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Strategie di capacity building per la gestione dei Fondi Strutturali: i limiti della nota metodologica della Commissione “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”

«The cycle repeated as explosions broke in the sky
All that I needed was the one thing I couldn’t find. […]
We’re building it up to break it back down
We’re building it up to burn it down
We can’t wait to burn it to the ground.»
Linkin ParkBurn it down (2012)
(“Living Things” – Track #3)

1. Nell’ultimo articolo del 20 Settembre scorso ho posto implicitamente in luce che l’approccio della Commissione Europea alle azioni di rafforzamento amministrativo delle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali potrebbe essere ampiamente migliorato prendendo spunto dalle strategie di capacity building perfezionate nel tempo da agenzie di cooperazione internazionale allo sviluppo dei Paesi Occidentali e dal Development Programme delle Nazioni Unite (United Nations Development Programme – UNDP). [1]
2. Il modello di definizione e di valutazione delle azioni di capacity building di UNDP, descritto nel precedente post, muove da tre “domande guida”:
Capacity for why? (domanda che serve per definire in modo circostanziato quali sono le ragioni alla base e gli obiettivi specifici delle attività di capacitazione amministrativa);
Capacity for whom? (domanda intesa a individuare puntualmente quale gruppo target specifico del personale della PA neccesita delle azioni di rafforzamento di capacità generali e competenze specifiche);
Capacity for what? (serve per individuare in modo coerente con le scelte fatte in relazione alle domande precedenti le azioni di capacitazione amministrativa da implementare).
3. Già da una prima lettura delle tre “domande guida” di UNDP si possono sviluppare delle considerazioni un po’ critiche circa l’approccio all’impostazione delle strategie di capacity building proposto dalla Commissione Europea per la gestione dei Fondi Strutturali con la c.d. “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative” (documento di indirizzo metodologico rilasciato nel 2020) che ha informato ampiamente la definizione dei Piani di Rigenerazione Amministrativa (PRigA) per il nuovo periodo di programmazione. [2]
4. Per quanto concerne il why? il documento metodologico della Commissione si limita ad affermare, quasi in modo tautologico, che la capacità amministrativa è elemento portante del “buon governo” delle politiche pubbliche e che «il buon governo è un elemento fondamentale dello sviluppo economico e della politica di coesione [e] contribuisce a una maggiore efficienza degli investimenti della politica di coesione, amplificandone gli effetti e al contempo migliorando le prestazioni generali della funzione pubblica a livello nazionale, regionale e locale, nonché la qualità dei servizi erogati al pubblico e alle imprese» (si veda p. 6).
A tale riguardo va in primo luogo richiamato quanto evidenziato recentemente da Raffaele Coalizzo, fra i massimi esperti italiani di Fondi “per la coesione”, ossia che se da un lato è assolutamente vero che «la capacità amministrativa – ossia la capacità delle Autorità di attuare bene le politiche di cui sono responsabili – e un fattore fondamentale della buona governance», dall’altra «dobbiamo però riflettere sul carattere biunivoco di questa relazione: i livelli di capacità amministrativa influenzano la qualità del i governo, ma ne sono a loro volta determinati». [3]
Ma l’aspetto più critico concerne il fatto che ragionare sul why? di certi interventi di capacitazione amministrativa significherebbe effettuare una circostanziata analisi dei problemi. Invece, il documento metodologico della Commissione:
• si limita a richiamare genericamente alcune possibili criticità e le grandi “sfide” da affrontare, ma tali “sfide” corrispondono semplicemente ai blocchi di analisi presi in considerazione, ossia strutture, risorse umane e sistemi (una analisi propriamente sviluppata dei problemi è, di fatto, inesistente);
• non prova minimamente ad elaborare né un “albero dei problemi” che consenta di mettere a fuoco la “gerarchizzazione” dei problemi nell’attuazione degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali, né una “teoria del cambiamento” (“Theory of Change“) che spieghi in modo approfondito e pertinente la logica “mezzi-fini” che caratterizza la “catena logica” della strategia di capacity building. [4]
5. Per quanto concerne il whom? va considerato che in questo documento la Commissione si concentra solo sulle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi e le considera come se fossero un monolite. Invece, è noto che parlare dell’ADG di un Programma Regionale multi-obiettivo e multi-azioni (sia esso finanziato da FESR o da FSE Plus), di fatto, significa parlare dell’intera Amministrazione Regionale, tanti sono i Dipartimenti/Servizi regionali coinvolti. Inoltre, possono essere coinvolti nell’attuazione degli interventi anche degli Enti in house ed Enti che agiscono come Organismi Intermedi.
Nell’approccio della Commissione viene raccomandata, ovviamente, una analisi organizzativa, ma è un’analisi riferita all’intera ADG e non alle diverse unità organizzative che la compongono. Le varie unità organizzative, per vari motivi, potrebbero avere bisogno di un supporto adeguatamente differenziato.
Mutatis mutandis, lo stesso errore viene commesso con riferimento allo staff interno.
L’esigenza di tenere conto dell’eterogeneità delle risorse umane interne e delle loro competenze viene sostanzialmente trascurata. In questa luce il documento metodologico del 2020 segna un ampio passo indietro rispetto a quello pubblicato nel 2017 – EU Competency Framework for the management and implementation of the ERDF and Cohesion Fund – che, quanto meno, definiva chiaramente tre tipi di competenze (“capacità”) su cui agire:
competenze manageriali (management competencies), chiaramente riferibili a dirigenti e/o posizioni organizzative, che debbono saper valorizzare capacità di leadership e di delega, capacità di gestione delle questioni complesse e anche capacità di condurre relazioni istituzionali;
competenze operative (capacità di assolvere funzioni tecniche specifiche connesse alla padronanza di materie complesse, quali la normativa sugli appalti, quella sui regimi di aiuto o anche quella alla base delle Opzioni di Costo Semplificate e/o alla capacità di saper implementare interventi particolari);
competenze professionali che si possono inquadrare con le c.d. soft skills e/o con competenze trasversali e attitudini (capacità di problem solving, orientamento ai risultati etc.). [5]
6. Il documento metodologico della Commissione rilasciato nel 2020, peraltro, è alquanto generico anche sul what?
In primo luogo, non considera che le azioni di capacitazione amministrativa dovrebbero essere differenziate a seconda delle modalità di creazione di valore pubblico all’interno delle varie unità organizzative (non si capisce per quale motivo le analisi suggerite dalla Commissione non considerano le diverse modalità di gestione e le diverse criticità operative che caratterizzano le routines – funzioni organizzative – e quelle che caratterizzano i progetti). [6]

La “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”, soprattutto, non considera che i fabbisogni di capacitazione amministrativa saranno ampiamente diversi a seconda di:
macro-fasi e fasi operative dei processi di gestione in senso lato degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali, riportate nella figura 1 (è del tutto intuitivo che le competenze necessarie nella fase di pianificazione strategica – fase di elaborazione iniziale dei Programmi e fase del “riesame intermedio” – sono diverse da quelle necessarie per gestire i controlli e/o presidiare in modo efficace i circuiti finanziari); [7]
macro-tipologia e tipologia degli interventi (natura degli interventi). Infatti, è cosa ben diversa dare corso a interventi di sostegno alle imprese, oppure alla progettazione e realizzazione di opere pubbliche, interventi questi ultimi che, peraltro, presentano delle specificità diverse anche in relazione all’ambito settoriale e alla loro dimensione tecnico-ingegneristica);
tipo di modalità attuativa (un conto è valutare la “capacità amministrativa” per gli interventi “a titolarità regionale” per i quali, di fatto, il giudizio di merito ricade sostanzialmente solo sulle ADG dei Programmi ed un conto è farlo per quelli “a regia regionale”, in relazione ai quali è strettamente necessario capire come incide sulla “capacità amministrativa” generale anche quella specifica dei soggetti attuatori degli interventi ammessi a beneficio, che agiranno da stazioni appaltanti). [8]

Figura 1 – Quadro di insieme di macro-procedure e procedure per l’attuazione dei Programmi

Come cantavano i Linkin Park qualche anno fa, alcune volte quando si cerca di costruire una relazione tra le persone (o in generale una qualsiasi cosa), se i processi di costruzione si deteriorano, si innescano delle spirali negative per cui sembra quasi si voglia costruire qualcosa che poi si vuole comunque buttare giù e ricostruire di nuovo in modo ciclico. Questo sembra essere il caso della “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative”, un documento metodologico molto discutibile che sarebbe stato meglio accantonare subito dopo la sua pubblicazione per ripartire da quello, più solido e più completo, elaborato nel 2017 (EU Competency Framework for the management and implementation of the ERDF and Cohesion Fund).
E, invece, è andata a finire che sulla base di un documento così debole sono stati elaborati i PRigA (i successori, di fatto, dei Piani di Rafforzamento Amministrativo 2014-2020). Mala tempora current. [9]

*************

[1] Si vedano: UNDP (2008a); Capacity Development. Practice Note, New York; UNDP (2008b); Capacity Assessment. Practice Note, New York.
[2] Cfr. European Commission (2020), Roadmap for Administrative Capacity Building. Practical toolkit, Brussels.
[3Cfr. Colaizzo R. (2022); Le azioni di capacity building nella programmazione 2021-2027 (Rivista online Di.Te. AISRE)
[4] Sulle “catene logiche” si devano:
W.K. KELLOG FOUNDATION (1998), Evaluation Handbook, Battle Creek, Michigan.
W.K. KELLOG FOUNDATION (2004), Logic Model Development Guide, Battle Creek, Michigan.
Sulla “teoria del cambiamento” si consiglia la lettura della seguente guida: NPC (2014); Creating your Theory of Change. NPC’s Practical Guide, London.
[5] Cfr. European Commission (2017), EU Competency Framework for the management and implementation of the ERDF and Cohesion Fund, Brussels; pp. 8-9.
[6] Nel manuale sulla gestione dei progetti più usato al mondo, elaborato dal Project Management Institute (A Guide to the Project Management Body Of Knowledge – PMBOK), la definizione di “progetto” muove dalla considerazione triviale che tutte le organizzazioni – siano esse pubbliche, private orientate al profitto o private senza scopo di lucro – devono eseguire del lavoro (attività produttive) per creare valore.
Seguendo il PMBOK, lo possono fare realizzando:
• Funzioni operative (con riferimento alle imprese si parla di “funzioni aziendali”).
• Progetti.
Nella definizione del PMBOK un progetto è “unico” non tanto in quanto tutti i progetti sono unici per definizione, ma in quanto non è caratterizzato dalla ripetitività delle funzioni – operazioni – aziendali quotidiane (v. p. 4 dell’edizione del 2000 del PMBOK).
In estrema sintesi, il PMBOK rimarca che le “funzioni organizzative” (operations) si caratterizzano come attività continuative e ripetitive, mentre i progetti si caratterizzano per le caratteristiche di essere temporanei (“uno sforzo temporaneo”) e finalizzati a produrre dei prodotti e servizi che, in qualche modo, costituiscono un unicum in confronto a quelli ottenuti con le operazioni “ordinarie” di una organizzazione.
Come già rimarcato nel post del 20 Settembre scorso, appare ampiamente condivisibile, pertanto, la precisazione del principale Manuale del Dipartimento della Funzione Pubblica (DFP) della Presidenza del Consiglio dei Ministri sul Sistema di Misurazione della Performance della PA riportata a pagina 12: «la misurazione e valutazione della performance si riferiscono ad unità di analisi differenti ma tra loro correlate: 1. amministrazione nel suo complesso; 2. singole articolazioni dell’Amministrazione; 3. processi e progetti, 4. individui. Le unità di analisi 1, 2 e 3 rientrano nel perimetro della performance organizzativa, mentre quando il focus si sposta sull’individuo si entra nel campo della sfera individuale». PCM – DFP; Linee Guida per il Sistema di Misurazione e Valutazione della Performance. Linee Guida N. 2; Roma, Dicembre 2017.
E’ naturale che le ADG dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali seguano la manualistica della Commissione Europea per definire e attuare i PRigA, ma sarebbe anche opportuno cercare di cogliere e valorizzare gli elementi positivi del Sistema di Misurazione della Performance della PA.
[7] In realtà, andrebbe ovviamente considerato l’intero ciclo di policy making e bisognerebbe distinguere fra:
• pianificazione strategica;
• pianificazione operativa (si veda la figura 2).

Figura 2 – Pianificazione strategica e operativa nella
formulazione e gestione dei Programmi co-finanziati dai Fondi Strutturali

[8] Le due forme di gestione di riferimento, come esplicita molto bene la tavola sinottica riportata nella figura che segue, tratta da un contributo dell’esperta Tiziana Arista, sono:
“titolarità regionale” per quelle operazioni per le quali una data Direzione (Dipartimento) regionale o un Ente strumentale (Ente in house) è beneficiario diretto (attuatore) delle azioni;
“regia regionale” (i soggetti attuatori sono operatori esterni alla Amministrazione titolare dei Programma, che vengono selezionati sulla base di procedura di evidenza pubblica e sono investiti della responsabilità di attuare gli interventi ammissibili a beneficio).

Figura 3 – Operazioni “a titolarità regionale” e operazioni “a regia regionale”

[9] Questo contributo è un “work in progress” elaborato nell’ambito del progetto di ricerca del Centro Studi Funds for Reforms Lab “Le politiche e i fondi dell’UE nella programmazione 2021-2027”.

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