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La valutazione delle azioni di capacity building della PA: l’approccio di UNDP

«UNDP defines capacity development as
‘the process through which individuals, organizations and societies
obtain, strengthen and maintain the capabilities to set and
achieve their own development objectives over time.»
UNDP – Capacity Development Group (2008)

1. In diversi post degli ultimi mesi ho sviluppato delle riflessioni sull’approccio della Commissione Europea alle azioni di rafforzamento amministrativo delle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali e dei soggetti attuatori degli interventi ammessi a beneficio. [1]

2. In merito mi è sembrato opportuno ricordare come l’attenzione delle Istituzioni europee sull’importanza di queste azioni è andato crescendo a partire dalla fine degli anni Novanta, ma già in precedenza la questione era stata affrontata dalle agenzie di cooperazione allo sviluppo dei Paesi occidentali e dalle grandi organizzazioni internazionali (Banca Mondiale, OCSE e anche agenzie delle Nazioni Unite) con riferimento alle politiche di cooperazione internazionale a sostegno dei Paesi in Via di Sviluppo (PVS).

3. Nell’ambito del Development Programme delle Nazioni Unite (United Nations Development Programme – UNDP), è stato sviluppato un vero e proprio modello di definizione e valutazione di strategie di capacity building (definita anche capacity development). [2]

4. Tale modello si fonda sulle seguenti tre “dimensioni” (pilastri):
una puntuale definizione di capacità, che viene considerata costituita da due cluster di capacità: (i) quelle funzionali, che sono capacità trasversali di “fare in modo che le cose si facciano” e (ii) quelle tecniche (capacità specifiche ad ambiti di politica economica e/o a degli ambiti disciplinari);
• i drivers dei processi di cambiamento amministrativo (indicati quali “core issues”);
• tre diversi livelli di analisi della capacità amministrativa, ossia (i) individui; (ii) organizzazioni; (iii) contesto (si veda la figura 1). UNDP li definisce “points of entry” dei processi di valutazione della capacità amministrativa. [3]

Figura 1 – Dimensioni alla base dell’approccio di capacity building di UNDP

5. Tale modello di definizione e di valutazione delle azioni di capacity building di UNDP muove da tre “domande guida” (si veda la figura 2) essenziali, inter alia, per definire anche il livello di analisi su cui focalizzare maggiormente l’attenzione:
Capacity for why? (domanda che serve per definire in modo circostanziato quali sono le ragioni alla base e gli obiettivi specifici delle attività di capacitazione amministrativa);
Capacity for whom? (domanda intesa a individuare puntualmente quale gruppo target specifico del personale della PA neccesita delle azioni di rafforzamento di capacità generali e competenze specifiche);
Capacity for what? (serve per individuare in modo coerente con le scelte fatte in relazione alle domande precedenti le azioni di capacitazione amministrativa da implementare).

Figura 2 – Domande guida dell’approccio di capacity building di UNDP

6. Già ad una prima lettura di queste tre “dimensioni” di analisi della capacità amministrativa – per ciascuna delle quali si farà, in post successivi, un breve approfondimento – e, soprattutto, considerando le tre “domande guida” di UNDP si possono sviluppare delle prime considerazioni un po’ critiche dell’approccio all’impostazione delle strategie di capacity building proposto dalla Commissione Europea per la gestione dei Fondi Strutturali con la c.d. “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative” (documento di indirizzo metodologico rilasciato nel 2020) che, di fatto, guarda alle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi come se fossero un monolite e, soprattutto, non considera che vi possono essere più fabbisogni che giustificano le azioni di rafforzamento amministrativo e, soprattutto, che questi fabbisogni saranno ampiamente diversi a seconda di:
tipo di interventi (è cosa ben diversa dare corso a interventi di sostegno alle imprese, oppure a interventi di infrastrutturazione, interventi questi ultimi che, peraltro, presentano delle specificità diverse anche in relazione all’ambito settoriale e alla loro dimensione tecnico-ingegneristica);
tipo di modalità attuativa (un conto è valutare la “capacità amministrativa” per gli interventi “a titolarità regionale” per i quali, di fatto, il giudizio di merito ricade sostanzialmente solo sulle ADG dei Programmi ed un conto è farlo per gli interventi “a regia regionale”, in relazione ai quali è strettamente necessario capire come incide sulla “capacità amministrativa” generale anche quella specifica dei soggetti attuatori degli interventi ammessi a beneficio). [4]

Ma questa è una storia buona da raccontare nel prossimo post del 25 Settembre. [5]

 

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[1] A titolo di completezza, si ricorda di nuovo che la Commissione Europea ha elaborato vari documenti di orientamento metodologico sulle azioni volte a rafforzare la capacità amministrativa nel periodo di programmazione 2021-2027, fra le quali si richiamano:
European Commission (2017a), Quality of Public Administration. A Toolbox for Practitioners. 2017 Edition, Brussels.
European Commission (2017b), EU Competency Framework for the management and implementation of the ERDF and Cohesion Fund, Brussels.
European Commission (2020), Roadmap for Administrative Capacity Building. Practical toolkit, Brussels.
L’ultima di queste note metodologiche sulla c.d. “tabella di marcia per lo sviluppo delle capacità amministrative” ha informato ampiamente la definizione dei Piani di Rigenerazione Amministrativa (PRigA) che, comunque, erano, di fatto, già previsti dal “Piano Sud 2030” rilasciato dal Governo allora in carica a Febbraio 2020.
[2] Si vedano: UNDP (2008a); Capacity Development. Practice Note, New York; UNDP (2008b); Capacity Assessment. Practice Note, New York.
[3] A titolo di completezza si segnala che UNDP considera solo questi tre livelli di analisi della capacità amministrativa (“points of entry”) e trascura l’importanza di un altro livello di analisi ampiamente trattata nella letteratura internazionale sui processi di capacity building, ossia i networks.
[4] In questa luce, appare ampiamente condivisibile la precisazione del principale Manuale del DFP sul Sistema di Misurazione della Performance della PA riportata a pagina 12: «la misurazione e valutazione della performance si riferiscono ad unità di analisi differenti ma tra loro correlate: 1. amministrazione nel suo complesso; 2. singole articolazioni dell’Amministrazione; 3. processi e progetti, 4. individui. Le unità di analisi 1, 2 e 3 rientrano nel perimetro della performance organizzativa, mentre quando il focus si sposta sull’individuo si entra nel campo della sfera individuale». PCM – DFP; Linee Guida per il Sistema di Misurazione e Valutazione della Performance. Linee Guida N. 2; Roma, Dicembre 2017.
E’ del tutto naturale che le ADG dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali seguano la manualistica della Commissione Europea per definire e attuare i PRigA, ma sarebbe anche opportuno cercare di cogliere e valorizzare gli elementi positivi del Sistema di Misurazione della Performance della PA.
[5] Questo contributo è un “work in progress” elaborato nell’ambito del progetto di ricerca del Centro Studi Funds for Reforms Lab “Le politiche e i fondi dell’UE nella programmazione 2021-2027”.

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