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Fondi Strutturali 2021-2027. Semplificare, ma senza smantellare la valutazione

Come ho ampiamente rimarcato nel post del 25 gennaio scorso, le proposte della Commissione Europea per la nuova riforma della politica di coesione nel periodo 2021-2027 sono orientate a una forte semplificazione delle attività di formulazione e di gestione (in senso lato) dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali. Nella proposta di regolamento sulle “disposizioni comuni” – si veda la Comunicazione della Commissione n. 375 del 2018 – le principali indicazioni sulla semplificazione volte a ridurre gli oneri amministrativi sono riportate nei titoli V e VI.

Immagine ex Pixabay

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La DG Regional and Urban Policy (DG Regio) della Commissione, per rafforzare ulteriormente l’accento posto sulle semplificazioni amministrative, ha pubblicato un agile vademecum che descrive in termini sintetici ben “80 misure di semplificazione” – da cui il titolo “Simplification Handbook” – che investono l’intero “ciclo del programma”. Queste misure, infatti, interessano la formulazione dei Programmi operativi, la loro gestione, il monitoraggio in itinere ed anche le procedure di controllo amministrativo, tecnico e finanziario degli interventi.
Esse sono articolate in 10 aree tematiche, di cui 9 generali ed una espressamente riservata all’Obiettivo Cooperazione Territoriale Europea. [1]

Il tentativo della Commissione di implementare una radicale revisione delle procedure amministrative per abbattere tempi di attuazione ed oneri gestionali è certamente meritorio. Va anche detto, tuttavia, che questo sforzo di semplificazione dovrebbe essere focalizzato sulle procedure amministrative, sulle attività di comunicazione (sempre assolutamente pompose e time consuming per i beneficiari) e sulle procedure di rendicontazione delle spese. Andrebbero vagliate con più attenzione, invece, quelle proposte di revisione che concernono non tanto i processi amministrativi di attuazione e rendicontazione, quanto quelli di programmazione e valutazione.
Infatti, la Commissione annovera fra le 80 “misure di semplificazione” della politica di coesione post 2020 anche misure che se, certamente, contribuiscono a rendere più agevole sia il processo di programmazione, sia quello di gestione, al contempo rischiano di indebolire eccessivamente il “ciclo del programma” alla base della formulazione e della valutazione dei programmi pluriennali di spesa finanziati dai Fondi Strutturali. La necessità di ridurre all’inizio del nuovo periodo 2021-2027 i tempi della programmazione è certamente ampiamente assodata. Al tempo stesso, va considerato che una buona programmazione iniziale dovrebbe essere il basamento imprescindibile di programmi di spesa realmente “orientati ai risultati” e non solo al pieno utilizzo delle risorse finanziarie stanziate.
Quattro “misure di semplificazione”, in particolare, rischiano di destrutturare completamente il processo di programmazione e valutazione:
• l’assenza di un “quadro strategico comune”, assenza che non è affatto una “misura di semplificazione”, ma il semplice portato dell’assenza di un’autentica architettura strategica in grado di collegare propriamente gli obiettivi della politica di coesione a un quadro di policy sovra-ordinato (quadro al momento assente, o meglio ancora identificabile nella strategia “Europe 2020);
• la completa rimozione dell’obbligatorietà della valutazione dell’addizionalità dei Fondi Strutturali (di fatto implica l’azzeramento di uno dei principi cardine dei Fondi Strutturali sin dalla loro riforma radicale del 1988);
• l’abrogazione dell’obbligo di condurre delle valutazioni ex ante dei Programmi (la realizzazione della valutazione ex ante, infatti, è solo facoltativa);
• una forte riduzione del numero di indicatori e la rimozione dell’obbligo di usare indicatori specifici di programma (si vedano gli articoli 12 e 13 della proposta di regolamento generale).

Le prime due/tre “misure di semplificazione” appena citate – rispetto alle quali è auspicabile un ripensamento in sede di negoziato – implicano un indebolimento sia della natura di strumenti di sostegno alla domanda aggregata dei Fondi Strutturali, sia dello stesso processo di programmazione. [2]
Per quanto riguarda le due “misure di semplificazione” citate sopra che concernono strettamente la valutazione, appare manifesto il rischio di un ulteriore indebolimento della sua funzione di supporto al miglioramento delle politiche pubbliche.
La valutazione ex ante è un elemento cardine del “ciclo del programma”. E’ certamente time consuming, ma non preservarne l’obbligatorietà può comportare delle conseguenze negative in termini di scadimento della qualità del processo di programmazione maggiori dei benefici. Peraltro, gli stessi benefici per le Autorità di Gestione dei programmi potrebbero essere limitati, in quanto una buona valutazione ex ante, a parere di chi scrive, è un elemento fondamentale per rintuzzare eventuali critiche della Commissione in sede di negoziazione dei contenuti dei programmi di spesa.
La valutazione in itinere e quella di impatto ex post – quantunque le basi metodologiche siano diverse – si alimentano di indicatori di realizzazione e di risultato. E’ innegabile, infatti, che la stessa impostazione metodologica della valutazione di impatto può essere adattata adeguatamente alla natura dei fenomeni osservati, ai risultati da misurare e alle caratteristiche dei destinatari finali degli interventi solo se si dispone di una batteria articolata e pertinente di indicatori di contesto, di realizzazione e di risultato.
Nel caso di specie, quindi, lo sforzo di semplificazione della Commissione va a detrimento di portata strategica e qualità della valutazione. Se si riduce il numero di indicatori, le Autorità di Gestione dei Programmi avranno certamente dei benefici in termini di minori carichi di lavoro ed oneri amministrativi, ma inevitabilmente verrà abbassata di molto la qualità della valutazione dei programmi di spesa post 2020. [3]
In estrema sintesi, suona un po’ irrisorio che la Commissione continui a parlare pomposamente di programmi “orientati ai risultati” e poi introduca elementi di semplificazione che, inevitabilmente, indeboliscono portata strategica e strumenti della valutazione di risultati e impatti.

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[1] Le 10 aree tematiche interessate da misure di semplificazione sono:
• quadro legale;
• quadro di policy razionalizzato per semplificare la programmazione;
• condizionalità ridotte e razionalizzate;
• programmazione;
• strumenti di progettazione integrata territoriale;
• attuazione semplificata;
• procedure di controllo, gestione ed audit;
• strumenti di ingegneria finanziaria;
• monitoraggio e valutazione;
• obiettivo Cooperazione Territoriale Europea.
[2] Il rischio di un ulteriore indebolimento della natura di strumenti volti a sostenere la “convergenza” economia e sociale dei territori dell’UE più arretrati dei Fondi Strutturali (la mission assegnata a questi fondi dai trattati di Lisbona) lo avevo presentato nei post dello scorso mese. Si veda in particolare il post “Semestre europeo, Programma di Sostegno alle Riforme e Fondi Strutturali 2021-2027”.
Il fatto che le nuove proposte di regolamento prevedano per i Fondi Strutturali un ruolo sempre più servente rispetto agli obiettivi di rafforzamento dell’Unione Economica e Monetaria (UEM) può comportare sia uno snaturamento dei Fondi Strutturali, sia un ulteriore indebolimento del sistema di multi-level governance che caratterizza la politica di coesione. Nel momento in cui si indebolisce il sistema di multi-level governance, inevitabilmente, saranno ridimensionate le libertà di scelta sia delle Autorità di Gestione che gestiranno i nuovi Programmi Operativi Nazionali, sia a livello decentrato delle Autorità di Gestione regionali (con conseguenti minore potere decisionale per le regioni e minore differenziazione delle politiche strutturali di sviluppo).
Il principio dell’addizionalità non è solo uno dei principi fondativi dei Fondi Strutturali, ma è anche a fondamento della natura di sostegno agli investimenti pubblici – in campo infrastrutturale e in campo sociale – dei Fondi. Esso prevede, infatti, che la spesa pubblica cofinanziata dai Fondi Strutturali sia, appunto, “addizionale” rispetto a quella ordinaria.
[3] A titolo di completezza va aggiunto che anche l’eliminazione della riserva di performance, indirettamente, contribuisce a ridurre la funzione strategica di strumento di apprendimento per le Autorità di Gestione della valutazione.

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