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I Fondi europei che sostengono processi di capacity building della PA

«adesso non voglio discutere se ciò che si è fatto è stato male o bene […]
non importa far bene o far male […] il peccato è semplicemente quello di ‘fare’»
Don Fabrizio, principe di Salina (tratto da ‘Il Gattopardo’) [1]

La funzione di capacity building dei Fondi Strutturali e i ritardi di spesa nella programmazione 2014-2020

I Fondi Strutturali dell’UE (FESR e FSE) hanno sempre avuto, a mio parere, due funzioni fondamentali:
• finanziare interventi strutturali di sostegno allo sviluppo economico di quei territori (regioni di livello NUTS II) in maggiore ritardo di sviluppo;
• favorire azioni di capacity building a favore di tutte le Amministrazioni pubbliche europee (in primis quelle regionali) per consentire sia di migliorare la gestione dei Fondi Strutturali (e, più in generale, della finanza pubblica), sia di creare un corpus di pratiche amministrative comune a tutte le Pubbliche Amministrazioni europee (un autentico “diritto amministrativo europeo”). [2]

L’Italia è sempre stata uno degli Stati Membri che hanno beneficiato di una quota elevata dei Fondi Strutturali a causa dell’annosa questione meridionale. Le regioni del Mezzogiorno storico (in particolare le cinque che nella programmazione 2014-2020 dei Fondi sono collocate fra le regioni “meno sviluppate” dell’UE) sin dalla riforma del bilancio UE del 1988 hanno fruito di un montante di risorse finanziarie davvero ragguardevole. Ciò nonostante, queste regioni, a differenza, ad esempio, dei Länder orientali della Germania dopo la riunificazione, non hanno registrato processi di catching up rilevanti, come ha impietosamente ricordato la SVIMEZ lo scorso 1° agosto, presentando le “anticipazioni” del Rapporto SVMEZ 2018 sull’economia del Mezzogiorno. [3] Gli impatti economici dei Fondi Strutturali in Italia, quindi, mettono in discussione l’efficacia della loro prima funzione.
Purtroppo, i dati aggiornati al 31.12.2017 sull’avanzamento finanziario dei Programmi europei cofinanziati dai Fondi Strutturali e di Investimento Europeo (Fondi SIE) – di fonte Commissione Europea DG Regio, portale “cohesion open data – inevitabilmente mettono in discussione, per quanto concerne l’Italia, anche la seconda funzione. Il nostro Paese, anche nel periodo 2014-2020, registra al termine del IV anno di programmazione un preoccupante ritardo nell’attuazione dei 75 Programmi cofinanziati in Italia dai Fondi SIE:
• la capacità di impegno (rapporto in % fra impegni giuridicamente vincolanti e budget programmato) si attesta sul 46%;
• la capacità di spesa (rapporto in % fra pagamenti registrati e budget programmato) si attesta sul 9%. [4]

Stante la circostanza che per capire a fondo la questione bisognerebbe esaminare molteplici elementi di analisi, è certo che un così modesto avanzamento nell’attuazione di Programmi così importanti per lo sviluppo di aree del Paese a rischio di un ulteriore peggioramento delle condizioni strutturali di sviluppo, è indicativo di persistenti criticità nella gestione amministrativa di questi Programmi – e, più in generale, delle politiche pubbliche – che getta molte ombre sull’efficacia della funzione di capacity building dei Fondi SIE. [5]

Fra l’altro, come ho evidenziato nel Policy Brief del Centro Studi FUNDS FOR REFORMS LAB Le difficoltà di accesso dei piccoli Comuni del Lazio ai finanziamenti dell’UE”, sovente, specialmente a livello di Enti Locali, gli amministratori pubblici non sono neanche a conoscenza di diversi Fondi e altre iniziative di capacity building per la PA implementate tramite il bilancio dell’UE. Nel paragrafo successivo, pertanto, provo a proporre una panoramica su tali Fondi/iniziative.

I Fondi europei funzionali a dei processi di capacity building della PA

E’ abbastanza sorprendente che gli amministratori locali abbiano una modesta conoscenza di Fondi e iniziative dell’UE che sostengono processi di capacity building, in quanto la maggior parte di questi fanno riferimento alla “politica di coesione”, ossia la politica dell’UE più “vicina ai territori” (e quindi agli amministratori locali).
A mio modesto parere, infatti, si possono individuare tre cluster di Fondi/iniziative che sostengono (direttamente o indirettamente) processi di capacity building della PA, almeno due dei quali strettamente riconducibili alla “politica di coesione” (v. Figura 1).

Figura 1 – Fondi e Iniziative dell’UE per sostenere processi di capacity building

 

Il primo gruppo è costituito dai quattro strand della Sezione “Cooperazione Interregionale” dell’Obiettivo Cooperazione Territoriale Europea (CTE) della “politica di coesione” (v. Figura 2):
1. INTERREG EUROPE: è un autentico programma di capacity building a favore della PA, incentrato sulla formulazione di nuove forme di intervento e sullo scambio di buone pratiche in relazione alle politiche strutturali di sviluppo. INTERREG EUROPE (IE), infatti, ha:
• come target primario le autorità pubbliche per contribuire a migliorare in primis la formulazione e la gestione di strumenti di policy cofinanziati dai Fondi della “politica di coesione” (in altri termini, si configura come una sorta di assistenza tecnica a regioni e autorità locali per migliorare l’attuazione della politica regionale europea);
• come oggetto di analisi dei progetti ammessi a beneficio degli strumenti di policy cofinanziati dai Fondi SIE. In vero, in ciascun progetto finanziato, metà degli strumenti di policy che si intende rafforzare devono afferire a programmi cofinanziati dalla “politica di coesione” (v. Manuale operativo del Programma IE, p. 37). In questa luce, il Programma si configura come strumento di capacity building  complementare alle condizionalità ex ante di cui all’art. 19 e all’Allegato XI del Regolamento generale sui Fondi SIE. [6]
Il Programma, non a caso, è articolato in quattro Assi operativi, ciascuno direttamente riconducibili ai seguenti Obiettivi Tematici (OT) della “politica di coesione” 2014-2020 (ovviamente ripresi nell’Accordo di Partenariato nazionale):
• OT 1 – Ricerca e innovazione.
• OT 3 – Competitività delle PMI.
• OT 4 – Energia sostenibile e qualità della vita.
• OT 6 – Tutela dell’ambiente ed uso efficiente delle risorse (v. Figura 3).
2. INTERACT: è un programma di assistenza tecnica dei Programmi dell’Obiettivo CTE. Sostiene l’ideazione e lo scambio di buone pratiche inerenti la gestione e la rendicontazione dei Programmi di CTE e lo scambio di conoscenze sulla formulazione di progetti di sviluppo;
3. URBACT: è un programma di studio e trasferimento di conoscenze e buone pratiche fra città (autorità urbane) inerenti l’attuazione di strategie di sviluppo urbano sostenibile. URBACT, che era stato varato nel 2002, finanzia ricerche e progetti di trasferimento di conoscenza/buone pratiche e non investimenti o progetti pilota;
4. ESPON: è un autentico programma pluriennale di studio, avente come focus principale le analisi delle tendenze di sviluppo in relazione agli obiettivi della “politica di coesione” e di uno sviluppo armonioso del territorio dell’UE (agenda territoriale europea). Non è propriamente uno strumento di capacity building, ma fornisce la base scientifica per migliorare i processi di pianificazione territoriale in Europa. [7]

Figura 2 – L’Obiettivo Cooperazione Territoriale Europea della “politica di coesione” 2014-2020

Il secondo gruppo di interventi annovera tre strumenti funzionali all’attuazione dell’agenda urbana europea previsti dal Reg. (UE) 1301/2013 sul FESR (artt. 7-9) e un altro strumento – Urban Investment Support (URBIS) – varato più recentemente per migliorare la capacità di progettazione delle città europee per accedere ai finanziamenti del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS). [8]
Infine, nel terzo gruppo, a mio avviso si possono includere:
• il Programma Europa per i Cittadini. In vero anche questo Programma è volto, fondamentalmente, a favorire lo scambio di buone pratiche e la creazione di reti per la capitalizzazione di queste. Esso si articola in tre strand (v. Figura 4), il secondo dei quali “Impegno democratico e partecipazione civica” si articola in tre linee di finanziamento. Due di queste, per certi versi, si accavallano a quelle di URBACT (gemellaggio fra città e reti di città).
• Iniziative direttamente finalizzate a migliorare la capacità di gestione dei Fondi – coordinate dalla DG Regio della Commissione e anche dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) – per lo sviluppo strutturale dei territori (si fa riferimento in particolare a TAIEX REGIO PEER2PEER e JASPERS). [9]
• Altre iniziative direttamente a sostegno dei processi di capacity building e di efficientamento della PA (quali quelle previste nell’ambito della agenda digitale europea per la realizzazione di una autentica “PA digitale”, ossia ISA2 Programme e JoinUp), o che indirettamente possono contribuire a migliorare la capacità delle autorità urbane e delle regioni di formulare e implementare politiche strutturali di sviluppo (quali ad esempio gli stessi premi per la “Capitale europea della cultura” o per la “Capitale europea dell’innovazione”). [10]

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Immagine ex Pixabay

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[1] Tomasi di Lampedusa G., Il Gattopardo, Edizioni Feltrinelli, Roma, 1986, p. 121.
[2] Questa seconda funzione dei Fondi Strutturali è oggetto di numerosissimi contributi di ricerca. In Italiano si vedano: Bagarani M., Bonetti A. (2005); Politiche regionali e Fondi Strutturali. Programmare nel sistema di governo della UE, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ); Manzella G.P. (2011); Una politica influente. Vicende, dinamiche e prospettive dell’intervento regionale europeo, Il Mulino, Bologna.
[3] Si veda: SVIMEZ, Anticipazioni Rapporto SVIMEZ 2018 sull’economia e la società del Mezzogiorno, Roma, 1° Agosto 2018.
[4] Per un’analisi più circostanziata dei ritardi di spesa dei Programmi in Italia si veda la Deliberazione n. 19/2017 della Corte dei ContiI rapporti finanziari con l’Unione Europea e utilizzazione dei Fondi Comunitari. Relazione Annuale 2017” che riporta lo stato di attuazione della programmazione 2014-2020 dei fondi europei per la “politica di coesione” sulla base di dati di fonte Ragioneria Generale dello Stato (IGRUE) aggiornati al 30 giugno 2017. Questi dati ufficiali indicavano una capacità di impegno del 10,2% ed una capacità di spesa del 3,2%.
[5] Sulle criticità della PA italiana per quanto concerne la capacità amministrativa e quella di formulazione di rilevanti progetti di sviluppo strutturale, a qualsiasi livello di governo, inviterei alla lettura del mio post “I fondi europei 2014-2020 e la programmazione italiana 2016-2020” del 20 maggio 2015, in cui rimarcavo il fortissimo ritardo che era già stato accumulato in sede di negoziazione e approvazione definitiva dei Programmi di spesa.
[6] Il Manuale operativo (nella sua versione aggiornata ad Aprile 2018) definisce Interreg Europe “un Programma di capitalizzazione” (v. p. 9) e ne indica la missione fondamentale nei seguenti termini: ‘The Interreg Europe programme, financed by the European Regional Development Fund (ERDF), was therefore designed to support policy-learning among the relevant policy organisations with a view to improving the performance of regional development policies and programmes. It allows regional and local public authorities and other players of regional relevance across Europe to exchange practices and ideas on the way public policies work, and thereby find solutions to improve their strategies for their own citizens’ (v. p. 6).
INTERREG EUROPE finanzia due tipologie di Azioni (v. Figura 5), ossia progetti ed una piattaforma di policy learning.

Figura 5 – Le due Azioni di INTERREG EUROPE

[7] Nel momento in cui si considera l’influenza della Sezione “Cooperazione Interregionale” dell’Obiettivo CTE della “politica di coesione” sui processi di apprendimento della PA nella stessa gestione dei Fondi SIE e nella formulazione dei Programmi di spesa, non si possono non prendere in considerazione anche gli effetti delle condizionalità ex ante introdotte dal legislatore europeo proprio nella programmazione 2014-2020 dei Fondi SIE (si vedano l’Art. 19 e l’Allegato XI del Regolamento generale sui Fondi SIE). Ma questa è una storia buona per un nuovo post da pubblicare presto.
[8] URBIS (Urban Investment Support) è un nuovo servizio, realizzato congiuntamente dalla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e dalla Commissione Europea, lanciato a fine novembre 2017. Esso supporta le città di tutte le dimensioni e di tutti gli Stati Membri nel migliorare i processi di progettazione e di implementazione di progetti di sviluppo in ambito urbano. Le autorità urbane possono accedere ai servizi di consulenza di URBIS tramite una pagina web dedicata sul portale dello European Investment Adivosry Hub (http://eiah.eib.org/), già varato in precedenza per sostenere tutti gli operatori europei nell’accesso al Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici del “piano Juncker” per il rilancio degli investimenti materiali in Europa.
[9] Su queste iniziative si veda: Bonetti A. (2018); Le difficoltà di accesso dei piccoli Comuni del Lazio ai finanziamenti dell’UE, Centro Studi FUNDS FOR REFORMS LAB; Policy Brief 1/2018. Per una presentazione più generale degli strumenti di finanziamento dell’UE si veda: Bonetti A. (2017); La mappatura dei fondi europei 2014-2020, Centro Studi FUNDS FOR REFORMS LAB; Guida 1/2017.
[10] Avrò modo di presentare più diffusamente i molteplici fondi europei potenzialmente disponibili per attuare il paradigma “smart cities” nel corso del Seminario del CEIDAProgrammazione, gestione e valutazione dei finanziamenti dell’UE per le Smart Cities” (Roma, 13 e 14 novembre p.v.)

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