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Il 9° Programma Quadro per la R&ST post 2020 e il paradigma “Smart Specialisation Strategy”

Il dibattito sul 9° Programma Quadro per la R&ST post 2020

Al momento, se da un lato il dibattito sul 9° Programma Quadro per la R&ST post 2020 è alquanto vivace per quel che concerne sia la ristrutturazione generale dell’attuale Horizon 2020, sia la definizione delle “missioni”, dall’altro è innegabile che si fatica a scorgere una visione ampia e olistica (concordata fra Commissione e Stati Membri) della politica per la ricerca, l’innovazione e la competitività dell’UE. [1]
Se, semplificando molto, si ragiona sui tre principali livelli giurisdizionali del complesso sistema di multi-level governance dell’UE (UE, Stati Membri e Regioni) vi sono quattro aspetti che, in attesa delle proposte regolamentari più avanzate della Commissione su Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) dell’UE e nuove politiche settoriali post 2020, destano grande perplessità:

1. su quale base strategica generale verrà condotto il negoziato sul QFP e sulle politiche europee post 2020? Al momento attuale, infatti, alla luce delle molteplici criticità di ordine politico – in primis l’incertezza sulle trattative per la fuoriuscita del Regno Unito – non esiste alcuna proposta sul quadro di policy generale dell’UE che sostituirà la strategia “Europe 2020”. O meglio, pare ormai evidente che verranno presi come termini di riferimento i Sustainable Development Goals (SDGs) dell’Agenda 2030 dell’ONU. A mio modesto avviso, tuttavia, sarà sempre più evidente, nel corso del negoziato, che una nuova agenda “Europe 2030 sarebbe stata quanto mai desiderabile.
2. In che misura politiche per la ricerca e l’innovazione e politiche industriali a livello UE e nazionale saranno in grado di tenere adeguatamente conto degli effetti dirompenti delle reti di nuova generazione (in primis le reti 5G) e di nuove “key enabling technologies”, quali la blockchain? [2]
3. quali sono le sinergie possibili fra il 9° Programma Quadro per la R&ST (uno strumento che si potrebbe definire “macroeconomico”) e le strategie – nazionali e regionali – di “specializzazione intelligente”?
4. quali sono i legami fra il 9° Programma Quadro per la R&ST, le politiche industriali nazionali (che fin qui hanno recepito ben poco il paradigma “Smart Specialisation Strategy” – RIS3) e regionali?

La politica per la ricerca, l’innovazione e la competitività dell’UE e le RIS3 a livello regionale

Le “strategie di specializzazione intelligente” regionali (RIS3), a mio modesto avviso hanno contribuito a migliorare la programmazione degli interventi a sostegno della ricerca e dell’innovazione a livello regionale, ma fin qui:
• non sono state adeguatamente prese in considerazione dagli Stati Membri, come ha rilevato autorevolmente Alison Hunter (esperta dello European Policy Centre – EPC) nel breve ma incisivo contributo “Smart Specialisation: chiampioning the EU’s economic growth and investment agenda?”. Mutatis mutandis, un giudizio simile è stato avanzato per il nostro paese dal professor Iacobucci dell’Università Politecnica delle Marche, che ha rilevato, in diversi contributi, come in Italia la strategia nazionale di specializzazione intelligente relativa all’Accordo di Partenariato sia disallineata rispetto a quelle regionali. Un certo disallineamento emerge anche fra le “smart specialisation” delle regioni. Queste criticità sono riconducibili a due fattori principali: (i) la mancanza di un sistema di classificazione comune dei domini di specializzazione scientifico-tecnologica; (ii) il fatto che la “smart specialisation” nazionale è stata completata dopo che le Regioni avevano già elaborato le loro strategie di specializzazione [3]. Secondo Iacobucci (2017), “uno degli strumenti per la creazione di potenziali collegamenti tra le diverse regioni è rappresentato dai cluster tecnologici nazionali promossi dal MIUR nel 2012”;
• non sono state valorizzate per contribuire a rendere più coerente il disegno strategico del Programma Quadro per la R&ST dell’UE – nel periodo in corso battezzato Horizon 2020 – che è lo strumento “macroeconomico” (macro-europeo) e le strategie nazionali e regionali di ricerca e innovazione.

Immagine ex Pixabay

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Sono consapevole che la strategia di specializzazione intelligente è stata applicata dalla Commissione soprattutto per migliorare la programmazione degli interventi a sostegno della ricerca e dell’innovazione cofinanziati dai Fondi Strutturali, ma sono assolutamente dell’avviso che nel periodo post 2020 si debba “richiedere” alla strategia di specializzazione intelligente funzioni più elevate di coordinamento fra interventi a livello europeo a sostegno di scienza, ricerca ed innovazione tecnologica e sociale e interventi a livello nazionale e regionale.
Sin dalle prime proposte ufficiali della Commissione inerenti la politica di R&ST e la programmazione dei nuovi Fondi Strutturali post 2020 sarebbe opportuno che si dimostrasse la volontà di individuare, e sostenere nel tempo, delle sinergie/complementarietà fra il 9° Programma Quadro per la R&ST (9° PQ battezzato Horizon Europe) e le priorità strategiche in materia di ricerca ed innovazione e di sostegno alle PMI dei programmi di spesa nazionali e regionali che verranno cofinanziati dai Fondi Strutturali. [4]
In altri termini sarebbe necessario che, nel corso del negoziato, si ricercasse maggiore coordinamento/complementarietà fra strumenti di sostegno alla R&I implementati a livello europeo (finanziati con fondi “diretti”, in primo luogo, attualmente, Horizon 2020 e relative “iniziative” complementari) e quelli implementati a livello nazionale/regionali, finanziati con i Fondi Strutturali e di Investimento Europeo (Fondi SIE).
Questo, a parere di chi scrive, sarà possibile solo se si correggerà il tiro soprattutto a livello di programmazione strategica di rango europeo. Questo significa, concretamente, che se, ad esempio, sarà confermato (ed è già quasi certo) che ci sarà un pilastro del 9° PQ che sarà informato ai principi della mission-driven innovation (su cui ha scritto recentemente importanti contributi l’economista italiana Mariana Mazzucato), allora sarà opportuno che anche le “aree tematiche” dei Fondi SIE post 2020 che sostengono più direttamente, scienza, innovazione e competitività siano strutturate intorno alle stesse missioni. Il pilastro di Horizon Europe che dovrebbe essere strutturato sulla base di “missioni” è il secondo (Global challenges and industrial competitiveness). [5]
Sono consapevole che questo non è assolutamente facile. Per averne conferma basta osservare nello schema che segue quanti sono, a livello europeo, nazionale e regionale, le agende politico-tecniche, gli strumenti di finanziamento e le “iniziative” a latere di Horizon 2020 da prendere in considerazione (tutti, più o meno, direttamente riconducibili alla Flagship Initiative Unione dell’Innovazione della strategia “Europe 2020”). [6]

Al tempo stesso, un siffatto tentativo di omogeneizzazione degli “ambiti di specializzazione” e/o delle aree prioritarie di ricerca di molteplici strumenti finanziari europei a sostegno di R&I (siano essi fondi “diretti” e/o “indiretti”) è assolutamente necessario per garantire effettivamente una maggiore concentrazione delle risicate risorse del bilancio europeo. Una maggiore concentrazione tematica delle risorse, infatti, dovrebbe implicare maggiori impatti di medio-lungo termine sulla forza del sistema di ricerca europeo e sulla competitività di quello produttivo. [7]
Servono, tuttavia, due passaggi intermedi:
bisognerà ragionare a livello di missioni sia per il 9° PQ, sia per le RIS3 nazionali e regionali. In termini molto semplici, bisognerà vincolare la formulazione delle RIS3 al perseguimento delle stesse missioni che verranno stabilite per il 9° PQ (o per parte di esso). Questo al fine di creare un ponte fra 9° PQ, RIS3 e, al termine della catena di programmazione, Programmi Operativi per quel che concerne obiettivi delle attività di R&I e ambiti disciplinari in cui concentrare le risorse finanziarie (come spiegherò nel prossimo post del 10 maggio);
bisognerà migliorare anche le connessioni logiche e operative fra RIS3 e Programmi nazionali/regionali di spesa. Questo al fine, fra l’altro, di facilitare anche i processi di misurazione e valutazione degli interventi a sostegno di R&I. A mio modesto avviso, a tal fine sarebbe opportuno estendere anche alle RIS3 i sistemi di codificazione degli interventi cofinanziati dai Fondi Strutturali (si veda il Regolamento attuativo della Commissione n. 215/2014), come spiegherò meglio nel prossimo post del 10 maggio. [8]

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[1] Adesso è ufficiale. Il 9° PQ per la R&ST si chiamerà Horizon Europe. La Commissione Europea ha presentato la proposta ufficiale di Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 lo scorso 2 maggio. Per il nuovo Programma Horizon Europe la Commissione propone uno stanziamento di 97,6 miliardi di Euro a prezzi correnti.
Fin qui la Comunicazione della Commissione e i numerosi documenti ad essa allegati indicano solamente che la struttura sarà articolata in tre pilastri, con a latere una indicazione rilevante sul ruolo trasversale dell’Istituto Europeo per l’Innovazione e la Tecnologia e del Centro Comune di Ricerca della Commissione (Joint Research Centre che coordina a livello scientifico le attività della “piattaforma di Siviglia” sulle strategie di specializzazione intelligente). I tre pilastri sono:
Open science.
Global challenges and industrial competitiveness (è nell’ambito di questo pilastro che dovrebbe essere indicate delle “missioni” da perseguire tramite Horizon Europe).
Open Innovation.
Cfr. European Commission; A modern budget for a Union that protects, empowers and defends. The MultiAnnual Financial Framework for 2021-2027, COM (2018)321 final, 2.05.2018
Si vedano anche: (i)  European Commission; FAB – LAB – APP. Investing in the European future we want. Report of the Independent High Level Group on maximising the impact of EU Research and Innovation Programme, July 2017; (ii) Conclusioni del Consiglio Competitività del 1° dicembre 2017;
(iii) European Commission; Mission-oriented research and innovation in the EU, February 2018.
[2] La strategia industriale europea, nella fase attuale, è quella delineata nella recente Comunicazione della Commissione “Investing in a smart, innovative and sustainable industry. A renewed EU industrial policy”; COM (2017) 479; 13.9.2017
[3] Cfr. Iacobucci D. (2014), Designing and Implementing a Smart Specialisation Strategy at Regional Level: Some Open Questions. Scienze Regionali, Italian Journal of Regional Science, 13, 1: 107-126.
Iacobucci D. (2017), La Smart Specialisation Strategy nelle regioni italiane, in: Cappellin R. et al. (2017), Investimenti, innovazione e nuove strategie di impresa. Quale ruolo per la nuova politica industriale e regionale, ebook EGEA, pp. 101-114.
Iacobucci D., Guzzini E. (2016), Relatedness and Connectivity in Technological Domains: The “Missing Links” in S3 Design and Implementation. European Planning Studies, 24, 8: 1511-1526.
[4] La Commissione in sede di presentazione delle proposte ufficiali per il Quadro Finanziario Pluriennale post 2020 ha indicato le seguenti scadenze:
• il prossimo 29 maggio per la presentazione delle proposte ufficiali sul Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) e sul Fondo di Coesione (quest’ultimo non interessa l’Italia);
• il prossimo 7 giugno per la presentazione delle proposte ufficiali sul programma Horizon Europe.
[5] Il 22 febbraio scorso, a Bruxelles, il Commissario Carlos Moedas e l’economista Mariana Mazzucato – consulente della Commissione – hanno presentato il report “Mission oriented R&I in the EU” che, nelle intenzioni della Commissione, dovrebbe conferire al 9° PQ una “struttura” maggiormente orientata agli obiettivi concreti di una società in incessante cambiamento, a dei risultati concreti e misurabile e, non ultimo, a recepire anche a livello di politiche della ricerca gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
[6] A livello europeo, quando si parla di interventi a sostegno di ricerca, innovazione e competitività vanno considerati, a fianco di Horizon 2020, almeno tre blocchi di Programmi/Iniziative ad esso direttamente riconducibili:
• le Knowledge and Innovation Communities (KICs) dell’Istituto Europeo per l’Innovazione e la Tecnologia (IEIT);
• due Programmi che hanno a che fare con la ricerca spaziale (indicata come “area di specializzazione” prioritaria in diverse RIS3 delle regioni italiane), ossia Copernicus e Galileo;
• due Programmi a sostegno della tutela della salute e dell’invecchiamento attivo (il Programma Salute 2014-2020 e l’Iniziativa Active and Assisted Living).

A latere del Programma Competitiveness of SMEs (COSME) vanno considerati:
• l’Asse 3 del Programma Employment and Social Innovation (EaSI) che sostiene le imprese sociali e la microfinanza;
• la sezione “SME window” del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS) che finanzia il “piano Juncker” per il rilancio degli investimenti infrastrutturali in Europa.
Per un inquadramento generale degli strumenti dell’UE (e di quelli finanziati con finanza pubblica nazionale) a sostegno della ricerca e dell’innovazione, mi sia consentito rimandare a: Bonetti A. (2018), I finanziamenti dell’UE per la Ricerca e l’Innovazione: focus sul Lazio; Centro Studi Funds for Reforms Lab, N. 4/2018
[7] Aggiungo che ci sarebbe da fare anche una riflessione su obiettivi ed attuazione effettiva dei Partenariati Europei per l’Innovazione (PEI), per capire meglio quale debba essere il loro ruolo nella programmazione post 2020.
[8] Il Regolamento di esecuzione n. 2015/2014 della Commissione reca in allegato una nomenclatura di tutte le categorie di intervento (spese ammissibili a contributo), ciascuna univocamente identificata da un codice numerico.

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