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L’impatto dei Piani di Sviluppo Locale bottom up. L’importanza degli “effetti di apprendimento”

‘The monkey sat on a pile of stones and he stared at the broken bone in his hand.
And the strains of a Viennese quartet rang out across the land’.
Roger WATERS – Perfect sense, Part I (“Amused to death”, 1992, Track #2)

Nel periodo di programmazione 2014-2020 delle politiche strutturali dell’UE la progettazione integrata territoriale (indicata come “sviluppo locale di tipo partecipativo” nell’art. 32 del Regolamento (UE) N. 1303/2013 sui Fondi Strutturali e di Investimento Europei – Fondi SIE) è stata confermata quale uno dei tratti distintivi di tali politiche.

Gli strumenti di intervento a sostegno della progettazione integrata nella programmazione 2014-2020 sono:

  • il Community Led Local Development (CLLD), che scaturisce direttamente dallo strumento/approccio LEADER, ampiamente consolidatosi nelle aree rurali. Lo strumento CLLD/LEADER è disciplinato dagli artt. 32-35 del Regolamento (UE) N. 1303/2013 (il Regolamento generale sui Fondi SIE) e dagli art. 42-44 del Reg. (UE) N. 1305/2013 sulle politiche di sviluppo rurale; [1]
  • gli Integrated Territorial Investments (ITIs), ex art. 36 del Regolamento generale sui Fondi SIE.

Lo strumento Community Led Local Development ricalca fedelmente i sette principi del metodo LEADER.
L’approccio LEADER, attuato come Programma di Iniziativa Comunitaria sin dal 1991, continua ad essere, infatti, il “metodo” di riferimento per la formulazione di strategie di viluppo locale integrate informate a principi di democrazia partecipativa (approccio partecipativo “bottom up”). [2]

Tutte le strategie di “sviluppo locale di tipo partecipativo” (in genere indicate come Piani di Sviluppo Locale – PSL), quale che sia la loro fonte di finanziamento, negli ultimi due decenni sono state condizionate in misura crescente dai sette principi del metodo LEADER (strategie di sviluppo place-based, approccio bottom up, partenariati pubblici privati, azioni integrate, innovazione, cooperazione, networking). Questi sette principi conferiscono all’approccio LEADER/CLLD il crisma non solo di un metodo di formulazione di strategie di sviluppo territorialmente integrate, ma anche di autentico strumento di capacity building finalizzato a rafforzare i sistemi di governance locale, i processi decisionali pubblici e a favorire un migliore coinvolgimento nella definizione delle politiche pubbliche di tutti gli stakeholder locali.
Questi sette principi concorrono parimenti, più in generale, a potenziare la dotazione di capitale sociale delle aree geografiche interessate dei PSL.

Cerco di esplicitare meglio questa posizione ricordando che gli analisti delle politiche pubbliche, in genere, concordano sull’articolazione del ciclo di formulazione delle politiche pubbliche in tre fasi:
definizione dell’agenda di policy (definizione dei problemi da risolvere e delle scelte pubbliche per affrontarli);
decision making (fase in cui le scelte pubbliche vengono ufficialmente adottate tramite processi deliberativi formali);
implementazione (e monitoraggio e valutazione per apprendere dall’esperienza e migliorare successivamente le scelte pubbliche). [3]

I PSL informati all’approccio LEADER/CLLD, quali strumenti di capacity building, incidono, in particolare, sulle prime due fasi di agenda setting e di decision making.

L’impatto dei PSL, quale che sia il loro disegno strategico e gli strumenti di policy utilizzati, come illustrato nel Grafico 1, si può articolare su tre livelli:
impatto sul comportamento di tutti gli operatori (sia quelli pubblici, sia quelli privati). Gli “effetti di apprendimento” che interessano i processi decisionali pubblici – ‘governance dimension’ dei PSL – dovrebbero comportare tanto il miglioramento dei sistemi di governance locale (miglioramento dei rapporti fra i vari decisori pubblici coinvolti e dei rapporti di questi con gli Enti sovra-ordinati e con i portatori di interesse privati), quanto quello dei processi di formulazione e implementazione delle politiche pubbliche;
potenziamento della dotazione del “capitale sociale” su scala locale. Questo, peraltro, ha un effetto catalizzatore non solo sulle ricadute socio-economiche dei PSL, ma anche sugli stessi processi di apprendimento presso gli stakeholder locali;
impatti economici sui territori interessati. [4]

Graf. 1 – L’importanza degli “effetti di apprendimento” prodotti dall’approccio CLLD/LEADER

L’impatto sulle dinamiche di sviluppo delle aree geografiche interessate viene a dipendere da:
• efficacia ed impatto dei singoli progetti finanziati;
• efficacia ed impatto generali del PSL nel suo complesso;
• effetti statici e dinamici di processi di agglomerazione su scala locale (economie di agglomerazione);
• miglioramento del contesto competitivo locale (grazie a migliori processi di governance, al coinvolgimento di tutti gli stakeholder, alla accresciuta dotazione di capitale sociale e alla più fluida circolazione di in formazioni). [5]

La valutazione dell’impatto dei PSL, quindi, concerne sia l’impatto sui processi di formulazione delle politiche pubbliche, sia quello sul sistema socio-economico locale (e quest’ultimo viene ampiamente a dipendere dall’efficacia dei processi di apprendimento presso i decisori pubblici locali e gli operatori privati).

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Immagine ex Pixabay

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[1] L’acronimo LEADER sta per “Liasons Entre Actions de Developpement de l’Economie Rurale”.
Gli elementi caratterizzanti dell’approccio LEADER (sette principi del LEADER, confermati anche per il CLLD) sono:
• la marcata concentrazione territoriale (su scala sub-regionale) delle strategie di sviluppo;
• il partenariato fra operatori pubblici e privati. Il metodo LEADER prevede che la gestione delle strategie sia delegata a dei Gruppi di Azione Locale (GAL), a cui possono aderire soggetti privati e pubblici (empowering su base paritaria di tutti i portatori di interesse);
• approccio bottom up. Sono elementi costitutivi la promozione della partecipazione dal basso dei cittadini (il che incrementa il senso di ownership delle strategie di sviluppo) e di una maggiore accountability delle politiche pubbliche (i cittadini, localmente, potranno monitorare più facilmente attuazione e risultati degli interventi finanziati);
• una strategia multisettoriale integrata volta a valorizzare assets territoriali (dotazioni specifiche materiali e immateriali dei territori interessati) e competenze locali;
• la promozione dell’innovazione a livello locale (innovazione intesa come capacità di individuare soluzioni innovative per le problematiche delle aree servite);
• la cooperazione (all’interno dei territori) e, soprattutto, fra diversi territori che attuano strategie di sviluppo bottom up;
• creazione di network (creazione di reti inter-territoriali tra diversi GAL, anche attraverso la sperimentazione di specifici interventi di cooperazione inter-territoriale).
La letteratura sull’approccio LEADER è davvero molto vasta. Fra i tanti contributi, mi sia consentito rimandare a uno elaborato dallo scrivente nel 2017: Bonetti A.; Lo sviluppo locale di tipo partecipativo nella programmazione 2014-2020: dall’approccio bottom up allo sviluppo locale condiviso, Centro Studi FUNDS FOR REFORMS LAB; Working Paper 1/2017, giugno 2017.
[2] Nella programmazione 2014-2020 del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR), l’approccio LEADER viene attuato tramite la Misura 19 dei Programmi di Sviluppo Rurale (PSR) e sostiene direttamente gli obiettivi di coesione territoriale indicati dalla Priorità 6 dei PSR e, più specificamente, dalla Focus Area 6b “Stimolare lo sviluppo locale nelle zone rurali”.
[3] Per una spiegazione molto chiara delle principali fasi del policy-making, si veda: Lippi A., La valutazione delle politiche pubbliche, IlMulino, Bologna, 2007.
[4] La fondatezza di questa posizione viene confermata in un rapporto di valutazione delle strategie territoriali integrate nel periodo 2014-2020 pubblicato dalla Commissione a fine 2017, a cui hanno collaborato dei ricercatori dello European Policies Research Centre della University of Strathclyde di Glasgow, coordinati dal professor John Bachtler (‘Integrated territorial and urban strategies: how are ESIF adding value in 2014-2020’).
In questo rapporto di valutazione la Commissione rimarca che le strategie territoriali integrate di tipo partecipativo vertono su almeno quattro dimensioni che si sovrappongono:
• Dimensione economico territoriale;
• Dimensione integrata (approccio multi-settoriale e integrazione degli interventi di policy);
• Migliore circolazione delle informazioni e della conoscenza e processi di apprendimento (knowledge integration);
Governance dimension.
[5] L’importanza delle economie di agglomerazione che derivano dagli investimenti fisici ammessi a beneficio per l’innesco di processi di sviluppo locale auto-propulsivi è stata ribadita in un contributo, pubblicato poche settimane fa, di Rodríguez-Pose e Wikie (Rodríguez-Pose A., Wikie C., Strategies of gain and strategies of waste: what determines the success of development interventions?, August 2018; https://doi.org/10.1016/j.progress.2018.07.001).
L’economista Andrés Rodríguez-Pose è uno dei maggiori cultori dell’approccio ‘place-based discusso nell’ultimo post del 20.08.2018 “Il dibattito sull’approccio place-based alle politiche strutturali di sviluppo”.

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