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Il contributo dei Social Impact Bonds al contenimento della spesa pubblica

‘The time has come to accept in our hearts and minds
that freedom comes with responsibility’
Nelson Mandela [1]

Il dibattito sulla valutazione dei Social Impact Bonds (SIBs), come accennavo nel post “Alcune note sull’importanza della valutazione dei Social Impact Bonds” (30.06.2018) sta trascurando l’importanza dei SIBs quale vettore di innovazione nelle politiche pubbliche e strumento di contenimento della spesa della Pubblica Amministrazione (PA).

L’applicazione di metodi di analisi contro-fattuale alla valutazione dell’impatto dei SIBs è particolarmente ostica, a causa sia della loro complessità, sia della difficoltà di applicare metodi quasi -sperimentali allo studio degli effetti sui individui particolarmente problematici (vedi il precedente post “Alcune rilevanti criticità metodologiche del disegno di valutazione dei Social Impact Bonds”). Ciò detto, in un contesto quale italiano in cui continua a manifestarsi una certa ritrosia della PA a valutare costantemente e in modo rigoroso le politiche pubbliche, va attribuito il dovuto peso alla spinta che questi strumenti danno al radicamento di una cultura della valutazione degli effetti dell’intervento pubblico.
Come ha rimarcato Montesi (Human Foundation) in un breve articolo su Vita, ‹‹sarebbe naïf nutrire l’aspettativa che il SIB, in quanto tale, riduca i problemi sociali, quando la finalità è quella di avere uno strumento utile per sviluppare modelli di intervento più efficaci ed efficienti, e stimolare maggiore attenzione rispetto all’evidenza d’impatto nei meccanismi di finanziamento ed erogazione dei servizi sociali››. [2]

Nelson Mandela (1918 - 2013) - Immagine ex Piaxabay

Nelson Mandela (1918 – 2013) – Immagine ex Piaxabay

I SIBs, inoltre, costituiscono per la PA un importante driver di innovazione dei modelli di intervento, in quanto sia le particolari aspettative degli investitori privati “orientati all’utilità sociale”, sia il loro stesso modello finanziario tendono a stimolare l’innovazione e l’efficienza. La PA che esternalizza i servizi sostenuti dai SIBs assume un impegno a ripagare i capitali iniziali solamente se vengono raggiunti gli impatti. E questi, a loro volta, sono tanto più facilmente raggiungibili quanto più si applicano schemi di intervento innovativi e fortemente focalizzati sulle esigenze specifiche dei beneficiari. Pertanto, tutti sono stimolati ad essere più efficienti e più orientati al raggiungimento di obiettivi di benessere sociale, piuttosto che al mero conseguimento di target di utilizzo dei fondi pubblici stanziati (come, purtroppo, accade ad esempio nel caso delle sovvenzioni concesse attraverso i fondi europei). [3]

Infine, va rimarcato l’aspetto più importante: i SIBs, in genere, sono fondati su un approccio preventivo alle problematiche sociali. Se in una prima fase, considerate le condizioni di particolare disagio sociale dei beneficiari, si lavora soprattutto sul “recupero” di questi individui, poi, in genere, il progetto finanziato dai SIBs si snoda come un mosaico di interventi di sostegno volti a recidere alla radice le cause delle condizioni di disagio ed emarginazione sociale. Questo sia in quanto operando in tal modo si ottengono impatti più rilevanti e più sostenibili, sia in quanto gli interventi preventivi, generalmente, impattano meno sulla fiscalità generale di quelli curativi.
Specialmente i primi progetti pilota nei paesi anglosassoni hanno chiaramente evidenziato l’importanza di utilizzare i SIBs per finanziare progetti sociali “preventivi”. Questo sia per contrastare in modo più efficace determinate problematiche sociali, sia per conseguire i desiderati risparmi di finanza pubblica.
Questi risparmi di spesa pubblica, infatti, deriverebbero sia dalla capacità di prevenire e lenire dei problemi sociali prima che diventino problemi cronici e, quindi, maggiormente onerosi, sia dalla maggiore qualità ed efficacia degli interventi finanziati.
E’ proprio il risparmio di spesa che i SIBs dovrebbero garantire finanziando degli interventi preventivi, il vero punto di forza specifico di questo strumento, come spiegava con grande efficacia The Economist in un articolo dell’edizione del 23 Febbraio 2013 in cui veniva presentato il primo progetto finanziato con i SIBs dalla Greater London Authority (GLA), finalizzato a recuperare alla vita sociale degli homeless della capitale inglese. Inoltre, la stessa clausola “pay-for-success dovrebbe garantire una maggiore attenzione anche all’efficienza dei progetti, oltre che al loro impatto sociale. [4]

In estrema sintesi, i SIBs possono favorire il contenimento della pressione fiscale per tre ordini di motivi:
• questi interventi, in sostanza, nella fase iniziale comportano un aggravio di spesa pubblica più ridotto rispetto a quelli convenzionali, in quanto sono in grado di coinvolgere nel finanziamento degli investitori “orientati all’utilità sociale”, che si attengono a logiche di investimento quasi filantropiche;
• si caratterizzano per dei meccanismi di gestione e di rimborso degli investitori che premiano efficacia ed efficienza operativa;
• sono orientati ad affrontare determinate problematiche sociali in una prospettiva preventiva e comporteranno un aggravio di spesa (per ripagare investitori e organizzazioni “service provider”) se e solo se produrranno un impatto sociale.

Con riferimento all’ultimo punto preme evidenziare che se, come accaduto fin qui, il modello dei SIBs viene applicato in via elettiva per sperimentare nuovi servizi preventivi per gruppi target fortemente soggetti a “recidiva” (ex tossicodipendenti, ex carcerati, senza fissa dimora, alcolisti…), si possono conseguire dei forti risparmi di spesa, a condizione, ovviamente, che i progetti siano realmente efficaci. Invero, se i progetti sono efficaci, di conseguenza, non si rendono necessari interventi correttivi di problemi e devianze sociali che possono facilmente interessare di nuovo, nel tempo, individui particolarmente “problematici”.
In genere, gli interventi “curativi” – sovente da ripetere nel tempo – sui gruppi target appena richiamati, sono molto più costosi di ben calibrati interventi “preventivi”. [5] Questo, in linea teorica, significa che sarà lo stesso “impatto” dei progetti preventivi a: (i) da un lato creare le premesse affinchè ci sia comunque, più avanti, la disponibilità di finanza pubblica per ripagare gli investitori; (ii) dall’altro a creare un sufficiente risparmio di spesa pubblica nel corso del tempo, in quanto si implementano interventi preventivi e non curativi (che sono più costosi). Al termine del progetto, quindi, la spesa che il settore pubblico dovrà sostenere non dovrà essere alimentata da ulteriori aumenti del prelievo fiscale o dell’indebitamento e, quindi, sarà anche più facilmente “accettabile” dai contribuenti.
Gli stessi profili finanziari degli accordi sottesi a un SIBs, peraltro, si realizzano se e solo se vi sarà un impatto sociale, in quanto:
• i risparmi della spesa pubblica per affrontare problemi sociali cronici si potranno concretizzare solo a fronte dell’efficacia/impatto del progetto;
• il premio finanziario da ripagare agli investitori, al termine del progetto, è parimenti legato al suo impatto sociale. [6]

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[1] Un secolo fa (precisamente il 18 luglio 1918) nasceva in uno sperduto villaggio del Sud Africa Nelson Mandela, certamente uno dei più grandi “innovatori sociali” della storia.

Immagine ex Pixabay

Immagine ex Pixabay

[2] Cfr. Montesi F., I Social Impact Bond? L’obiettivo è stimolare l’innovazione, VITA Magazine – 19 Aprile 2017.
[3] Un progetto finanziato tramite SIBs dovrà produrre un impatto sociale significativo. Questa è la ratio di tali progetti, che porta a identificarli come strumenti “pay-for-success.
Come scrive magistralmente Pasi in un contributo pubblicato nel 2015 sul portale del progetto “Secondo Welfare, ‹‹un simile meccanismo poggia su un cambiamento importante rispetto le logiche negoziali classiche della pubblica amministrazione: la stazione appaltante (cioè il settore pubblico) si impegna a pagare solo a fronte di determinati outcomes e non appena sulla base di outputs (o peggio ancora inputs) certificati in una qualche maniera››.
Cfr. Pasi G., Saving cost bond: se la revisione della spesa diventa investimento sociale. Qualche osservazione sparsa sull’utilizzo dello strumento nel nostro Paese, SecondoWelfare, 28 Agosto 2015.

Su questi temi si veda anche: Mulgan G.; Finance for Impact: the case for transforming public finance to better support evidence, otucomes, engagement and innovation, NESTA Policy Paper, november 2015

[4] Cfr. The Economist, “Social-Impact-Bonds. Commerce and conscience, 23.02.2013. Nell’articolo di The Economist  si legge ‹‹the rough sleepers are frequent users of government services, including accident-and-emergency wards. Cutting their number should save the GLA enough money to fund payments to investors if goals are met. At a time when public spending is under pressure, the taxpayers stump up only if results are achieved.››
[5] Dal momento che i SIBs, in genere, finanziano interventi preventivi e che i risparmi di spesa per la PA maturano in un certo numero di anni, sarà opportuno:
• impostare la stima dei risparmi secondo l’approccio di capital budgeting e ricostruire la distribuzione temporale dei benefici monetari;
• attualizzare i risparmi di spesa pubblica secondo la tecnica del Discounted Cash Flow (DCF) e, in base al valore attualizzato dei “flussi di cassa”, stimare i principali indicatori di convenienza finanziaria.
Su queste tematiche, fra i tanti manuali in commercio si veda: Brealey R.A.; Myers S.C.; Allen F.; Sandri S.; Principi di Finanza aziendale. VII edizione, McGraw Hill Italia, Milano, 2015.

[6] Alcuni di questi temi verranno spiegati meglio nell’ambito del corso “Partenariati pubblici privati, impact investing e nuovi modelli di finanziamento della Pubblica Amministrazione” che avrò il piacere di tenere per il CEIDA in autunno (Roma, 23 e 24 ottobre p.v.).

 

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