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Il paradigma “open data” e i ritardi della PA digitale. Il PON Governance è ancora attuale?

“La trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione
è un elemento essenziale per il successo del mercato unico”
Commissione Europea
Piano di Azione dell’UE per l’e-government 2016-2020

Come avevo già anticipato nel post “Il paradigma ‘open government’ in Italia. Alcune considerazioni sulla rilevazione dell’ISTAT sull’ICT nella Pubblica Amministrazione Locale del 25 gennaio scorso, il rapporto dell’ISTAT Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella Pubblica Amministrazione Locale”, pubblicato i primi giorni dell’anno, evidenzia più luce che ombre in relazione all’implementazione di una PA digitale, ossia più trasparente e capace di informare meglio i cittadini grazie alla rete, capace di erogare servizi ai cittadini via web e, non ultimo, orientata a recepire pienamente le disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale (come riscritto dall’art. 9 del D.L. n. 179/2012) e della Direttiva 2013/37/UE sugli open data (la Direttiva impone a tutte le Amministrazioni Pubbliche di rendere disponibili i dati pubblici per il loro ri-uso a fini commerciali e non commerciali). [1]

La disponibilità di dati aggiornati su dotazioni ICT e offerta di servizi digitali presso le Pubbliche Amministrazioni Locali (PAL) dovrebbe costituire l’occasione giusta per una necessaria ulteriore riflessione sulle principali linee strategiche del PON Governance. All’inizio del quarto anno di programmazione, infatti, invece di fare delle riflessioni sui ritardi della PA digitale e sui ritardi nell’attuazione del PON Governance e del PON Città Metropolitane – ambedue importanti per la digitalizzazione del Paese – si continuano a tenere dei seminari di presentazione degli stessi che, francamente, sembrano più celebrativi delle relative contracting authorities che non utili per migliorare l’attuazione di questi Programmi e del processo di digitalizzazione della PA italiana. [2]

Mobile - Immagine ex Pixabay

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Nell’ambito del PON Governance, infatti, all’interno degli Assi 1 e 2, vi sono almeno quattro Risultati Attesi (indicati anche come Obiettivi Specifici) che sono direttamente serventi rispetto all’implementazione dei paradigmi “open government” e “open data”:
RA 1.1. Aumento della trasparenza e interoperabilità e dell’accesso ai dati pubblici;
RA 1.3. Miglioramento delle prestazioni della PA;
RA 2.1. Sviluppo della domanda di ICT in termini dell’utilizzo di servizi online;
RA 2.2. Digitalizzazione dei processi amministrativi e diffusione di servizi digitali pienamente interoperabili della PA offerti a cittadini e imprese.

In particolare, rilevano:
• le Azioni dell’Asse 1 (co-finanziato dal FSE) 1.1.1 “Sviluppo delle competenze per la qualità e la gestione dei dati pubblici e progetti di open government (nell’ambito della quale, non a caso, si fa riferimento all’Agenda nazionale per la valorizzazione del patrimonio informativo) e 1.3.1 “Interventi per lo sviluppo delle competenze digitali (e-skills), di modelli per la gestione integrata dei servizi”; [3]
• le Azioni dell’Asse 2 (co-finanziato dal FESR) 2.1.1 “Interventi per la definizione di soluzioni tecnologiche per assicurare qualità, accessibilità, riutilizzabilità, interoperabilità dei dati pubblici” (nell’ambito del quale verrà anche finanziato l’ulteriore perfezionamento del portale sul patrimonio informativo pubblico dati.governo.it) e 2.2.1 “Interventi per lo sviluppo di modelli per la gestione associata di servizi avanzati e di soluzioni tecnologiche per la realizzazione di servizi di e-government, anche in forma integrata e co-progettata”.

Alla luce dei dati più aggiornati resi disponibili dall’ISTAT, le azioni del PON Governance serventi rispetto a questi Risultati Attesi sono, nella fase attuale, ancora quelle più opportune?

Questa non è affatto una domanda retorica, specialmente se si considerano i seguenti aspetti:
• la verifica di medio termine dell’attualità della strategia è uno dei pilastri della valutazione intermedia dei Programmi complessi;
• la velocità del cambiamento tecnologico, soprattutto per quanto concerne, appunto, algoritmi e dispositivi per il trattamento e l’interoperabilità dei dati. Non a caso, l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID), che ha il mandato di valorizzare i dati aperti della PA, è tenuta all’inizio di ogni anno ad aggiornare sia l’agenda nazionale per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico, sia le relative linee guida;
• il varo, da parte della Commissione Europea, della strategia per il mercato unico digitale nel 2015 e del nuovo e-Government Action plan 2016-2020 l’anno successivo, che innalzano ulteriormente obiettivi e grado di complessità delle azioni da implementare per rafforzare la PA digitale;
• le stesse incessanti spinte riformistiche della PA cambiano il contesto generale, e quello interno alle PAL, in cui vengono assunte e poi implementate le decisioni pubbliche. [4]

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[1] Sempre il D.L. 179/2012 stabilisce che l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) ha il compito specifico di sostenere “le politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico nazionale” – aggiornando all’inizio di ogni anno sia l’agenda nazionale, sia le relative linee guida.

[2] Il paradigma “open government”, comunque, può essere implementato valorizzando diversi strumenti di finanziamento nazionali ed europei. Per una panoramica più ampia, si rimanda al Factsheet 2/2016 “Politiche pubbliche e finanziamenti per la PA digitale” disponibile sull’area Open Library di questo blog.
Nel grafico che segue vengono richiamati i principali programmi pluriennali di riferimento per attuare il paradigma “open government” in Italia, fra i quali includere anche il Programma Nazionale per la Ricerca 2015-2020 gestito dal MIUR (un’azione specifica del programma attuativo “Programma Speciale per il Mezzogiorno” concerne proprio la digitalizzaizone della PA nelle regioni “meno sviluppate”).

Grafico 1 – Principali programmi per attuare il paradigma “open government

PON GOV_post 10.02.2017

[3] Va ricordato che “open data” è una delle azioni-chiave della “Strategia per la crescita digitale 2014-2020” dell’AGID (un autentico piano pluriennale per la digitalizzazione del Paese – e, in particolare, della PA – approvato dal Consiglio dei Ministri del 3 marzo 2015).
Nell’ambito del terzo pilastro “piattaforme abilitanti” della strategia vengono indicate 10 azioni-chiave, fra cui appunto “open data”.
Open data sarà uno dei temi trattati nel corso della seconda edizione di Data Driven Innovation – Open Summit, evento internazionale sull’innovazione guidata dai dati che si terrà a Roma presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Università Roma Tre il 24 e 25 febbraio p.v.
[4] Avrò il piacere di approfondire in parte tali aspetti nel corso del Seminario del CEIDA Finanziamenti dell’UE e strumenti di ‘impact investing’ per le Smart Cities (Roma, 21 e 22 marzo p.v.)

 

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