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Analisi della leadership nella PA e gestione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali

‹‹As the leader, you have the power – and the responsibility –
to raise the level of ambition in your organisation››
Carolyn Dewar; Scott Keller, Vikram Malhotra (McKinsey) [1]

1. Esaminando il dibattito sulle azioni di capacitazione amministrativa da realizzare per migliorare la capacità dei vari livelli della Pubblica Amministrazione (PA) di selezionare e attuare gli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali, negli ultimi post ho posto in luce che, in generale, le Linee Guida elaborate dall’OCSE e dalla Commissione Europea e anche i Piani di Rigenerazione Amministrativa (PRigA) scontano diversi limiti [2]. Tre appaiono particolarmente rilevanti:
• si concentrano, fondamentalmente, solo sulle Autorità di Gestione (ADG) dei Programmi e le considerano come se fossero un monolite;
• non disaggregano sufficientemente le varie fasi del ciclo di policy making – in particolare non propongono una disaggregazione che distingua fra programmazione strategica, programmazione operativa ed esecuzione in senso stretto – e per quanto concerne l’attuazione non disarticolano sufficientemente i procedimenti amministrativi; [3]
• trascurano quanto sia importante differenziare l’analisi a seconda del tipo di modalità attuativa (interventi “a titolarità regionale” e interventi “a regia regionale”), in quanto nel caso della “regia regionale” l’esecuzione di interventi rilevanti è delegata a soggetti attuatori terzi rispetto agli operatori pubblici che gestiscono i programmi pluriennali di finanziamento. [4]
2. In questo post vorrei concentrarmi sul primo dei limiti richiamati, ossia sul fatto che la Commissione nelle Linee Guida Roadmap for Administrative Capacity Building. Practical toolkit che sono, di fatto, alla base dei PRigA, si concentra quasi esclusivamente sulle ADG e, soprattutto, non considera la loro articolazione interna.
3. Invece, è noto che parlare dell’ADG di un Programma Regionale multi-obiettivo e multi-azioni (sia esso finanziato da FESR o da FSE Plus), di fatto, significa parlare dell’intera Amministrazione Regionale, tanti sono i Dipartimenti/Servizi regionali coinvolti. Inoltre, possono essere coinvolti nell’attuazione degli interventi anche degli Enti in house ed Enti che agiscono come Organismi Intermedi.
Nell’approccio della Commissione, ovviamente, viene raccomandata, e delineata, una analisi organizzativa, ma è un’analisi riferita, di fatto, all’intera ADG e non alle diverse unità organizzative che la compongono. La Commissione nella Roadmap for Administrative Capacity Building – segnatamente nella tavola sinottica sulle “sfide” a pag. 8 dell’edizione italiana – si limita a parlare di “organismi per la gestione dei fondi” senza specificare se fa riferimento alla sola ADG o anche ad eventuali Organismi Intermedi e non puntualizza che le ADG potrebbero essere organizzate in più strutture interne. Per l’attuazione di Programmi complessi quali sono i Programmi FESR e FSE Plus, nella realtà concreta, intervengono più Dipartimenti e/o Servizi di un’Amministrazione Regionale e, quindi, di fatto l’ADG ha un ruolo molto rilevanti di coordinamento operativo e di leadership, ma è fuori luogo considerarla quale unica unità organizzativa di riferimento per i Programmi.
Le varie unità organizzative al suo interno potrebbero avere diversi stili organizzativi e, per vari motivi, potrebbero avere bisogno di un supporto adeguatamente differenziato. [4]
4. Stante il fatto che nell’approccio della Commissione le stesse “sfide” associate alle strutture organizzative sono discutibili, per impostare l’analisi organizzativa e strategica intesa a delineare un percorso di capacity building sarebbe comunque opportuno, in generale, fare affidamento al modello Common Assessment Framework (CAF), sviluppato negli ultimi due decenni da EUPAN (European Public Administration Network) ed EIPA (European Institute of Public Administration).
Tale modello, ampiamente informato all’approccio Total Quality Management (TQM), si fonda su otto principi di eccellenza e su nove criteri di auto-valutazione, riportati nella figura che segue (cinque attinenti alla gestione indicati come enablers e quattro attinenti ai risultati generati).

Figura 1 – Il modello di eccellenza della PA Common Assessment Framework (CAF)

5. Questo modello, come si evince dalla figura 2:
• segue molto di più le analisi organizzative e strategiche convenzionali di quanto non facciano le Linee Guida dell’OCSE e della Commissione;
• è ampiamente in linea con uno dei più noti e applicati modelli di analisi organizzativa, ossia il “modello delle 7S” della McKinsey (elaborato fra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta da Tom Peters e Bob Waterman, due consulenti, appunto, della McKinsey); [5]
• enfatizza il ruolo della (capacità di) leadership all’interno di ogni struttura e, quindi, indirettamente, il ruolo dei dirigenti in posizione apicale (in primo luogo i Direttori dei Dipartimenti).

Figura 2 – I cinque enablers del Common Assessment Framefork (CAF)

6. La (capacità di) leadership è un elemento di analisi (direi portante) ampiamente trascurato nell’approccio dell’OCSE e della Commissione.
OCSE e Commissione, infatti, hanno il pregio di delineare un approccio alla capacity building largamente informato alla natura specifica degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali e ai numerosi vincoli legislativi che ne condizionano i processi di programmazione e attuativi, ma di converso perdono completamente di vista alcuni tratti ineludibili dell’analisi strategica convenzionale.
Uno di questi è proprio l’importanza della leadership all’interno di ciascuna delle unità organizzative coinvolte nell’attuazione dei Programmi.
Se, in generale, si ragiona su una Amministrazione Regionale divisa in Dipartimenti (suddivisi a loro volta in uno o più unità organizzative interne), con più Dipartimenti coinvolti nella realizzazione degli interventi finanziati, è ragionevole asserire che i vari Dipartimenti potrebbero avere diverse impostazioni della leadership e anche diversi “stili organizzativi”.
7. L’analisi della leadership, invece, è in sostanza il punto di partenza dell’analisi proposta dal Common Assessment Framework (CAF).
Nel CAF, esprimere una leadership rilevante significa (si veda la figura 2):
• Fornire un indirizzo generale all’organizzazione (plasmare e trasmettere visione, missione e valori condivisi);
• Sovraintendere al funzionamento dell’organizzazione, alla sua performance e al suo miglioramento continuo (kaizen);
• Ispirare, motivare e supportare le persone nell’organizzazione;
• Gestire le relazioni con i decisori politici e con gli altri stakeholder.
8. Questa mia enfasi sulla opportunità di adottare, in sede di eventuale revisione intermedia dei PRigA regionali, un modello di analisi della performance della PA più ancorato a modelli convenzionali, qual è il CAF e sull’importanza di una accurata analisi della leadership è confortata dalla lettura – ancora in corso – di un utile e gradevolissimo saggio di Raffaella Saporito – docente alla Bocconi di Milano – che si intitola Public Leadership, saggio nel quale:
• vengono proposti degli interessanti spunti di riflessione sulle differenze fra “leadership” e “management” e anche su quali soggetti esercitino davvero la “leadership” nella PA in generale e nelle singole unità organizzative;
• vengono descritti cinque diversi stili di leadership. [6]
9. Quali che siano gli stili di leadership proposti nel saggio a cui ci si sente più affini, mi sembrerebbe opportuno ricordare due aspetti molto molto rilevanti:
• con riferimento all’attuazione dei Programmi cofinanziati dai Fondi Strutturali andrebbe sempre considerato che, molto probabilmente, l’ADG coordina certamente i Programmi, ma non è detto che riesca a plasmare i vari stili di leadership e organizzativi dei vari Dipartimenti impegnati nella realizzazione degli interventi (ci dobbiamo confrontare con lo stile di leadership dell’ADG e con quelli propri di altri Dipartimenti regionali); [7]
• le domande fondamentali sulla leadership concernono sempre, in primo luogo, come questa si traduca in una visione condivisa, in una mission ben definita per le varie unità organizzative e anche in un set di “valori condivisi”, ossia gli elementi portanti che poi indirizzano e plasmano la strategia di ogni unità, il comportamento delle singole persone e, in ultima istanza, lo stile organizzativo.

10. Il processo decisionale delle varie unità organizzative della PA impegnate nella gestione dei Fondi Strutturali, alla luce della forte enfasi sull’empowerment e sul coinvolgimento dei portatori di interessi, è rappresentabile secondo le direttrici metodologiche dell’approccio alle scelte pubbliche “incrementale”, che è incardinato sul principio di “mutuo aggiustamento” di varie posizioni negoziali. [8]
Nel caso dell’attuazione di tali interventi, in estrema sintesi, non possiamo non tenere conto anche del “mutuo aggiustamento” fra ADG e singoli Dipartimenti regionali.
Ma questa è una storia buona da raccontare in un post da pubblicare il prossimo 20 Novembre. [9]

******

[1] Cfr: Dewar C.; Keller S., and Malhotra V. (2022); CEO Excellence: The Six Mindsets that Distinguish the Best Leaders from the Rest; Scribner Books; New York.
[2] Al momento, anche grazie a un progetto pilota della Commissione Europea e dell’OCSE lanciato nel 2018 sugli interventi di capacity building per le PA impegnate nella gestione dei Fondi Strutturali, sono disponibili diverse note di orientamento metodologico sulle azioni intese a rafforzare la capacità amministrativa:
OECD (2019), Analytical framework used in the context of the pilot action on frontloading administrative capacity building to prepare for the post-2020 programming period, Paris.
OECD (2021), Administrative capacity building. Self-assessment instrument for Managing Authorities of EU Funds under Cohesion Policy, Paris.
European Commission (2017), Quality of Public Administration. A Toolbox for Practitioners. 2017 Edition, Brussels.
European Commission (2017), EU Competency Framework for the management and implementation of the ERDF and Cohesion Fund, Brussels.
European Commission (2020), Roadmap for Administrative Capacity Building. Practical toolkit, Brussels.
Recentemente la Commissione ha varato la nuova Iniziativa “ComPAct – Administrative European Space” che, come dice il titolo, ha l’ambizione di creare un autentico “spazio amministrativi unico”. Cfr. European Commission (2023), Enhancing the European Administrative Space – ComPAct, COM(2023)667 final, Brussels, 25.10.2023.
[3] Il ciclo di policy making, quali che siano le fasi in cui viene articolato, si configura come un utile approccio (strumento) di analisi tanto con riguardo all’analisi dei processi decisionali pubblici, quanto in sede di valutazione in itinere ed ex post delle politiche pubbliche.

Figura 3 – Il ciclo “Plan-Do-Check-Act” e il ciclo di policy making

Sia in generale, sia con riferimento ai Fondi “per la coesione”, sarebbe sempre opportuno, peraltro, articolare la fase di “esecuzione” (sovente indicata come fase di programmazione – decision making – e implementazione) in tre blocchi:
• programmazione strategica;
• programmazione operativa;
• esecuzione in senso stretto.
Ragionare in termini di programmazione strategica ed operativa degli interventi consente di capire meglio anche i rapporti di delega che si creano fra decisori politici (principali responsabili di scelte strategiche), dirigenti pubblici (a cui competono le scelte operative) e gli stessi funzionari (a cui compete l’attuazione in senso stretto, sempre tenendo conto del fatto che, comunque, nel caso di azioni “a regia regionale”, vengono investiti di responsabilità attuative anche soggetti esterni all’Amministrazione Regionale).
[4] Le due forme di gestione di riferimento sono:
• “titolarità regionale” per quelle operazioni per le quali una data Direzione (Dipartimento) regionale o un Ente strumentale (ente in house) è beneficiario diretto (attuatore) delle azioni;
• “regia regionale” (i soggetti attuatori sono operatori esterni alla Amministrazione titolare dei Programma, che vengono selezionati sulla base di procedura di evidenza pubblica e sono investiti della responsabilità di attuare gli interventi ammissibili a beneficio).
[5] Il modello delle 7S è così definito in quanto Peters e Waterman individuavano 7 fattori di successo delle organizzazioni che, in Inglese, iniziano con la lettera S.
Tre di questi fattori si identificano come fattori hard (Strategy, Structure, Systems).
Gli altri quattro fattori si possono definire fattori soft (Staff, Skills, Style e Shared Values).
Cfr. Peters T.J.; Waterman R.H. (1982), In search of excellence: Lessons from America’s Best-Run Companies; HarperCollins Publishers, New York.
[6] Cfr. Saporito R.; (2023); Public Leadership, EGEA, Milano.
[7] In questa prospettiva è molto molto importante la capacità delle ADG di creare e alimentare un clima collaborativo con tutti i Dipartimenti rilevanti per l’attuazione dei Programmi.
Sempre traendo spunto dal modello CAF, si ricorda che tale aspetto è trattato nell’ambito dell’enabler 5 “processi”, segnatamente attraverso il sub-criterio 5.3 che sollecita il coordinamento dei processi fra le varie organizzative interne e con le altre organizzazioni. In merito a questo sub-criterio il CAF propone i seguenti indirizzi concreti:
• si promuove una cultura organizzativa intesa a favorire il superamento delle barriere nella gestione dei processi;
• si definiscono le catene di distribuzione di beni e servizi e i partner rilevanti;
• si definiscono standard comuni e si facilitano lo scambio di dati e la condivisione di facilities utili a più organizzazioni;
• si instaurano rapporti collaborativi con lo staff interno, con i cittadini e con la società nel suo insieme;
• si instaurano e consolidano delle partnership istituzionali multi-livello per facilitare la fornitura di beni e servizi ai cittadini-utenti;
• si incentiva lo staff interno – dirigenti e funzionari – a creare e consolidare processi inter-organizzativi.
[8] A titolo di completezza si ricorda che l’approccio incrementale alla formulazione delle decisioni pubbliche è da associare in primo luogo all’accademico statunitense Charles Lindblom.
Per tutti, si veda il contributo seminale: Lindblom C.; (1959); The Science of “Muddling Through”; Public Administration Review, Vol. 19; No.2; pp. 79-88.
[9] Questo contributo è un ‘work in progress’ elaborato nell’ambito del progetto di ricerca del Centro Studi Funds for Reforms Lab “Theory of Change e valutazione di impatto dei progetti”.

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