SENATO (2021), Il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza, 11.02.2021.
[2] Il PNRR del Governo Draghi viene imperniato sulle seguenti sei Missioni (ambiti di policy):
1. Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura (50,07 miliardi di Euro complessivi), che include tre “componenti” (cluster);
2. Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica (69,96 miliardi), che include quattro “componenti”;
3. Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile (31,46 miliardi), che include due “componenti”;
4. Istruzione e Ricerca (33,81 miliardi), che include due “componenti”;
5. Inclusione e Coesione (29,62 miliardi), che include tre “componenti”;
6. Salute (20,22 miliardi), che include due “componenti”.
[3] La formulazione dei PNRR è condizionata al rispetto di molteplici vincoli riconducibili al Reg. (UE) 2021/241 e non solo, come sintetizza la Figura 3.

[4] Su questi aspetti è assolutamente un must-read un contributo del 2011 di GianPaolo Manzella. Cfr. MANZELLA G.P.; Una politica influente. Vicende, dinamiche e prospettive della politica regionale europea; Il Mulino, Bologna, 2011.
[5] La normativa sui Fondi Strutturali, fondamentalmente, verte su:
• un Regolamento sulle Disposizioni Comuni (RDC);
• un Regolamento verticale sui ciascuno dei Fondi;
• un Regolamento sull’Obiettivo “Cooperazione Territoriale Europea”;
• diversi Atti di esecuzione della Commissione che specificano meglio alcuni vincoli normativi e definiscono meglio procedure di monitoraggio, rendicontazione delle spese e controllo.
La proposta di RDC approvata il 3 Marzo scorso si può considerare definitiva e se ne attende solo la pubblicazione sulla GUUE.
Diversamente dal passato ha una portata più ampia e meno focalizzata strettamente sulla politica di coesione, dal momento che copre otto diversi Fondi “a gestione concorrente”.
Infatti, come si evince dalla Figura 4, non disciplina solo i Fondi tradizionali della politica di coesione (FESR, Fondo di Coesione ed FSE, ribattezzato FSE Plus per il periodo 2021-2027), ma anche il FEAMPA (Fondo Europeo per le Attività Marittime, la Pesca e l’Acquacoltura); il Just Transition Fund (JTF) – uno strumento di finanziamento ad hoc varato nell’ambito del Piano di investimenti per il “Green Deal europeo” – ed altri Fondi “a gestione concorrente” volti a governare meglio la politica migratoria e la gestione dei richiedenti asilo e protezione umanitaria (il Fondo Asilo e migrazione; lo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti e il Fondo per la Sicurezza interna).

[6] Com’è ormai ampiamente noto la formulazione dei PO nel periodo 2021-2027 sarà imperniata sui 5 seguenti Obiettivi di Policy (OP):
• Un’Europa più competitiva a e più intelligente (A smarter Europe);
• Un’Europa più verde e a basse emissioni di carbonio attraverso la promozione di una transizione verso l’obiettivo della neutralità climatica nel 2050 (A greener Europe);
• Un’Europa più connessa attraverso il rafforzamento della mobilità e della connettività regionale alle TIC (A more connected Europe);
• Un’Europa più sociale e inclusiva attraverso l’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali (A more social and inclusive Europe);
• Un’Europa più vicina ai cittadini attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato di ogni tipo di territorio e delle iniziative locali (A Europe closer to citizens).
Gli OP (indicati anche come Obiettivi Strategici) sono a loro volta articolati in più Obiettivi Specifici (OS).
Le condizioni abilitanti orizzontali sono:
• Efficaci meccanismi di controllo del mercato degli appalti pubblici
• Strumenti e capacità per un’efficace applicazione delle norme in materia di Aiuti di Stato
• Effettiva applicazione e attuazione della Carta dei diritti fondamentali dell’UE
• Attuazione e applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD) conformemente alla decisione 2010/48/CE del Consiglio.
Le condizioni abilitanti verticali sono previste per quattro dei cinque Obiettivi di Policy dei Fondi “per la coesione”. Solo per l’Obiettivo di Policy 5 non vi sono condizioni abilitanti da rispettare.

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