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Il PON Inclusione sociale e la valutazione di impatto

“In the real world,
economic systems are made
of human beings,
not anonymous gears”
V. W. HWANG and G. HOROWITT
The Rainforest (2012)

Il PON Inclusione sociale è fra i più importanti della programmazione in corso per almeno due ordini di motivi:
• l’inesorabile aumento delle disuguaglianze sociali nel nostro paese e di forme sempre più estreme di deprivazione; [1]
• finanzia interventi innovativi per favorire la presa in carico di individui e famiglie a rischio di esclusione sociale, in primo luogo il c.d. Sostegno per l’Inclusione Attiva (SIA) che, dopo una sperimentazione circoscritta a dodici città italiane, è stato allargato all’intero territorio nazionale. [2]

Il PON, la cui titolarità è in capo al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha una dotazione finanziaria totale – approssimata per eccesso – di 1 miliardo e 239 milioni di Euro, inclusivo del cofinanziamento nazionale di 411.716.667 Euro.

Il “quadro logico” del PON si snoda lungo tre direttrici strategiche:
• la sperimentazione del Sostegno per l’Inclusione Attiva,
• l’innovazione sociale
• gli interventi per l’economia sociale, l’integrazione e l’antidiscriminazione.

La struttura del PON si articola in cinque Assi:
Asse 1 – Sostegno a persone in povertà e marginalità estrema – Regioni più sviluppate,
Asse 2 – Sostegno a persone in povertà e marginalità estrema – Regioni meno sviluppate e in transizione,
Asse 3 – Sistemi e modelli di intervento sociale,
Asse 4 – Capacità amministrativa,
Asse 5 – Assistenza tecnica.

Rifugiati (foto ripresa da Pixhabay)

Campo di rifugiati (foto ripresa da Pixabay)

L’Asse 3 è quello che potrebbe consentire alle organizzazioni non profit italiane di recepire via via il dettame dei Decreti attuativi della legge delega di riforma del Terzo Settore approvata in via definitiva alla Camera nel maggio scorso. Tale Asse, infatti, “propone azioni di sistema e di innovazione sociale secondo tre direttrici:
• azioni rivolte a rafforzare gli attori non istituzionali dei processi di innovazione sociale, quali imprese socialmente responsabili, imprese sociali, terzo settore e società civile;
• azioni pilota rivolte a target specifici [Rom, Sinti e Camminanti, ma anche donne vittime della tratta e altri….];
• azioni di sistema volte a favorire una maggiore efficacia dell’azione amministrativa in tema di interventi sociali” (v. PON Inclusione sociale, p. 13).

Gli interventi più rilevanti per migliorare gestione, pratiche di intervento e capacità di valutazione del loro impatto sociale a sostegno del Terzo Settore e della società civile, in particolare, sono le prime tre Azioni dell’Asse 3 a sostegno dell’Obiettivo Specifico (OS) 9.7 “Rafforzamento dell’economia sociale”:
9.7.1 – Promozione di progetti e di partenariati tra pubblico, privato e privato sociale finalizzati all’innovazione sociale, alla responsabilità sociale di impresa e allo sviluppo del welfare community;
9.7.2 – Promozione dell’inclusione sociale da realizzarsi nell’ambito della Responsabilità sociale d’impresa;
9.7.3 – Rafforzamento delle imprese sociali e delle organizzazioni del terzo settore in termini di efficienza ed efficacia della loro azione.

Sono molto importanti per il rafforzamento generale del Terzo Settore anche le altre due Azioni serventi rispetto all’OS 9.7 “Rafforzamento dell’economia sociale”:
• l’Azione 9.7.4 intitolata Rafforzamento delle attività delle imprese sociali di inserimento lavorativo, che, a dispetto del titolo così ampio, dovrebbe avere una portata più specifica della 9.7.5, dal momento che sono previste azioni per favorire la nascita di nuove imprese di inserimento lavorativo;
• l’Azione-pilota 9.7.5Sperimentazione di alcuni progetti di innovazione sociale nel settore dell’economia sociale. [3]

Una menzione particolare merita l’Azione 9.1.4 – Sperimentazione di alcuni progetti di innovazione sociale sottoposti a valutazione di impatto [possibilmente con metodologia contro fattuale] nel settore delle politiche sociali servente rispetto all’OS 9.1 “Riduzione della povertà, dell’esclusione sociale e promozione dell’innovazione sociale”.

Tale Azione, infatti, è quella che potrebbe consentire di dare corso a uno degli aspetti più innovativi e, per ora, nebulosi della riforma, ossia l’introduzione di forme fondate e ben strutturate di valutazione di impatto sociale da parte delle organizzazioni non profit (art. 7, comma 3).
Come già ricordavo nel post “PON Città Metropolitane, nuovi servizi di welfare e nuovi modelli di business” del 20 ottobre scorso, la definizione di valutazione di impatto sociale contenuta nella legge è molto generica. Sempre il comma 3 dell’art. 7 indica che “per valutazione dell’impatto sociale si intende la valutazione quantitativa e qualitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individuato”.

La presentazione dell’Azione 9.1.4 del PON Inclusione a dire il vero non è molto chiara, quantunque si possano ravvisare due nitidi tratti distintivi:
• l’invito a intraprendere progetti mirati di “social experimentation”,
• il riferimento esplicito a metodi di analisi controfattuale dell’impatto sociale che, se da un lato costituiscono la “golden rule” della misurazione di impatto di progetti e politiche, dall’altro hanno un costo molto elevato.

In diversi post di quest’ultimo periodo – segnatamente quelli del 25 settembre e quello del 15 ottobre (intervista all’esperto Christian Elevati) – ho cercato di evidenziare due aspetti:
• in generale, i metodi di valutazione controfattuale, oltre che dei tempi alquanto lunghi, richiedono skills molto idiosincratici e disponibilità finanziarie che le medie e piccole organizzazioni senza scopo di lucro in genere non posseggono,
• metodi e metriche di valutazione di impatto è opportuno che vengano adeguatamente differenziati a seconda di molteplici parametri, fra i quali si segnalano come particolarmente rilevanti dimensione e natura giuridica delle organizzazioni, obiettivi ultimi della valutazione di impatto, settore di attività delle organizzazioni e, non ultimo, ampiezza della popolazione dei destinatari degli interventi e loro condizioni psico-fisiche e socio-economiche. [4]

Ben venga, pertanto, l’Azione in questione del PON. Ma speriamo che venga attuata come azione “a regia” in cui alla fase di applicazione/sperimentazione del metodo scelto (controfattuale o altro meno oneroso per le organizzazioni non lucrative) venga fatta precedere una fase di condivisione di metodi e metriche anche con gli operatori sul campo che giornalmente toccano in mano le problematiche concrete e, nei limiti del possibile, anche con i destinatari dei progetti. [5]

*************

[1] La conferma dell’impressionante aumento di varie forme di deprivazione nel nostro paese è venuta dalla presentazione del più recente Rapporto Caritas su povertà ed esclusione sociale, dal titolo “Vasi Comunicanti”.
[2] Il SIA include l’erogazione di un sussidio economico (a valere su fondi nazionali) a nuclei familiari in condizioni di povertà (attraverso una social card – “nuova” carta acquisti – per l’acquisto di beni e servizi essenziali) e un progetto di attivazione sociale e lavorativa, attraverso il rafforzamento dei servizi di accompagnamento (coinvolgendo i Comuni di residenza, la rete dei servizi sociali e quella dei servizi per l’impiego). Il progetto di attivazione è cofinanziato dal PON. Sul SIA si vedano le molteplici Note e linee guida di indirizzo riportate sul portale del Ministero del Lavoro.

[3] Gli interventi sperimentali per questa Azione sono:
• interventi pilota per la sperimentazione di nuovi settori di intervento dell’imprenditoria sociale ad alta produzione di innovazione sociale (es. nel settore sanitario, dell’assistenza domiciliare (badanti), dei beni culturali, housing sociale, ecc.;
• studi e analisi, diffusione buone prassi di progetti di impresa sociale nel settore sanitario, dell’assistenza domiciliare (badanti), dei beni culturali, housing sociale, ecc. (v. PON Inclusione sociale, p. 59).

[4] Si vedano anche il post del 15 ottobre con l’intervista a Christian Elevati e il contributo di Mario CalderiniImpatto sociale, il non profit accetti la sfida della misurazione“, pubblicato su Vita Magazine il 17 settembre 2016.

[5] Avrò il piacere di approfondire alcuni di questi temi nel corso de

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