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Limiti della Smart Specialisation Strategy del Lazio e dei relativi processi di monitoraggio e valutazione

“Le forme primitive di intelligenza artificiale che abbiamo già sono state molto utili.
Ma credo che lo sviluppo di un’intelligenza artificiale completa
potrebbe mettere fine al genere umano”
Stephen Hawking

Il mio ultimo post “A cosa servono davvero le Smart Specialisation Strategies regionali?” ha raccolto alcuni rilievi critici sulle considerazioni finali inerenti alcune difficoltà nell’applicazione di metodologie consolidate di monitoraggio e valutazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali alle Smart Specialisation Strategies” regionali.
Provo a spiegare meglio la mia posizione, prendendo come riferimento la RIS3 del Lazio e, più specificamente, la sezione inerente i processi di monitoraggio e valutazione. In questo post introdurrò le mie argomentazioni, rilevando alcuni limiti generali della RIS3 Lazio e dei processi di monitoraggio e valutazione ivi illustrati. Nel prossimo post del 20 marzo spiegherò, più in generale, perché è una forzatura, sul piano logico, porre quasi sullo stesso piano la valutazione dei Programmi di spesa e quella delle RIS3 regionali. [1]
La Smart Specialisation Strategy (RIS3) della Regione Lazio, approvata dalla Giunta Regionale con Deliberazione n. 281 del 31 maggio 2016 è strutturata intorno a tre obiettivi:

• favorire un processo di riposizionamento delle realtà industriali e produttive regionali verso segmenti e mercati a maggior valore aggiunto, attraverso processi di adattamento di know-how e tecnologie di eccellenza;
• rendere il Lazio una “grande regione europea dell’innovazione” a dimensione internazionale, che consenta agli attori del territorio di entrare a far parte della catena internazionale del valore;
• guidare il Lazio lungo percorsi di internazionalizzazione, che orientino la rinnovata capacità competitiva del tessuto imprenditoriale regionale ai mercati di interesse strategico, paesi MENA e BRICS primi fra tutti. [2]
Un primo limite rilevante della RIS3 Lazio concerne la stessa descrizione della “catena logica” secondo la quale la RIS3 Lazio dovrebbe impattare sulla competitività relativa del sistema produttivo laziale e sulle dinamiche di sviluppo regionale, riportata nello schema che segue (v. RIS3 Lazio, Fig. 26 a p. 174).

Questa “catena logica”, come si può osservare, ricalca in sostanza il c.d. “modello lineare dell’innovazione”, che si era affermato nel secondo dopoguerra del secolo scorso. Tale modello – sia nella sua prima versione “science push”, sia nella sua seconda versione “market pull” – si fondava su una concettualizzazione appunto “lineare” degli effetti della ricerca sull’innovazione e sulla competitività del sistema produttivo. Le indagini sui processi innovativi a livello di singole unità produttive e di “ecosistema innovativo” avevano aperto, già da metà anni Settanta, la strada a nuovi modelli di interpretazione dei processi innovativi. Riproporre alla base di una RIS3 regionale un modello lineare di innovazione appare fuori luogo. Invero, nella letteratura specializzata, si ragiona ormai su una sesta generazione di “modelli di innovazione” – quella dell’approccio “open innovation” – affermatosi a partire dai primi anni del nuovo millennio sulla spinta delle indagini e delle intuizioni di Henry Chesborough (docente presso la Harvard Business School), approccio in cui crede fermamente anche il Commissario alle politiche per la ricerca dell’UE Carlos Moedas. [3]

La “catena logica” viene maggiormente articolata – e risulta, pertanto, più fondata – nella sezione della RIS3 Lazio di descrizione dell’impianto metodologico del monitoraggio e della valutazione e degli indicatori adottati (v. RIS3 Lazio, Fig. 25 a p. 164). La figura in questione (riportata sotto), infatti, presentando in termini sintetici la ratio del processo di valutazione della RIS3, implicitamente, rafforza anche la “catena logica” della RIS3 in generale.

 

 

Ciò detto, esaminando questo schema di presentazione del processo valutativo, emergono ampiamente delle criticità che esaminerò anche nel prossimo post del 20 marzo:
• osservando il primo box della figura si evince che, implicitamente, il monitoraggio e la valutazione della RIS3 vengono posti a latere di quelli del POR FESR Lazio 2014-2020 (se non identificati direttamente con questi). Stante il fatto che la RIS3, come evidenzia la stessa analisi ivi riportata, trova una “traslazione operativa” in primo luogo nel POR FESR, si tratta di due documenti di strategia ben diversi. La RIS3 è un documento di indirizzo strategico e metodologico e, di per sé, non è certo un Programma pluriennale di spesa. Accostare la valutazione di un documento di indirizzo strategico e metodologico a quella di un Programma di spesa in cui sono puntualmente definiti (almeno si spera) obiettivi, risultati attesi, azioni da implementare e relative allocazioni di finanza pubblica, mi pare una scelta metodologica ampiamente opinabile;
• la catena logica descritta dalla figura tralascia completamente il piccolo particolare che non è la RIS3 ad intervenire direttamente, ma sono molteplici strumenti di policy, anche non gestiti direttamente dalla Regione Lazio. Non è accettabile, come già rimarcato, associare direttamente RIS3 e POR FESR Lazio (se così fosse, allora si potrebbe effettuare tout court la valutazione del POR FESR regionale);
• la figura e la successiva descrizione di impianto metodologico e indicatori riportano una catena di nessi causali che non tengono adeguatamente conto di: (i) quanto sia numeroso il novero di possibili strumenti di policy che possono incidere sulle dinamiche della competitività relativa del sistema produttivo regionale; [4] (ii) quanto i processi di innovazione scientifica e tecnologica siano ormai incessanti ed emergano delle innovazioni “destabilizzanti” (“disruptive”) nel giro di 2 o 3 anni (pensiamo anche semplicemente all’impatto su fruizione e valorizzazione economica dei beni culturali, un asset assolutamente rilevante dell’economia laziale, della c.d. “realtà aumentata”). A fronte di così tanti strumenti di policy altri rispetto al POR FESR e di cambiamenti “esogeni” incessanti (anche nella forma di tecnologie “disruptive”) che potrebbero incidere sulla competitività di imprese laziali e dell’intero ecosistema innovativo della regione, è sicuramente molto molto difficile applicare l’approccio controfattuale e stabilire gli “effetti netti” della RIS3/POR FESR. [5]
Oltre a questo, è da chiedersi se si può accettare che le RIS3 abbiano realmente come obiettivi qualificanti di produrre un impatto significativo sulla competitività di una regione e sulle sue dinamiche di sviluppo, Personalmente ritengo di no. L’obiettivo “diretto” e qualificante delle RIS3 è di impattare sul sistema di policy making e contribuire a migliorare le politiche pubbliche per la ricerca e l’innovazione. Certamente fra gli effetti indiretti delle RIS3 vi è quello di contribuire a incrementare gli investimenti pubblici e privati in R&I e a migliorare la competitività delle regioni, ma in merito alla valutazione di questi effetti bisogna avere l’umiltà e il buon senso di riconoscere che:
• è molto complesso sia stabilire un rapporto di causa-effetto chiaramente definibile fra le RIS3 e questi effetti sia, a maggior ragione, quantificare tale impatto (“misurando” dei pertinenti indicatori – scelti molto bene nell’ambito della RIS3 Lazio – e/o applicando metodi statistico-econometrici);
• tali effetti indiretti maturano in tempi alquanto lunghi (quel famigerato “lungo periodo” che, a me, sulla scia delle intuizioni geniali del maestro J.M. Keynes, non ha mai convinto) [6];
• tali potenziali effetti indiretti potrebbero essere completamente stravolti dall’emergere di nuovi “paradigmi tecnico-scientifici” e/o nuovi modelli di innovazione sistemica, per cui potrebbe addirittura maturare la necessità di riscrivere completamente le stesse premesse teoriche delle agende RIS3.

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[1] La Regione Lazio, come altre, ha trascurato certe difficoltà di applicazione dei metodi di valutazione “di programma” alle RIS3 anche a causa del fatto che queste vengono trascurate anche nella Guida disponibile sulla piattaforma di knowledge-sharing S3Platform (European Commission-JRC; Monitoring Mechanisms for Smart Specialisation Strategies, 2015).
Sulla valutazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali si veda: European Commission- DG Regio; The programming period 2014-2020. Guidance document on monitoring and evaluation − European Rregional Development Fund and Cohesion Fund – Concepts and recommendations; 2014

[2] I 7 Ambiti di Specializzazione della Smart Specialisation Strategy della Regione Lazio (ripresi, ovviamente, anche nel POR FESR) sono:
Aerospazio (la Regione la indica come “priorità delle priorità”),
Scienze della vita (comparti chimico-farmaceutico e bio-medicale),
Patrimonio culturale e tecnologie della cultura,
Industrie creative digitali (riporta riferimenti a cinema, audiovisivo, multimediale, performing arts, ma anche design industriale e nuovi modelli di business),
Agrifood,
Green economy,
Sicurezza.
[3] Sui “modelli di innovazione” si vedano le rassegne presentate nei seguenti contributi:

Rothwell R., “Towards the fifth-generation innovation process” International Marketing Review, vol. 11, no. 1, pp. 7-31, 1994.
Ortt J., van der Duin P., “The evolution of innovation management towards contextual innovation” European Journal of Innovation Management, vol. 11, no. 4, pp. 522-538, 2008.
Kotesmir M., Meissner D., “Conceptualizing the innovation process – trends and outlook” NRU HSE Working Paper Series Science, Technology, Innovation. No. 10/STI/2013, 2013.

Immagine ex Pixabay

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Sul modello “open innovation si vedano i seguenti contributi:
Chesborough H., “Open Innovation: The new imperative for creating and profiting from technology”, Boston: Harvard Business School Press, 2003
Chesbrough, H. W., Appleyard, M. M., “Open Innovation and Strategy”. California Management Review, 50(1), 57-76, 2007
European Commission, “Open innovation, open science, open to the world. A vision for Europe”, Luxembourg, 2017
[4] Come si legge sulla versione aggiornata, approvata nel 2016 (v. p. 138), «l’attuazione della strategia di specializzazione intelligente è un percorso di medio-lungo periodo, volto a realizzare cambiamenti strutturali del tessuto produttivo e industriale della Regione Lazio. In questo senso, la S3 non può considerarsi esclusivamente la somma delle azioni che da essa traggono fondamento, ma rappresenta essa stessa un indirizzo generale di intervento cui deve concorrere un insieme di azioni e programmi regionali [e quindi] la Regione intende mettere in campo un vasto portafoglio di azioni per la realizzazione della propria traiettoria di specializzazione intelligente». Nell’ambito dei molteplici strumenti che possono incidere sui comportamenti innovativi delle imprese e sulle dinamiche di competitività delle regioni si possono annoverare, solo per citare i più importanti, gli altri Programmi regionali cofinanziati dai Fondi dell’UE, gli strumenti agevolativi regionali alimentati dal bilancio della Regione e quelli previsti dal “piano industria 4.0” su scala nazionale e, su scala europea, oltre a Programmi come Horizon 2020 e COSME, il Fondo Europeo per gli investimenti Strategici del “piano Juncker” per il rilancio degli investimenti in Europa.
[5] A livello statistico-econometrico si potrebbero anche rilevare degli impatti positivi, ma poi sarebbe molto difficile ricostruire una solida “teoria del cambiamento” che consenta di spiegare perchè alcune priorità delle RIS3, passando per una congeria di possibili strumenti agevolativi che danno corso alle priorità delle RIS3, hanno prodotto gli effetti stimati con metodologie quantitative. Per essere ancora più espliciti, si provi a ragionare su uno degli strumenti di indagine qualitativa più facilmente applicabili: l’intervista con i beneficiari finali. Come dovrebbero essere identificati i beneficiari? Certo si potrebbe pensare a dei ricercatori per l’Obiettivo Tematico 1 dell’Accordo di Partenariato (Asse 1 del POR FESR Lazio), oppure ai titolari di imprese che hanno ricevuto delle sovvenzioni a valere dell’Asse 3 del POR FESR Lazio. Ma poi, nel definire il “disegno di valutazione”, si dovrebbe tenere conto di due aspetti che potrebbero inficiarne validità e attendibilità delle indicazioni:
• generalmente i beneficiari di agevolazioni finanziarie e/o fiscale hanno ben poca contezza di quale sia lo strumento agevolativo di cui hanno fruito (fanno confusione fra fondi europei, “fondi della Regione” etc. etc.) e sanno ben poco delle relative procedure di attuazione e di erogazione delle sovvenzioni. A maggior ragione avrebbero difficoltà ad associare eventuali effetti positivi di certe sovvenzioni a un documento di indirizzo strategico e metodologico qual è la RIS3;
• considerando quanto sopra, si immagini quanto sarebbe difficile condurre una intervista diretta (e a maggior ragione una intervista fatta a distanza tramite telefono o video-chiamata Skype) in cui si deve spiegare che si sta valutando la RIS3 regionale (per molti beneficiari, “questa sconosciuta”) e, purtuttavia, si chiede di esprimere un parere su efficacia ed impatti di strumenti agevolativi implementati nell’ambito del POR FESR, il vero Programma di spesa.
[6] John Maynard Keynes scriveva che “nel lungo periodo siamo tutti morti”.

 

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