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Una proposta per delineare la strategia di politica industriale all’interno dei Programmi FESR 2021-2027

«La poesia è la rivelazione di un sentimento
che il poeta crede che sia personale e interiore,
che il lettore riconosce come proprio».
Salvatore Quasimodo
(premio Nobel per la letteratura nel 1959) [1]

Come rimarcato in vari post pubblicati quest’anno, l’Obiettivo di Policy 1 (OP 1) dei Programmi Regionali (PR) FESR 2021-2027 – “Un’Europa più competitiva e intelligente” – è strutturato intorno a due grandi blocchi strategici (si veda la figura 1):
la politica industriale 2021-2027 di una data regione, che include l’Obiettivo Specifico (OS) 1.1 Ricerca e Innovazione; l’OS 1.3 Competitività delle PMI e l’OS 1.4 Competenze per la transizione industriale;
• l’agenda digitale regionale, che include l’OS 1.2 Digitalizzazione dell’economia e della società e l’OS 1.5 Connettività digitale.

Per quasi tutte le Regioni italiane è ancora in corso il negoziato sui PR FESR 2021-2027 e, quindi, vi sono ancora i margini per migliorare il mosaico degli interventi di politica industriale attivabili nell’ambito dell’OP 1 “Un’Europa più competitiva e intelligente” .

Come si evince dalla figura, la strategia di politica industriale si può delineare semplicemente cercando di rispondere a due quesiti:
• come ampliare e rendere più dinamica la base produttiva (sostenendo la creazione di nuove imprese)?
• come rafforzare resilienza e competitività della base produttiva esistente? Per rispondere a questo secondo quesito, in sostanza, vanno individuati interventi che consentano di incrementare dimensione, resilienza e competitività delle unità produttive attive.

Figura 1 – I blocchi strategici della formulazione dell’OP 1 nei Programmi Regionali FESR

Nella figura che segue si pone in luce che in relazione al primo quesito l’ideale sarebbe sostenere la nascita di nuove imprese che siano fortemente orientate all’innovazione. Se possibile, sarebbe opportuno puntare sulla valorizzazione della figura giuridica sui generis delle start-up innovative, introdotta dal Governo Monti con il Decreto Crescita 2.0 (D.L. 179/2012, convertito con L. 221/2012), per le quali sono previste numerose agevolazioni amministrative che consentono di abbattere i costi di avvio.
In merito vorrei evidenziare che le politiche industriali europee e nazionali, da oltre un decennio, stanno tentando di rivitalizzare i sistemi produttivi attraverso incentivi fiscali e finanziari e semplificazioni amministrative volte a favorire la creazione di start-up fortemente vocate all’innovazione, sulla scorta di una letteratura sempre più accreditata che vede nella “imprenditorialità” l’elemento di congiunzione necessario fra nuove opportunità di sviluppo rese possibili dal progresso scientifico e dalla pervasività delle nuove tecnologie digitali e crescita economica e nuova occupazione. L’avvio di nuove imprese orientate alla ricerca e alla valorizzazione di nuove idee, infatti, negli ultimi venti si è rilevato essere il principale elemento di innovazione dei sistemi produttivi a livello internazionale, comportando in diversi casi l’introduzione di innovazioni radicali e/o la creazione di nuovi mercati. [3]

Figura 2 – Il nucleo delle strategie di politica industriale nell’ambito dell’OP 1 dei PR FESR

In relazione al secondo quesito di cui sopra, preme evidenziare che si deve delineare strategia e strumenti a sostegno del potenziamento della resilienza e della competitività della base produttiva esistente in una prospettiva sistemica, non soffermandosi soltanto sulle esigenze delle unità produttive (o di eventuali cluster produttivi), ma operando per la crescita dell’intero eco-sistema produttivo e innovativo. Nella figura che segue si evidenzia che vi sono almeno tre filoni di intervento:
• il consolidamento dei legami fra sistema formativo, “sistema della ricerca” (Università; centri di ricerca ed anche centri di trasferimento tecnologico) e sistema produttivo;
• il sostegno alle imprese (in primis MicroImprese e PMI) per l’accesso al capitale di rischio e a quello di credito;
• il rafforzamento della dimensione, della resilienza e della competitività delle unità produttive attive (politica industriale in senso stretto).

La figura che segue ricapitola le principali tipologie di intervento della politica industriale in senso stretto.

Figura 3 – Le principali tipologie di intervento per rafforzare resilienza e competitività delle unità produttive attive

La normativa comunitaria sugli Aiuti di Stato (molto influente in tutti gli Stati Membri sulla scelta delle forme di intervento) e quella sui Fondi Strutturali prevedono molteplici forme di intervento/forme di finanziamento, fra cui i c.d. “strumenti finanziari”. [4] Per tutte le tipologie di intervento volte a rafforzare resilienza e competitività dei sistemi produttivi regionali nell’ambito dell’OP 1 si potrebbe ricorrere a più forme di finanziamento, fra cui, appunto, gli “strumenti finanziari”. [5]
La scelta di ricorrere o meno agli “strumenti finanziari” – specialmente con riferimento alla politica industriale in senso stretto, che considera unità produttive, eventuali cluster territoriali-produttivi e loro supply chain – andrebbe tarato sulla base di diversi parametri, fra cui la semplice dimensione di impresa, dal momento che è ben noto che la dimensione di impresa condiziona sia la capacità delle imprese di condurre attività di ricerca e di innovazione sistemica, sia le stesse scelte di finanziamento (è ben noto, infatti, che uno dei vincoli maggiori che incontrano le MicroImprese è l’accesso al credito). [6]
Per il programmatore regionale, pertanto, si tratta di fare una stima a priori di costi e benefici del ricorso agli “strumenti finanziari”, che vengono a dipendere, come predetto, da vari fattori. Proporrò una riflessione più compiuta su questa scelta nel post del prossimo 10 Settembre.

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Immagine ex Pixabay

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[1] Il 20 Agosto 1901 nasceva il premio Nobel per la letteratura (1959) Salvatore Quasimodo, fra i massimi poeti del Novecento.
[2] Il Decreto Crescita 2.0 del Governo Monti (D.L. 179/2012 “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”) aveva posto certamente posto l’Italia all’avanguardia per quel che concerne gli interventi a sostegno dell’imprenditorialità e dell’innovazione sistemica. Per start-up innovative, infatti, il Decreto Legge in parola identifica nuove imprese il cui core business è esplicitamente legato alla ricerca, ad attività knowledge-based e all’innovazione tecnologica e produttiva.
Per amor di completezza, ricordo che il D.L. 179/2012 ha introdotto la figura delle start-up innovative senza prevedere in via generale limitazioni settoriali all’esercizio dell’attività produttiva.
Fa eccezione la figura delle Start-up Innovative a Vocazione Sociale (SIAVS), disciplinate dall’art. 25 comma 4. Tali start-up, infatti, possiedono i requisiti generali di tutte le start-up innovative, ma sono vincolate ad operare negli stessi settori già previsti per le “imprese sociali” dall’art. 2, comma 1 del D.Lgs. 155/2006 (assistenza sociale, assistenza sanitaria ed altri).
[3] Preme evidenziare che lo scorso 5 Luglio la Commissione ha rilasciato la Comunicazione di presentazione della “nuova agenda europea per l’innovazione” – COM(2022) 322 – volta a far sì che l’UE “possa primeggiare nella nuova ondata di innovazioni ad elevatissimo contenuto tecnologico”, grazie anche e soprattutto all’apporto delle start-up innovative. A pagina 1 si legge che «è in arrivo una nuova ondata di innovazioni: innovazioni “deep tech” – a elevatissimo contenuto tecnologico e a forte impatto – che scaturiscono da scienza, tecnologia e ingegneria d’avanguardia, spesso associando i progressi ottenuti dai settori della fisica, della biologia e del digitale, e che hanno il potenziale di offrire soluzioni rivoluzionarie alle sfide globali. Le innovazioni deep tech che stanno emergendo da un insieme sempre più nutrito di start-up innovative nell’UE sono potenzialmente in grado di stimolare l’innovazione nell’economia e nella società. Ciò può a sua volta trasformare il panorama imprenditoriale dell’UE e i mercati associati e contribuire a far fronte alle sfide sociali più urgenti, anche attraverso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite».
Per raggiungere questo ambizioso obiettivo ha proposto 25 azioni raggruppate in 5 Iniziative Faro.
Fra i contributi di ricerca più significativi su questa tendenza delle politiche industriali a privilegiare la creazione di nuove imprese ad altro contenuto tecnologico e innovativo (“deep tech”) e sulle ragioni strategiche sottostanti si vedano: AUDRETSCH D.S. (2009), La società imprenditoriale, Marsilio Ed. Venezia; ISMAIL S. (2014); Exponential organisations, Marsilio Ed. Venezia.
[4] Quando si ragiona sugli “strumenti attuativi” il principale termine di riferimento non può che essere la tabella 2 dell’Allegato I al Reg. (UE) 2021/1060 (Regolamento sulle Disposizioni Comuni sui Fondi Strutturali 2021-2027) che riporta i “codici” relativi alla dimensione “forma di finanziamento”:
01 – Sovvenzione.
02 – Sostegno mediante Strumenti Finanziari: azionario o quasi-azionario.
03 – Sostegno mediante Strumenti Finanziari: prestito.
04 – Sostegno mediante Strumenti Finanziari: garanzia.
05 – Sostegno mediante Strumenti Finanziari: sostegno ausiliario.
06 – Premio.
[5] Gli “strumenti finanziari” si caratterizzano per le seguenti peculiarità:
• sono strumenti di aiuto temporaneo (vanno restituiti) e, appunto per questo, a fecondità ripetuta (in linea teorica potrebbero essere riutilizzati più volte, per cui vengono indicati come fondi “rotativi”). Si tratta, infatti, di finanziamenti “rotativi” da restituire dopo un certo arco di tempo secondo termini concordati (questo significa che se un Euro di una sovvenzione – aiuto tradizionale o “grant” – può essere usato una sola volta, un Euro di uno “strumento finanziario” potenzialmente potrebbe alimentare i circuiti finanziari più volte);
• sono potenzialmente in grado di produrre un “effetto leva” su altre risorse pubbliche e su risorse private fino al livello del beneficiario finale;
• richiedono l’intervento di intermediari finanziari specializzati (e, quindi, anche l’esecuzione di attività di istruttoria non sempre richieste per gli aiuti tradizionali).
[6] La principale classificazione da prendere in considerazione è quella che distingue fra MicroImprese, Piccole e Medie Imprese (PMI) e Grandi Imprese, in quanto è quella rilevante per la verifica del rispetto della stringente normativa comunitaria sugli Aiuti di Stato.
I parametri da prendere in considerazione per distinguere in termini dimensionali le imprese sono:
• numero di dipendenti effettivi, che va calcolato in termini di Unità di Lavoro Anno (ULA);
• fatturato (da intendersi puntualmente come voce A1 del Conto Economico, come definito dal Codice Civile);
• totale di bilancio (da intendersi come totale dell’Attivo dello Stato Patrimoniale, come rilevabile dall’ultimo bilancio depositato).
La Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE – recepita in Italia con il Decreto Ministeriale n. 18/2005 – identifica tre categorie di imprese in base ai parametri di cui sopra: la micro, la piccola e la media impresa (i due parametri finanziari del fatturato annuo e del bilancio totale annuo sono alternativi).
La categoria MicroImpresa include imprese che:
• hanno meno di 10 dipendenti effettivi;
• hanno un fatturato annuo, oppure un bilancio totale annuo, non superiore a 2 milioni di Euro.
La categoria Piccola Impresa include da imprese che:
• hanno meno di 50 dipendenti effettivi;
• hanno un fatturato annuo, oppure un totale di bilancio annuo, non superiore a 10 milioni di Euro.
La categoria Media Impresa infine, raccoglie tutte quelle imprese che:
• hanno meno di 250 occupati;
• hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.
Va ricordato che in base all’art. 5 par. 2 del Reg. (UE) 2021/1058 gli investimenti produttivi in Grandi Imprese possono essere finanziati se e solo se:
• “prevedono la cooperazione con PMI in attività di ricerca e innovazione sostenute a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a), punto i);
• sostengono principalmente le misure di efficienza energetica e le energie rinnovabili a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera b), punti i) e ii);
• sono compiuti nelle piccole imprese a media capitalizzazione e nelle imprese a media capitalizzazione; o
• sono compiuti nelle piccole imprese a media capitalizzazione nell’ambito delle attività di ricerca e innovazione sostenute a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, lettera a), punto i)”.

Un’altra variabile rilevante per classificare ulteriormente le imprese è certamente quella inerente al settore di attività economica o alla filiera produttiva (quella agro-alimentare, quella della componentistica per automotive, o altre) in cui operano.
Si possono poi considerare ulteriori classificazioni che possono prendere in considerazione:
• la loro collocazione o meno in aree di crisi;
• la loro genesi quali start-up innovative (ex D.L. 179/2012) da non oltre 36 o 48 mesi;
• la loro appartenenza al raggruppamento delle PMI innovative, come definite del D.L. 3/2015.

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