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Alcune considerazioni sulla progettazione integrata territoriale nella politica di coesione 2021-2027

Queste riflessioni muovono dall’oggetto di un interessante convegno che si terrà il prossimo 9 maggio a Roma, organizzato da ANCI e Fondazione IFEL, dal titolo “Quali politiche per l’Europa delle città e dei territori?”.
Il convegno, in sostanza, intende investigare sulla rilevanza dell’agenda urbana europea e delle altre politiche territoriali integrate nella programmazione dei Fondi Strutturali post 2020.
Questo convegno sarà anche utile per capire meglio quanto gli accordi già raggiunti nel corso del negoziato si possono considerare robusti rispetto ai nuovi equilibri politici ed istituzionali che emergeranno a seguito delle elezioni europee (che si terranno in tutta Europa fra il 23 e il 26 maggio). Infatti, sebbene Commissione, Parlamento Europeo e Consiglio abbiano già trovato un accordo su alcuni strumenti finanziari del bilancio pluriennale 2021-2027 dell’UE, appare poco plausibile che questi accordi possano permanere inalterati anche dopo che si insedieranno il nuovo Parlamento Europeo e la nuova Commissione.
Gli accordi già raggiunti finora in relazione alla politica di coesione 2021-2027 prevedono un forte rafforzamento della progettazione integrata territoriale.

Scalinata

Immagine ex Pixabay

Questo rafforzamento è il portato soprattutto delle richieste di emendamento del Parlamento Europeo ai testi regolamentari proposti inizialmente dalla Commissione.
In relazione alle proposte di regolamento iniziali, infatti, era stata rimarcata l’importanza dell’introduzione nel novero dei 5 Obiettivi Strategici della nuova programmazione di un Obiettivo Strategico trasversale così denominato: “un’Europa più vicina ai cittadini, promuovendo lo sviluppo integrato di aree urbane, aree costali e delle iniziative di sviluppo”. [1] Inoltre, le proposte iniziali hanno confermato la previsione di una riserva nell’allocazione delle risorse del FESR per le strategie di sviluppo territoriale integrate (si veda l’art. 9). [2]

In questo nuovo obiettivo trasversale, secondo molti osservatori, si possono rintracciare evidenti indizi di una chiara intenzione della Commissione di rilanciare l’approccio place-based delle politiche strutturali e le strategie di sviluppo integrato dei territori informate a logiche bottom up.
A mio modesto avviso, invece, la posizione della Commissione era molto conservativa ed anzi si potevano avanzare varie riserve in relazione ad alcuni aspetti critici del quadro complessivo delle politiche strutturali di sviluppo delineato dalla Commissione, fra i quali spiccano:
• la separazione fra Fondi Strutturali 2021-2027 e Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR), che è il fondo dell’UE che, intervenendo a sostegno dello sviluppo rurale, è maggiormente caratterizzato da una marcata finalizzazione “territoriale” e non settoriale degli interventi;
• il rischio di una ulteriore divaricazione del peso – strategico e finanziario – degli interventi di sostegno alle aree urbane e di quelli concentrati sulle aree rurali. Esaminando con cura le proposte regolamentari iniziali della Commissione, in vero, era evidente che queste prevedessero solo un rafforzamento degli interventi a sostegno delle città. Inoltre, anche se il negoziato sugli interventi della PAC nella nuova programmazione sembra confermare il ruolo strategico dell’approccio LEADER negli interventi per lo sviluppo rurale, non va dimenticato che la proposta di regolamento inerente ai “piani strategici” della PAC 2021-2027 (si veda la COM(2018) 392 della Commissione) richiama l’approccio LEADER solo nell’art. 71, dove vengono puntualmente indicate le azioni di cooperazione che verranno finanziate dal FEASR. Quindi, il LEADER perderà il rango di intervento autonomo – attuale Misura 19 dei Programmi di Sviluppo Rurale regionali – e diverrà una delle forme di intervento della nuova “misura” Cooperazione [3];
• la necessità di raccordare meglio gli interventi a sostegno delle città e di quelli per le aree rurali contermini e di migliorare parimenti la finalizzazione degli interventi per le città e per i territori su aree “funzionali” e non su aree meramente “amministrative”. [4]

Su ciascuno di questi elementi critici è intervenuto in modo molto lungimirante il Parlamento Europeo, per cui il testo di compromesso sulla politica di coesione su cui si sta ragionando dopo la seduta del Parlamento del 13 febbraio scorso è un testo molto più orientato a rafforzare davvero la progettazione integrata territoriale. Inoltre, è maggiormente sottolineata la necessità di tenere adeguatamente conto delle caratteristiche proprie dei vari territori europei.
Nello specifico si segnalano come particolarmente rilevanti i seguenti emendamenti del Parlamento Europeo:
la reintroduzione del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) fra gli strumenti a sostegno delle politiche strutturali di sviluppo disciplinate dal corpus legislativo della politica di coesione 2021-2027;
l’ampliamento delle possibili forme di intervento degli interventi territorialmente integrati. La proposta di regolamento della Commissione indica tre forme di intervento: (i) gli Interventi Territoriali Integrati (ITI); (ii) i Community Led Local Development (CLLD); (iii) un altro strumento territoriale (fra quelli già sperimentati da ciascun Stato Membro) per sostenere l’Obiettivo Strategico orizzontale “un’Europa più vicina ai cittadini” (si veda l’art. 23 della proposta di regolamento generale sulla politica di coesione). Il testo di compromesso approvato dalla plenaria del Parlamento Europeo del 13 febbraio scorso, oltre a confermare questi strumenti, richiede di attivare nuovamente due opzioni già disponibili nella programmazione in corso per l’attuazione degli interventi nelle aree urbane, ossia: (i) un Programma dedicato; (ii) un Asse prioritario specifico nell’ambito dei Programmi Operativi;
il rafforzamento sia della c.d. “agenda urbana”, sia degli interventi integrati a sostegno delle aree rurali (in particolare nel caso delle aree interne più svantaggiate). In relazione alla c.d. “agenda urbana” il Parlamento ha richiesto di elevare la riserva della dotazione complessiva del FESR dal 6% al 10%. Inoltre, ha richiesto di concentrare gli interventi su “aree urbane funzionali”. L’emendamento più significativo, tuttavia, concerne gli interventi integrati nelle aree rurali, dal momento che il Parlamento Europeo ha rimarcato l’importanza di uno sviluppo policentrico di tutti i territori dell’UE, richiedendo di introdurre una riserva della dotazione FESR anche per interventi nelle aree rurali (il Parlamento ha richiesto che il 5% della dotazione FESR di ciascun Stato sia destinata all’attuazione di strategie di sviluppo locale in aree non urbane e che una percentuale minima del 17,5% di tale riserva sia destinata alle aree e comunità rurali). Il Parlamento ha richiesto parimenti una più decisa attuazione dell’Iniziativa europea “Small villages pensata segnatamente per le aree rurali e per i piccoli centri a rischio di spopolamento. [5]

Sono questi i motivi per cui sarà molto importante capire, nel corso del convegno citato all’inizio e nelle prossime settimane, in che misura questi condivisibili emendamenti approvati dalla plenaria del 13 febbraio scorso del Parlamento Europeo continueranno a rappresentare una solida base negoziale anche dopo le elezioni europee di fine maggio.

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[1] La proposta di regolamento sul FESR 2021-2027, a fianco di questo Obiettivo Strategico trasversale, colloca i due seguenti obiettivi specifici: (i) “promuovere lo sviluppo ambientale, economico e sociale integrato, il patrimonio culturale e la sicurezza nelle aree urbane”; (ii) “promuovere lo sviluppo sociale, economico e ambientale integrato a livello locale, il patrimonio culturale e la sicurezza, anche per le aree rurali e costiere, tra l’altro mediante iniziative di sviluppo locale di tipo partecipativo” (v. art. 2).
[2] Si consultino la Comunicazione COM (2018) 375 della Commissione che propone una disciplina comune per sette diversi fondi della programmazione 2021-2027 (più o meno riconducibili alla politica di coesione della UE), fra cui il FESR e il FSE e la Comunicazione COM (2018) 372 della Commissione che reca la proposta inerente al FESR e al Fondo di Coesione.
Per una valutazione critica delle proposte di regolamento della Commissione si veda: Bonetti A., Riflessioni preliminari sull’architettura strategica dei Fondi Strutturali nella programmazione 2021-2027, Centro Studi Funds for Reforms Lab, Settembre 2018.
[3] L’art. 64 della proposta di regolamento iniziale sui “piani strategici” della PAC indica 8 “tipi di intervento” (“misure”) per lo sviluppo rurale, fra cui Cooperazione (attuale Misura 16 dei Programmi di Sviluppo Rurale). La nuova “misura” Cooperazione viene disciplinata dall’art. 71 della proposta di regolamento in questione, che al comma 1 annovera fra gli interventi di cooperazione: (i) i progetti dei Gruppi Operativi dei PEI “agricoli” (dove l’acronimo PEI sta per Partenariati Europei per l’Innovazione); (ii) l’iniziativa LEADER; (iii) i regimi di qualità; (iv) le organizzazioni di produttori (o “gruppi di produttori”); (v) altre forme di cooperazione. L’iniziativa LEADER, quindi, viene de facto ridimensionata a una forma di cooperazione.
[4] Sulla dimensione “funzionale” delle ripartizioni territoriali e sui legami sempre più articolati fra città e aree rurali vi è sempre stata grande attenzione da parte del Parlamento Europeo. In merito al tema “rural-urban gap” si veda il contributo del Servizio di ricerca del Parlamento Europeo (EPRS) “Bridging the Urban-Rural divide. Rural-Urban partnerships in the EU”, che richiama anche le indicazioni di un precedente studio dell’OCSE del 2013: OECD (2013), Rural-Urban Partnerships. An integrated approach to economic development, OECD Publishing, Paris.
[5] Molti osservatori italiani, esaminando questo ultimo emendamento, vi hanno scorso un riconoscimento a livello europeo della validità concettuale della c.d. “Strategia Nazionale per le Aree Interne” (SNAI), che è stata attuata in questi anni per garantire un rafforzamento delle condizioni strutturali di sviluppo delle socio-economiche anche delle aree territoriali nazionali più svantaggiate (“aree interne”). Sull’attuazione della SNAI si veda la recente “Relazione annuale sulla Strategia Nazionale per le Aree Interne” (che fotografa lo stato di attuazione al 31.12.2018).

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